Genitore autorevole

GUARDALO NEGLI OCCHI

Quello che accade fra madre e figlio è una «danza comunicativa»: a chiamarla così è Colwyn Trevarthen, psicologo dell'età evolutiva, che da anni indaga i processi di socializzazione dei bambini e il ruolo delle emozioni nella comunicazione. Il primo contatto su cui puntare? Lo sguardo. Questa modalità comunicativa avviene fin dai primi istanti di vita. Ecco perché si rivela importante il modo in cui teniamo in braccio i bambini. Quando un adulto solleva un neonato è fondamentale il contatto visivo. Nutrire, anche con il biberon, è un gesto d'amore e un momento di intimità: fai in modo che tuo figlio sia rivolto verso i tuoi occhi e incontri lo sguardo di chi lo sostiene. Grazie agli occhi è possibile veicolare un messaggio profondo, empatico e immediato. Secondo le ricerche avere un genitore autorevole permette al bambino di imparare a costruire interazioni sociali più positive: i figli crescono più indipendenti e sono meno vittime della paura. Tuttavia, puntare su un'educazione autorevole è, innanzitutto, avere il coraggio di lavorare su se stessi.

Educare con autorevolezza

Autorità? No, grazie: come diventare un genitore consapevole

 

Avvicinare i bambini all’indipendenza significa imparare a confrontarci con le nostre paure e stimolare la curiosità come modalità educativa in grado di aggiungere entusiasmo all’apprendimento. Senso di scoperta, fantasia e immaginazione costituiscono risorse vitali in ogni fase della vita.

Contatto con le emozioni

USA LA TUA VOCE

Se il contatto visivo costituisce la prima forma di comunicazione fra genitori e figlio, la voce occupa un ruolo altrettanto importante. Attraverso la comunicazione non verbale rendiamo manifesto anche ciò che non diciamo a parole: il viso che avvampa, lo sguardo, il tono della voce e i gesti che facciamo inconsapevolmente raccontano come ci sentiamo veramente, ecco perché è importante monitorare e identificare le nostre emozioni. Se desideri richiamare l’attenzione di qualcuno una voce squillante può aiutare, ma non è detto che un bambino o un adolescente prestino più attenzione ai toni acuti. Al contrario, quando gli urli diventano sempre più frequenti, si inizia a dare meno importanza: piano piano ci si immunizza, anche se dentro rimane una ferita. Educare senza urlare, né offendere significa trarre la propria forza da dentro, essere calmi nella tempesta, trovare la propria bussola interiore.

Bambini felici

IMPARA A SPIEGARE

È impossibile indicare a un bambino cosa fare, se noi stessi non ne siamo convinti. Lui vuole mangiare prima di cena, tu dici no, ma fai la stessa cosa? Non vale. I bambini imparano attraverso l’esempio, perché osservano gli adulti in ogni istante e al loro occhio attento non sfugge nulla. Invece di esclamare «No, smettila di assaggiare, siediti!» prova a utilizzare meno frasi all’imperativo e introdurre più spiegazioni. Per esempio, potresti dire: «Se mangi prima di cena poi non avrai più fame. Cosa ne dici di sederti qui e aiutarmi a lavare la verdura? Anche io ho un po’ fame, ma sarebbe bello aspettare papà e mangiare tutti insieme». In questa semplice frase emergono più punti d’attenzione: innanzitutto stai proponendo invece di ordinare. Inoltre, al di là della mera questione del momento, stai dando un insegnamento importante perché emerge il valore di un piccolo sacrificio (aspetto la cena invece di mangiare subito) in vista di una felicità più grande (attendere papà e cenare insieme). Emerge un ulteriore aspetto: hai avuto il coraggio di ammettere le tue emozioni e i tuoi bisogni (anche io avrei fame) e tu stessa ti stai comportando secondo quello che insegni. I bambini hanno bisogno di coerenza, calma, tempo per capire. Questo semplice esempio può far riflettere su numerosi altri casi della vita quotidiana.

Paure da genitori

COMBATTI LE TUE PAURE

Un conto sono i pericoli reali, un altro è il caso di ciò che percepiamo come pericoloso, ma che, in realtà, costituisce una nostra paura. Ci sono bambini a cui è stato sistematicamente proibito ogni tentativo di uscire allo scoperto e conoscere il mondo, giocare, dallo scivolo all’altalena o persino la gita scolastica. «Attenzione! Stai attento» è il mantra che risuonanelle orecchie di ogni figlio, tuttavia è bene distinguere quando si cerca di rendere consapevole un bambino dei potenziali pericoli rispetto all’ansia generalizzata di cui a volte siamo preda. Avere paura per un figlio è normale: si tratta di un’emozione naturale, che ci mette in gioco al di là del ruolo. Tuttavia, quando senti che stai per cadere vittima delle tue insicurezze fai un passo indietro. Prova a condividere le tue emozioni con il partner e gli amici che senti positivi. Dagli studi emerge che crescere con genitori troppo ansiosi abbassa l’autostima e esaspera una continua sensazione di timore verso il mondo.

Dare l'esempio

ESPONITI E SII SINCERA

La verità è che non sempre abbiamo la pazienza per di dare spiegazioni. Noi stessi siamo pieni di paure; cerchiamo di dire ai bambini che cosa sia meglio per loro e spesso finisce che per prendere una posizione e sembrare coerenti, ci arrocchiamo sulle nostre convinzioni, trincerandoci dietro sicurezze apparenti. Durante l’adolescenza la discussione si rivela un passaggio cruciale. Una famiglia abituata a non dare nulla per scontato e ragionare insieme ha uno strumento prezioso per il benessere di tutto il sistema. Ascolta le tue emozioni, riemergi dalle tue paure, impara a comunicare con empatia affrontando partner e figli in modo sincero, autentico, diretto, senza sotterfugi. Si tratta proprio di questo: accettare di usare il proprio tempo con gioia, saperlo  investire. Quando qualcuno si prende la briga di sedersi vicino  a noi per aiutarci, con pazienza, a vedere le possibili conseguenze  delle nostre azioni, diventiamo più lucidi, consapevoli, capaci di  ragionare con la nostra testa. Educare con autorevolezza significa accompagnare anziché cercare di dirigere la vita di un figlio, sapendo che ognuno è chiamato a prendersi la responsabilità della propria esistenza.

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