Il pasto dovrebbe essere uno splendido momento di condivisione familiare. Sedersi intorno al tavolo

Il pasto dovrebbe essere uno splendido momento di condivisione familiare. Sedersi intorno al tavolo e godere, tutti insieme, di buon cibo cucinato con amore normalmente è infatti un vero piacere.
In Italia però per un bambino su quattro non è così. Le case in cui è frequentissima infatti la scena di bimbi con la bocca serrata davanti ai più svariati tipi di alimento, e con genitori che tentano ogni mezzo pur di far ingerire qualche boccone, sono davvero molte!
È importante dire che nella stragrande maggioranza dei casi queste difficoltà, che si manifestano normalmente tra lo svezzamento e i due anni del bambino, si risolvono spontaneamente dopo i sei anni di vita.
Fondamentale è pertanto non farsi cogliere dall'ansia e affrontare serenamente questa fase cercando di aiutare il proprio bambino a sviluppare un rapporto positivo con l’alimentazione.

Etichettare ad esempio questi bambini come “schizzinosi” o, ancor peggio, come “capricciosi” è decisamente un errore molto frequente. Uno studio condotto della University of Illinois at Urbana-Champaign e pubblicato su Scientific American ha infatti messo in luce ben quattro diverse tipologie di bambino per le quali l’inappetenza ha dei fondamenti precisi e tutti differenti.
La ricerca è stata condotta su 170 bambini tra i due e i quattro anni che per due settimane hanno consumato pasti standardizzati mentre i genitori avevano modo di osservarli con attenzione prendendo appunti sul loro comportamento a tavola.

Bambini inappetenti: quando mangiare è uno stress

Il momento del pasto è per molti bambini, e per i loro genitori, fonte di stress. Ecco come comportarsi se il bambino non mangia

Un bambino su quattro al di sotto dei sei anni manifesta inappetenza, destando così la preoccupazione dei genitori, che si ritrovano a provarle davvero tutte per far mangiare qualche boccone in più al proprio piccolo.
È fondamentale sottolineare che, nella maggioranza dei casi, questi stati di inappetenza che sembrano manifestrarsi improvvisamente dopo lo svezzamento, si risolvono altrettanto spontaneamente con la crescita del bambino.

Non esistono ricette magiche per trasformare in un istante il nostro piccolo in una “buona forchetta”, ma mantenere serenità e un atteggiamento naturale aiuteranno a creare un rapporto positivo tra il bambino e l’alimentazione.

Sfoglia la gallery per conoscere i dati di uno studio condotto sull’argomento e le strategie più costruttive da portare in tavola!

Lo studio: ecco le motivazioni dell'inappetenza

Il primo profilo individuato dai ricercatori vede bambini che si affidano in modo particolare ad uno o più sensi. Rifiutano pertanto molto spesso il cibo per odore o consistenza e vengono quindi definiti “sensoriali”.
Troviamo poi i “preferenziali”, che si rifiutano di introdurre nuovi cibi nel menù abituale o diverse abitudini alimentari, come ad esempio il mischiare gli alimenti in modo per loro ancora inusuale. Questa tipologia di bambino normalmente si “affeziona” ad alcuni alimenti in modo particolare e fatica ad assaggiarne di nuovi.
I bambini definiti invece “perfezionisti” tendono a controllare ogni aspetto del piatto che hanno di fronte, molti ad esempio non mangiano ciò che è stato manipolato o assaggiato da altri.
Infine ci sono i “responder comportamentali”, che rifiutano direttamente di sedersi a tavola e hanno pretese impossibili riguardo agli alimenti o al momento del pasto in generale. Per questi bambini accomodarsi a tavola per il pranzo è quasi considerata una perdita di tempo!

Le cause dell’inappetenza possono essere quindi diverse, sottolineano gli autori dello studio. “Alcune ricerche indicano che qualche bambino è geneticamente più sensibile ai sapori amari, e quindi potrebbe fare più fatica ad abituarsi ad alcuni tipi di verdure – spiega Sharon Donovan, l’autrice principale – In altri casi invece il bambino potrebbe semplicemente essere innervosito dal fatto di dover smettere di giocare per mangiare, e voler esprimere la propria indipendenza rifiutando il cibo“.

Conoscere le motivazioni che possono generare inappetenza in un bambino – e in particolare capire quale tra queste potrebbe interessare il proprio figlio – può aiutare quindi a trovare il giusto approccio a tavola, centrando i bisogni del bimbo che si ha di fronte.

Gli atteggiamenti da evitare

È estremamente importante sottolineare che, nella maggior parte dei casi, l’inappetenza dei più piccoli non sfocia in veri e propri disturbi alimentari ma tende a risolversi spontaneamente con il passare del tempo.
Lasciamo pertanto da parte inutili ansie e cerchiamo di adottare, noi per primi, un atteggiamento sereno e positivo nei confronti del cibo. Questo permetterà al bambino di seguire il proprio istinto, allontanando così il rischio di rapporti complicati e controversi con l’alimentazione.
Ecco i due errori più comuni.

– Il primo e più frequente errore, che rischia di minare la serenità nel rapporto con il cibo, è costringere il bambino a mangiare. Un atteggiamento autoritario a tavola produce generalmente l’effetto opposto a quello desiderato, ovvero un rifiuto ancora più netto, spesso categorico, da parte del piccolo.

– Il secondo errore, comunissimo in molte case, è l’utilizzo del cosiddetto “ricatto”. Che sia esso affettivo o di natura più “pratica” non è mai un atteggiamento costruttivo.  
Punire o premiare un bambino in base al suo comportamento con il cibo infatti confonde: il piccolo disimparerà ad ascoltare il proprio corpo e il proprio istinto a favore di un atteggiamento volto a compiacerci (o anche ad ottenere piuttosto che evitare qualcosa). Si rischia inoltre di generare inutili sensi di colpa alimentando involontariamente il concetto errato: “un bambino che non mangia è un bambino cattivo”.
In generale ricordiamoci che le eventuali sanzioni impartite ad un bimbo per un atteggiamento errato non dovrebbero mai riguardare il cibo e che l’alimentazione non dovrebbe mai essere considerata un metro di valutazione comportamentale.

Gli atteggiamenti costruttivi

Non esistono ricette magiche, né culinarie né comportamentali, per trasformare improvvisamente il proprio piccolo in un buongustaio.
“Non ci sono strategie mirate – spiega Soo-Yeun Lee, uno degli autori dello studio – ma possono andare bene le “vecchie”, come servire i cibi favoriti, inserendo un po’ alla volta anche quelli nuovi o rifiutati. L’importante è avere pazienza: a volte servono fino a 10 tentativi per introdurre un nuovo alimento“.
Nessuna tattica miracolosa quindi, ma atteggiamenti corretti e positivi per invogliare il bambino a mangiare e gettare le basi per un rapporto corretto con l’alimentazione.

Innanzitutto possiamo cercare di capire il bambino che abbiamo davanti e agire di conseguenza. A seconda che si tratti di un “sensoriale” o un “preferenziale”, ad esempio, potremo utilizzare approcci differenti, nel primo caso introducendo sapori forti o consistenze indesiderate poco alla volta e nel secondo individuando gli alimenti favoriti per mescolarli in maniera graduale con quelli nuovi.
Davanti ad un “responder comportamentale” potremo invece cercare di rendere più coinvolgente e divertente il momento del pasto e con un “perfezionista” eviteremo manipolazioni particolari degli alimenti.

Teniamo comunque presente che, anche per i bambini, possono sussistere dei sapori che non incontrano i gusti personali. Obbligare a mangiare qualcosa di veramente sgradito è il modo migliore per creare una totale avversione per l’alimento in questione e, talvolta, anche per generare inappetenza. Rispettare pertanto i gusti del bambino è molto importante, ad ogni alimento potrà essere comunque trovato un sostituto!

Esistono poi piccole strategie corrette da mettere in campo che possono aiutare a raggiungere il traguardo.

–  Essere di buon esempio è, come sempre, uno dei modi migliori per insegnare qualcosa o trasmettere un valore. Avere per primi un rapporto sereno e corretto con il cibo aiuterà a crearne uno altrettanto positivo, e soprattutto naturale, tra il bambino e la sua alimentazione.

– Cucinare con il bimbo è un piccolo stratagemma per coinvolgerlo e invogliarlo a mangiare, a sviluppare appetito. Inoltre invitarlo a prepararsi la porzione, dandogli la possibilità di riempirsi il piatto più volte, lo rassicurerà rispetto alle quantità che dovrà consumare e lo aiuterà a imparare ad autoregolarsi.

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