Dislessia: le cose da dire e da fare subito

I disturbi dell'apprendimento sono una sofferenza silenziosa. Le persone che ne soffrono crescono tormentate dall'idea di essere poco intelligenti, inadatte allo studio, pigre e incapaci: un bambino dislessico non riesce sempre a comunicare la sua difficoltà ai genitori o agli insegnanti, e se lo fa, non sempre viene ascoltato

Il sospetto che il proprio figlio possa avere problemi di apprendimento può gettare un genitore in profonde ambasce. Ma come per ogni cosa relativa ai figli, è fondamentale mantenere la calma e non colpevolizzare il bambino, o se stessi.

“La prima cosa da dire è ‘cerchiamo insieme una soluzione’; l’ultima cosa da dire è: ‘Non ti impegni!’. Cerchiamo di aprire un canale comunicativo mosso da fiducia e voglia di ascoltare e capire il suo disagio. Paradossalmente ci ritroveremo con un settenne che sarà in grado di chiedere spiegazioni e capire come aiutarsi: le potenzialità le hanno, bisogna solo ben incanalarle. Il problema resta, non c’è soluzione, non si guarisce completamente, ma si può avere una gestione serena del problema lettura-scrittura-calcolo.”

Bisogna anche resistere all’impulso di farsi da soli la propria diagnosi. “La prima cosa da fare è portarlo da un logopedista o da un foniatra esperto in questo tipo di disturbo in modo da avere una valutazione chiara e una mano pratica. Per la cura del disturbo dell’apprendimento è importante che si crei una rete intorno al bambino che lavori per farlo sentire curato e non diverso dagli altri.

La collaborazione tra logopedista, scuola, genitori e, se c’è bisogno, psicologa (come sostegno alla famiglia del piccolo), può dare ottimi risultati. Lavorare insieme è l’unica strada per trasformare un bambino frustato dai fallimenti scolastici in uno che ama studiare nonostante la lettura e la scrittura gli vadano contro.”

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