A questo mondo accadono cose talvolta incredibili, a cui si riesce a stento a credere. Si racconta c

A questo mondo accadono cose talvolta incredibili, a cui si riesce a stento a credere. Si racconta che in una lontana provincia abitasse una donna bellissima, ma così bella che fosse impossibile trovare un volto perfetto come il suo. La sua pelle era candida come neve, su cui spiccavano le labbra rosse e i capelli erano neri e lunghissimi, scuri come gli occhi da cui sprizzavano scintille. Tuttavia, a causa della sua bellezza era molto superba e altezzosa. Era raro vedere una bellezza così particolare e lei era cosciente del fascino che esercitava sulla gente intorno. Era così orgogliosa della sua bellezza che ogni giorno usciva di casa all'alba e mentre il sole sorgeva, fra le prime luci del giorno, chiedeva: «Oh sole splendente, dimmi chiaramente, dimmi sinceramente, hai tu veduto mai, mentre in giro te ne vai, un viso pari al mio? Un viso di donna tanto piacente e armonioso?». Ogni giorno la donna stava sulla soglia di casa e rivolgeva all'astro luminoso le sue parole.

Dopo aver pensato per un attimo, immobile fra le nuvole, un giorno il sole le rispose: «Ho girato molto per il mondo e visto molte donne, ma invero non ho veduto mai donna più bella di te, fatta eccezione per la tua bellissima figliola». Stupita e amareggiata, la donna ogni giorno continuava a rivolgere la stessa domanda al sole, ma lui rispondeva sempre nello stesso modo. Piano piano l'amore che la madre nutriva verso la figlia scomparve, accecato dalla rabbia e l'umiliazione per un valore, la sua bellezza, che non le veniva riconosciuto.
L'odio prese il posto dell'amore e la donna iniziò a pensare come venire a capo della situazione. Nulla aveva più senso per lei; persino il cibo non aveva più lo stesso gusto, nulla le piaceva più. Un giorno per la rabbia iniziò a dolerle la testa, il cuore batteva veloce e una febbre violenta la costrinse a letto. La donna chiamò, dunque, il servo, dicendogli: «Portala via da qui, fa' che io non debba più averla davanti agli occhi», ingiungendogli di uccidere la figlia e, come prova, riportarle il cuore e il dito mignolo.

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Mamma cattiva, la Biancaneve romena

Scopri le favole dal mondo: ecco un racconto popolare della Romania

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Questa favola, proveniente dalla tradizione romena, assomiglia alla trama di Biancaneve. I racconti di folklore, che attingono dalle radici di un’Europa fatta di commerci e scambi, spesso vedono ripetersi elementi comuni che fanno delle favole un serbatoio di memoria collettiva, intrecci fra popoli, leggende che si perdono nelle notti di veglia dei lunghi inverni davanti al camino.

Il senso di questa favola? Come spiega il sole, simbolo della vita che tutto vede, bisogna accettare che la bellezza di quando si è giovani si trasformi negli anni: forse verranno meno i capelli lucidi e la pelle candida, ma la lezione che se ne ha in cambio è l’esperienza e la saggezza. I figli rappresentano il futuro e come tale vanno aiutati, non ostacolati. Perché la vera bellezza e nobiltà, come ribadiscono sempre le favole, è quella del cuore e dei sentimenti sinceri.

Il palazzo dei giganti

Il servo prese la ragazza e la portò nel bosco, là dove gli alberi sono fitti da creare un soffitto verde e silenzioso: le disse l’ordine della madre, ma la giovinetta iniziò a piangere e pregarlo di risparmiarla. Il servo, che in fondo era di animo buono, tagliò alla ragazza il mignolino, ma prese il cuore del suo cagnolino al posto del suo. La ragazza promise di non tornare mai più a casa e, incamminatasi nel bosco, si inoltrò fra le tenebre della foresta, sempre più cupa.

Cammina e cammina, a un certo punto fra le foglie e i rami maestosi spuntò il profilo di un imponente palazzo. La ragazza si chiese: «Di chi sarà mai questo palazzo nel cuore del bosco? Proverò a entrare, di certo i signori della dimora non mi mangeranno». Timidamente, appoggiò la punta del piede sul primo gradino. Passo dopo passo, arrivò in cima alla scalinata e, aprendo il portone, entrò nel grande salone.

Il palazzo sembrava deserto; non c’era anima viva, da nessuna parte. Tutto era coperto da una leggera coltre di polvere, sebbene ogni cosa fosse in ordine. La ragazza pensò che doveva mancare la massaia e forse gli uomini avevano lasciato che la polvere invadesse tutto. Fu così che si mese al lavoro. Scese per le scale, andò al pozzo a prendere un secchio d’acqua e iniziò a lavare il palazzo da cima a fondo. Non passò molto tempo che i giganti, proprietari della dimora, fecero ritorno al palazzo. Furono molto contenti di vedere che ogni stanza scintillava, pulita alla perfezione e iniziarono a chiedersi chi poteva aver fatto tutto quel lavoro. Si dissero che poteva essere stata solo una madre o una sorella e così, una volta trovata la ragazza, che nel frattempo si era nascosta dietro un forno, la abbracciarono come una sorellina.

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La follia che uccide l'amore

Nel frattempo la madre, giunta l’alba, come sempre uscì a chiedere al sole se avesse mai visto donna più bella di lei. E lui le rispose: «Fosti bella quando fosti, ma ora vali molto poco» e aggiunse che aver pensato di disfarsi di sua figlia la rendeva una donna brutta, di poco valore. Infine, le disse che sua figlia continuava a essere la più bella e ora si trovava nel palazzo dei giganti.

La donna iniziò a non vederci più dalla rabbia. Si recò nel bosco e, una volta davanti al portone, iniziò a bussare pregando la figlia: «Ti prego, cara figlia, aprimi, che io possa vederti almeno un’ultima volta». La giovane aprì uno spiraglio, che fu sufficiente alla madre per ficcarle un dito in gola e ucciderla sul colpo.
I giganti tornarono a casa e videro la cara ragazza riversa sul pavimento, morta: la piansero a lungo, come una sorella, poi le costruirono una bara d’oro e la posero fra le fronde del sicomoro, dove i venti la cullavano tutto il giorno. La gente vedeva la ragazza bellissima, dispiacendosi per la follia che uccide l’amore.

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Il lieto finale di questa fiaba un po' paurosa

La madre, una volta a casa, tornò a chiedere al sole: «Oh sole splendente, dimmi chiaramente, dimmi sinceramente, hai tu veduto mai, mentre in giro te ne vai, un viso pari al mio? Un viso di donna tanto piacente e armonioso?». «Pazza scellerata» le rispose lui «Di folli ne ho visti parecchi, ma come te mai. Non sai, forse, che la vita stessa vuole che i giovani siano più belli dei vecchi e che i vecchi siano più saggi e assennati dei giovani?».

La notizia di questo fatto atroce si diffuse ovunque. Il figlio dell’Imperatore, mosso nel cuore, volle andare a vedere questa giovane e, dopo molte preghiere, i giganti acconsentirono a calare la bara per mostrare il suo volto al ragazzo, nobile nel sangue e nell’animo. Lui la accarezzò su una guancia, giocando con lei come fosse stata viva: fu così che, forse per un movimento brusco, la giovane fu colpita al capo e il dito che l’aveva uccisa venne sputato fuori dalla bocca. La ragazza riprese colore e resuscitò. Ovunque intorno a lei scoppiò una grande gioia: il figlio dell’imperatore la portò a casa con lui, dove si sposarono celebrando un matrimonio grandioso, come solo possono fare i grandi imperatori.

Se non sono morti, i due sono ancora vivi e, si dice, che la madre impazzì per la rabbia, quando venne a sapere che la figlia era diventata imperatrice. Ma io vi dico che fu solo la giusta ricompensa per un cuore malvagio.

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