Chef in affitto e pasticcere: due professioni golose

Crisi o no, gli italiani non rinunciano a mangiare bene. Una bella notizia per tutte le lettrici che sono maestre in cucina e cercano un nuovo business

Cucina, che passione! In tante volete farne un lavoro. Come Letizia e Arabella di Bologna, aspiranti cuoche a domicilio. E Rosy ed Enry che sognano un negozio di pasta fresca a Brescia o Lorella che ne ha in mente uno di torte a Vigevano con, in più, il distributore di latte crudo.

Non potevamo non aiutarvi. Innanzitutto a capire se, in tempo di crisi, ci sono persone disposte a pagare per una cena pronta in casa o a comprare lasagne e torte ogni domenica.

Daniela Piccione, responsabile di Cna Alimentare (http://www.cna.it), assicura di sì: «La gastronomia è il settore che risente meno del calo dei consumi. E lo chef in affitto è una figura richiesta perché spesso fa risparmiare rispetto al ristorante. Anche il negozio di torte funziona, purché si differenzi dalle pasticcerie. Ravioli e tagliatelle freschi, invece, si trovano anche al supermercato: la pasteria non è sempre un buon affare».

«Cucinare a casa degli altri non richiede grandi investimenti» aggiunge Manuel Cavazza, presidente dell’Associazione italiana personal chef (http://www.aipcitalia.it). Ci vogliono la partita Iva, 1.000 euro per un sito e altri 1.000 per attrezzature particolari come pentole molto grandi e coltelli professionali.

«I nostri chef prendono 200 euro netti a sera, spesa esclusa» dice Cavazza. «I non professionisti ne chiederanno 150».

Per il negozio di torte servono 60 metri quadri e 40.000 euro per allestire anche magazzino e laboratorio. Poi occorre iscriversi al registro degli artigiani e ottenere le autorizzazioni Asl. Se, dopo un paio d’anni, si guadagnano 25.000 euro, si può fare un salto investendo 60.000 euro in forni professionali e impastatrici.

«L’importante è distinguersi offrendo dolci personalizzati in un’atmosfera casalinga» consiglia Giuseppe Mosca della Confederazione italiana pasticcieri (http://www.noipasticcieri.it).

«Sì a confezioni fatte a mano e al forno in funzione: il profumo che arriva in strada è la migliore pubblicità. Anche il latte crudo è un affare, i costi sono a carico dell’allevatore e si guadagna fino al 30 per cento sul prezzo».

Riproduzione riservata