Il valore delle donne

Su 10 laureati, 6 sono ragazze (XVI Rapporto Almalaurea). Ma, a 5 anni dal diploma, questo vantaggio si perde: ad aver trovato un impiego è l’85% dei maschi contro il 78% delle donne. E solo un terzo di loro riuscirà a raggiungere posizioni dirigenziali. Tutte, invece, guadagneranno meno dei colleghi uomini e avranno sulle spalle le mille incombenze famigliari.

«Per voltare davvero pagina occorre partire dalle nostre figlie, cioè educarle fin da piccole a prendere coscienza del loro valore, ad avere coraggio, a non rinunciare in partenza a un sogno. L’importante è iniziare all’età giusta, dall’infanzia fino alla preadolescenza, quando sono molto ricettive, aperte e con una mente ancora libera da condizionamenti» spiega Marie-Madeleine Gianni, presidente della Fondazione Bet She Can, una realtà nuovissima che propone laboratori di empowerment su misura delle ragazzine.

Insegniamo alle bambine il valore delle donne

È da piccole che si impara a credere in se stesse. Così sarà più facile, da grandi, avere gli stessi diritti degli uomini. In famiglia e nel lavoro

I NUMERI DELLE DONNE

● Ogni 12 secondi in Italia una donna subisce atti di violenza fisica, verbale o psicologica (Eures – Ansa 2013)

● In Europa solo 9 sviluppatori su 100 sono donne, nel settore ICT le manager sono il 19% e meno del 30% la forza lavoro al femminile (EU, Woman Active in ICT Sector 2013)

● Il 12,9% delle campagne pubblicitarie italiane rappresenta le donne come sessualmente disponibili rispetto all’ 1,7 di campagne con protagonisti uomini (Art Directors Club, Università Bologna, Nielsen 2013)

● Una donna guadagna all’ora circa il 16% in meno di un uomo nella stessa posizione professionale (EU, Woman, men and working conditions in Europe 2013)

● 7 uomini italiani su 10 pensano che per una donna sia più facile che per un uomo fare sacrifici in famiglia (WeWorld – Intervita 2014)

● L’empowerment è un percorso di crescita che si fonda sullo sviluppo della consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità partecipative, espressive e decisionali, con l’obiettivo di cambiare il proprio contesto, i modelli sociali, la qualità di vita

L’empowerment femminile si può coltivare

Aeronautica spaziale, cinematografia, meccanica. Sono solo alcuni esempi delle attività proposte da Bet She Can a gruppi di ragazzine dagli 8 ai 12 anni. «L’obiettivo è di aiutarle a crescere senza il timore di mettersi alla prova anche in ambiti considerati “maschili”» precisa Marie-Madeleine Gianni. Non si tratta, semplicemente, di fare “qualcosa di nuovo” e scoprire le proprie potenzialità. È un percorso educativo che tenta soprattutto di scardinare quella vecchia forma mentale che, finora, ha fatto sì che fossimo noi, per prime, anche se molto dotate, ad autoprecluderci carriere e opportunità».

Ma ha senso un progetto di empowerment femminile su misura per bambine così piccole? «A partire dagli 8-9 anni di età, uscite dalla prima infanzia, si affacciano a ragionamenti più complessi su di loro e su ciò che le circonda, quindi direi di sì, purché le attività vengano proposte in forma di gioco» commenta Bianca Bertetti, docente di Psicologia all’università Cattolica di Milano, intervenuta al convegno Miti che odiano le donne. «Ma perché non aprire anche ai maschietti questi laboratori innovativi? È così che si può generare davvero una nuova cultura. E, pian piano, si produce il cambiamento».

Gli stereotipi influenzano le scelte

«Di recente stavo cercando un regalo per una bimba di un anno e sono entrata in tre negozi: in una libreria mi è stato chiesto se il libro era per un bambino o una bambina, in un’altra se la carta regalo doveva essere con sfondo rosa o celeste, e in un negozio di giocattoli, parlando di una casetta di legno, la venditrice ha specificato che era “per le bambine”» racconta Anita Testa-Mader, psicologa e ricercatrice, specialista in pari opportunità e differenze di genere. «Il fatto è che questi “innocenti” stereotipi hanno un peso sulla visione che bambine e bambini si creano rispetto al loro ruolo e al loro futuro. E contribuiscono a influenzare le scelte scolastiche e professionali in direzioni molto meno ambiziose».

Alle donne di domani va insegnato il coraggio

Nel mondo del lavoro è ancora diffusa l’idea che le donne siano meno credibili degli uomini, che abbiano più difficoltà nel prendere le decisioni e che, una volta madri, perderanno la motivazione. «È un circolo vizioso: diversi studi dedicati al comportamento femminile sul posto di lavoro dimostrano, effettivamente, che abbiamo un basso livello di autostima, scarsa ambizione, paura di non essere accettate in un ambiente maschile e che tendiamo ad abbandonare un obiettivo se rischia di provocare conflitto» continua Anita Testa-Mader.

«Però quando penso alle giovani che incontro oggi nelle scuole, vedo due tipologie di ragazze: alcune con aspettative altissime e l’idea che niente potrà ostacolarle. Altre con le stesse insicurezze delle loro madri». E, allora, ben vengano progetti che puntano sulle ragazze, come quello della Fondazione Bet She Can: rappresentano un’opportunità preziosa per aiutarle ad affrontare il futuro e tutti i cambiamenti che porterà.

Riproduzione riservata