Arisa

Ma Arisa ci è o ci fa?

Ma chi è davvero? Alice nel Paese delle meraviglie o la giurata che a X Factor ha tenuto testa (eccome!) a Morgan? La ragazza che piantava patate in Calabria o la donna ambiziosa che oggi vorrebbe condurre Sanremo con la Cabello? La più misteriosa dei giovani talenti, ora protagonista al Festival e autrice del suo primo libro, ci sconcerta: confessa di essere in analisi da sette anni, di avere sospettato di essere innamorata della sua migliore amica, di avere smesso di sentirsi in colpa quando è felice... Vale la pena di ascoltarla, in tutti i sensi

«Aspetti che mi sposto: mi vergogno a fare le interviste mentre in casa ci sono altre persone». È timida Arisa, e cerca una stanza dove nessuno possa sentirla. Eppure in questi giorni ha tutti gli occhi (e le telecamere) puntati addosso: dopo  essere stata una dei quattro giudici di X Factor, è sul palco del Festival di Sanremo con il pezzo La notte, nei negozi di dischi con l’album Amami e sugli scaffali delle librerie con il romanzo Il paradiso non è un granché (Mondadori). Non proprio il modo migliore per nascondersi. Anche perché, quando comincia a parlare, Arisa non si vergogna affatto. «La notte rappresenta perfettamente il mio nuovo album, in cui descrivo le emozioni che si provano quando una storia finisce. Non a caso tutti i testi sono stati curati dal mio ex, il musicista Giuseppe Anastasi, tranne quelli di Amami e Missiva d’amore. Li ho scritti io e testimoniano il bisogno di trovare un mio modo d’amare».
D. Bisogno soddisfatto?
R. «Io non riesco a stare da sola. Adesso nella mia vita c’è una persona semplice, aperta, intelligente e comprensiva, per niente gelosa».
D. Questa, considerando anche l’apparizione del 2011 come ospite, è la sua quarta presenza al Festival di Sanremo. Qual è il ricordo migliore?
R. «Quando Paolo Bonolis mi ha scelto per partecipare fra le giovani proposte con il brano Sincerità. Nonostante fosse la mia prima volta, mi sono sentita a casa».
D. Si vedrebbe come conduttrice?
R. «Sì, insieme a Victoria Cabello per un’edizione tutta al femminile».
D. L’anno scorso Morgan è stato escluso dopo avere ammesso di avere fatto uso di droghe. Lei lo perdonerebbe?
R. «Certo».
D. Anche se a X Factor vi siete scontrati spesso?
R. «Durante le pause mi diceva che non capivo niente, che dovevo lavorare alle Poste. E io mi difendevo, anche in maniera contadina. È stato difficile stargli vicino, provo tanta tenerezza per lui: vuole fare il duro, ma in realtà è molto fragile. Non si mostra per ciò che è».
D. Una cantante di successo che diventa una star televisiva e poi pubblica un libro. Un percorso ormai scontato, no?
R. «Dopo l’album Malamorenò mi avevano proposto di scrivere Il meraviglioso mondo di Arisa. Però mi sono detta: quale meraviglioso mondo? Io ho avuto tante soddisfazioni ma non tutto è stato facile. In questi anni ho incontrato persone che mi dicevano: “Se non ti metti il rossetto e gli occhiali non faccio la foto con te”. Oppure: “Lo sai che sei più carina dal vivo?”. Cavolo, io mi vedo carina anche in tv. Volevo fare capire che la mia vita non comincia e finisce quando si accendono e si spengono le telecamere».
D. Ne Il paradiso non è un granché la protagonista si chiama Marisa e va dalla psicoterapeuta. Ci va anche lei?
R. «Sì, sono in terapia da sette anni e credo molto nella psicoanalisi. Mi hanno detto di non dirlo ma io non so mentire e non me ne vergogno. Penso che sia come andare in palestra, solo che invece del fisico alleni la mente. E poi è bello avere una persona che ti ascolta in modo disinteressato, soprattutto oggi che è così difficile trovare amici veri».
D. Nel libro Marisa rinnega le sue origini. È lo stesso per Arisa?
R. «In parte sì. Io non ero soddisfatta del mio paese, mi sentivo diversa, non volevo che il mio futuro consistesse nello sposarsi, fare dei figli e farsi mantenere dal marito. Quando a 19 anni sono salita a Milano, per la prima volta da una ragazza mi sono sentita dire: “Sai che sei proprio simpatica, mi fai morire dal ridere”. In Calabria ero triste: lì mi hanno insegnato a sentirmi in colpa quando ero felice».
D. Perché?
R. «Da piccola piantavo patate, andavo nei campi, vendemmiavo. E mi accorgevo che i contadini temevano il padrone del terreno a cui dovevano consegnare metà del raccolto. Sembrano cose di 200 anni fa, invece io che ne ho 29 le ho viste. Fa parte della cultura in cui sono cresciuta abbassare la testa e pensare che è meglio non sentirsi mai felici perché comunque arriverà qualcosa a spezzare l’incantesimo. Anche ora che la mia autostima è più salda ho paura del futuro. Mi chiedo sempre se sarò una buona madre».
D. Vorrebbe un figlio?
R. «Il desiderio c’è, ma non voglio programmarlo».
D. A un certo punto Marisa guarda con occhi non proprio disinteressati un’altra donna. Le è mai successo?
R. «Certo. Io non sono attratta dal sesso di una persona, bensì dalla sua luminosità. Però non ho mai avuto un’esperienza omosessuale. Tanti anni fa ho maturato un affetto così grande verso la mia migliore amica che ho pensato di essermene innamorata. Non era così. A me piacciono gli uomini e anche molto, direi».
D. Nel romanzo c’è una scena di sesso a tre…
R. «Non l’ho mai fatto! È inventato».
D. Di quale parte del suo corpo va più orgogliosa?
R. «Mi piace tantissimo il mio seno».

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