L’ideale, se possibile, è che il papà parli con il maschio e la mamma con la ragazzina. «È più facile aprirsi e sentirsi compresi se c’è una complicità di genere» continua l’esperto.
«Il papà,per esempio, ha la credibilità necessaria per spiegare che il cervello maschile è molto “visivo” , cioè più eccitabile dalle immagini che non, per esempio, dalle parole. E può sottolineare che questo capita anche a lui. Ma, allo stesso tempo, spiegherà che la pornografia inquina la visione della realtà ed è molto lontana dalla sessualità: tra un uomo e una donna ci devono essere soprattutto intimità, rispetto e dialogo. La mamma, invece, può dire alla ragazzina che certi contenuti disorientano, creano confusione, trasmettono l’idea che il sesso sia sopraffazione o sottomissione, una performance ginnica e una questione di misure. Non sottovalutiamo l’impatto che può avere, su una ragazzina, il corpo da bambola siliconata di una pornostar».