Mononucleosi, sintomi e cure

La mononucleosi è stata, a lungo, chiamata la "malattia del bacio" per via del contagio molto frequente in età adolescenziale. In realtà, si tratta di un virus con cui la maggior parte di noi è entrata in contatto e che, spesso, si manifesta in forma del tutto (o quasi) asintomatica. Ma la manifestazione di questa malattia virale non sempre è blanda e silenziosa: succede, infatti, che i sintomi esplodano violentemente debilitando visibilmente il bambino.

La mononucleosi è una malattia infettiva molto frequente nei bambini, proprio perché questi ultimi tendono a portare alla bocca le mani e gli oggetti condivisi.

Cos'è, innanzitutto, la mononucleosi? Si tratta del virus di Epstein-Barr (EBV). In breve, la mononucleosi è una tipologia di herpes che si annida a livello nasofaringeo. Dopo la prima manifestazione del contagio (infezione primaria) il virus resta ospite dell'organismo per tutta la vita ed è emesso, in modo intermittente, a livello orofaringeo (gocce di saliva).

Le successive riattivazioni del virus sono solitamente asintomatiche (a differenza, per esempio, dell'herpes simplex).

Mononucleosi bambini: sintomi e cure

La mononucleosi è una malattia infettiva comune tra i bambini e può presentarsi sia in forma asintomatica, sia con una sintomatologia molto acuta. La prima cura è il riposo

La mononucleosi è una malattia infettiva, molto comune e frequente tra i bambini. Chiamata da sempre “malattia del bacio“, in realtà la mononucleosi è molto contagiosa tra i più piccoli perché spesso i bambini portano alla bocca oggetti condivisi (bicchieri, giocattoli, cannucce). La mononucleosi può presentarsi in modi completamente differenti nella sintomatologia. Infatti, vi sono bambini (e adulti) che contraggono la mononucleosi ma in maniera assolutamente asintomatica. Altri, invece, manifestano la malattia in modo anche molto acuto e aggressivo (febbre alta, mal di gola, difficoltà a bere e mangiare, spossatezza estrema). La diagnosi certa di mononucleosi avviene tramite un esame specifico, attraverso prelievo del sangue. La mononucleosi si cura essenzialmente con il riposo, sia durante sia qualche settimana dopo la fase acuta della malattia per scongiurare eventuali ripercussioni a livello della milza (che, a volte, si ingrossa). Solo nel caso in cui si evidenzi la contemporanea sovrainfezione batterica da streptococco (molto comune in caso di mononucleosi), il medico prescriverà anche l’assunzione di uno specifico antibiotico

Contagio e diagnosi

Come si trasmette

Il virus di Epstein-Barr, o mononucleosi, è abbastanza labile fortunatamente e non è eccessivamente contagioso, se non in luoghi sovraffollati, laddove cresce ovviamente il rischio di contagio.

Il periodo di incubazione varia dai 30 ai 50 giorni, mentre la modalità di contagio avviene sia attraverso emoderivati, sia (ed è questo il modo più frequente in cui si espande la malattia) per contatto orofaringeo tra una persona non infetta e un portatore sano di EBV che secerne il virus dall’orofaringe.

Il 50% circa dei bambini ha contratto l’infezione primaria da EBV prima dei 5 anni e, per la maggior parte di questi pazienti, l’infezione è subclinica (fonte Merck & Co.).

A causa della sua sintomatologia, la mononucleosi può essere facilmente confusa con una faringite o una tonsillite da streptococco (spesso, le due patologie peraltro vanno a braccetto).

Per una diagnosi certa di mononucleosi, si deve sottoporre il bambino a un prelievo del sangue che possa rilevare la presenza di anticorpi del virus. In tal senso, è possibile conoscere sia gli anticorpi che vengono prodotti in fase acuta (se presenti, rivelano uno stato ancora infettivo del bambino), sia gli anticorpi lasciati dalla malattia (immunità).

I sintomi della mononucleosi

Come si manifesta la mononucleosi nei bambini

La mononucleosi, dunque, si contrae spesso in modo asintomatico. Ma non sono pochi i casi in cui la malattia ha un esordio primario anche molto acuto e debilitante.

I sintomi si manifestano, di solito, in tetrade: affaticamento marcato, febbre (anche molto alta), faringite e linfoadenopatia (ingrossamento dei linfonodi). Di solito, la mononucleosi esordisce con una sensazione di malessere della durata di circa una settimana, seguita poi da faringite, febbre e ingrossamento evidente e palpabile dei linfonodi.

La stanchezza dovuta a mononucleosi può protrarsi per settimane, dopo una prima fase più acuta (della durata di circa 15 giorni), la faringite invece può manifestarsi in modo davvero debilitante impedendo al piccolo di mangiare e bere con facilità. Spesso, questo tipo di faringite viene confuso con l’infezione da streptococco, così come non è raro che lo streptococco vada a insediarsi sulla stessa mononucleosi, attraverso una sovrainfezione batterica.

La linfoadenopatia può coinvolgere qualsiasi gruppo di linfonodi (collo, ascelle, inguine) e di solito è simmetrica, mentre l’adenopatia cervicale anteriore e posteriore è rilevante (fonte Merck & Co.).

Spesso, in concomitanza con un’infezione primaria da mononucleosi, si manifesta anche splenomegalia (ingrossamento della milza, soprattutto durante la seconda e la terza settimana della malattia) che può essere rilevata dal medico con la palpazione, così come non è rara una lieve epatomegalia (ingrossamento del fegato). A volte, a questo quadro, si associano anche eruzioni maculopapulari (macchie rosse a papula) o un edema periorbitale (gonfiore caratteristico attorno agli occhi).

Quanto dura e come si cura

La terapia

La mononucleosi è una malattia infettiva che, di norma, non necessita di antibiotico. Infatti, si tratta di una malattia autolimitata, la cui fase acuta dura circa due settimane.

Solitamente, il rientro a scuola (o in generale in comunità) del bambino è previsto entro circa due settimane. La stanchezza lasciata dalla mononucleosi, invece, può persistere anche per un mese (o più mesi, nei casi più gravi). La terapia, dunque, è solo di supporto e consta solitamente nella somministrazione di un antipiretico (il paracetamolo è il farmaco di elezione), evitando invece l‘acido acetilsalicilico per scongiurare il rischio di Sindrome di Reye.

L’antibiotico, di norma, non serve e viene prescritto dal pediatra solo per prevenire o curare una possibile sovrainfezione batterica da streptococco. La cura primaria, in caso, di mononucleosi, è infatti il riposo a letto. Affiancato da una corretta idratazione e da alimentazione adeguata.

Se la mononucleosi provoca ingrossamento di milza e/o fegato, è necessario sospendere le attività sportive del piccolo per alcune settimane dalla fine della fase acuta della malattia. Soprattutto se si tratta di attività che prevedono contatto fisico (sussiste, infatti, il rischio di rottura della milza).

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