Educhiamo i nostri figli alle emozioni

Quanti stati d’animo conosciamo? Tanti. Ma per un bambino non è sempre facile decifrarli. Possono aiutarlo un libro e l’atteggiamento giusto di mamma e papà

L'ira dei bambini

É un’emozione velocissima, che assale e se ne va quasi senza che ci si accorga. Nel frattempo, però, la sua manifestazione mette a dura prova i nervi dei genitori. «Ma invece di perdere le staffe e sgridarlo o mandarlo in camera sua, occorre contenere la rabbia dei nostri figli» spiega la Parsi. «E chiedergli: che cosa ti ha fatto infuriare? Poi, proporgli di sfogarsi per ritrovare la calma senza far del male a nessuno. Come? Si può bucare un foglio di carta con la matita, lanciare un urlo o scendere in cortile o al parco a tirare calci al pallone».

La tristezza dei bambini

La tristezza è una caduta generale della nostra energia. È un velo che avvolge la nostra vita rendendola grigia. Anche se associamo l’infanzia solo a emozioni come gioia e allegria, capita di sentirsi tristi a ogni età.

«Un sentimento che, nei bambini, è molto collegato alla paura ancestrale di essere abbandonati» spiega Maria Rita Parsi. «La prima risposta dei grandi non può che essere un abbraccio rassicurante. Poi serve un po’ di strategia. Gli si può raccontare di quando capitava anche a noi (i bambini sono molto curiosi dell’infanzia dei grandi) e reagivamo con il metodo “scacciatristezza”: cantare una canzone, preparare un dolce, uscire in giardino. Perché non copiare una di queste idee?».

La solitudine dei bambini

La solitudice è l’assenza di compagnia. Funzionale se non vuoi che gli altri ti diano fastidio. Però può capitare anche a tuo figlio di sentirsi solo e di non avere qualcuno con cui condividere le cose. Magari perché tutti i compagni amano il calcio e lui non sa giocare. Oppure perché la sorella maggiore rimane a dormire da un’amica e per questo il lettone diventa il suo rifugio.

«Bisogna comprenderlo» dice l’esperta. «Dietro la solitudine infantile c’è la paura di non essere amati, di non sapersela cavare. L’importante è aiutarlo a dire quello che prova. E rassicurarlo. Ma anche spiegargli che, a volte, stare da soli è bello e necessario. Specie quando si ha bisogno di tranquillità, di sentirsi liberi o di pensare.

Il rimorso nei bambini

Compare solo in un caso: quando sappiamo di aver compiuto una cattiva azione. È un’emozione piuttosto antipatica ma, se si impara a decifrarla fin da piccoli, è anche una mappa utile per orientare le azioni nella giusta direzione.

«La cosa davvero importante è aiutare il bambino a capire per cosa prova rimorso: ha mangiato tutti i cioccolatini di nascosto? Ha rotto un gioco del fratello e non l’ha detto?» spiega l’esperta. «Parlarne gli farà bene, oltre che permettergli di liberarsi di quel peso».

Riproduzione riservata