Primi segnali di autismo

Primi (possibili) segnali di autismo nei bambini 0-3 anni

Quali potrebbero essere i primi segnali di autismo nei bambini più piccoli?

Troppo spesso sentiamo parlare di autismo in modo errato e, non di rado, la “colpa” è dell’immaginario collettivo che associa l’autismo a una caratterizzazione molto rigida e marcata. Invece, l’autismo racchiude in sé un’ampia gamma di sfumature tanto che ancora la scienza non è riuscita a esplorarlo appieno né a giungere a definizioni tranchant e definitive nel merito.

Invece di parlare di autismo, per esempio, sarebbe il caso di nominare i vari disturbi dello spettro autistico. Recenti indagini e studi hanno stabilito che, a oggi, potrebbero soffrire di disturbi dello spettro autistico circa 100 persone su 10.000. E, in alcuni di questi casi, ci troviamo di fronte a individui completamente autonomi e con segnali irrilevanti e non visibili del disturbo.

L’autismo nei bambini

Secondo quanto riportato in un dossier (pubblicato su Le ScienzeMente & Cervello) di Laurent Mottron, psichiatra e professore di neuroscienze cognitive dell’autismo presso l’Università di Montréal in Canada, solo l’uno per cento dei bambini colpiti da un disturbo dello spettro autistico soffrirebbe anche di un ritardo mentale. Questo tipo di disturbo, infatti, toccherebbe in modi diversi (a seconda della specificità del singolo) gli ambiti dell’interazione sociale, della comunicazione e del linguaggio.

Per quanto concerne l’autismo esiste anche una specificità di genere, con prevalenza maschile quattro volte maggiore rispetto a quella femminile. Non sempre l’autismo si presenta in modo visibile o marcato. L’autore sottolinea che, con l’avanzare dell’età e con la crescita, in alcuni casi si attivano nell’individuo processi di compensazione tali da attenuare in modo significativo i segnali relativi alle caratteristiche dell’autismo infantile. Tutto ciò ci fa comprendere quanto sia importante intervenire tempestivamente, ai primi (possibili) segnali individuati nel bambino.

Con un efficace intervento (di tipo neuropsicomotorio), si può rendere possibile una piena integrazione del bambino nell’ambito sociale e, dunque, anche scolastico. Questo tipo di obiettivo diventa raggiungibile se sostenuto anche da un’adeguata rete scolastica, da docenti preparati e da una presa in carico seria e continuativa.

L’autismo è, quindi, un modo diverso di guardare e interpretare il mondo: infatti non si può parlare di cura, bensì di accettazione delle differenze e di valorizzazione delle stesse. Il cervello di un bambino (e di un adulto) autistico è un universo ancora inesplorato sia in ambito neurologico, sia a livello psichiatrico.

Come sottolinea il prof. Mottron, per rendere felice un soggetto autistico non è necessario eliminarne le differenze e colmare i “vuoti”, ma è cruciale invece trovargli un posto nella società.

Anche perché le differenze e i vuoti diventano insostenibili soltanto nell’ottica intollerante di una società centrata su una concezione di normalità ipocrita e, dunque, non obiettiva. Cambiando semplicemente prospettiva, si può accedere a un diverso punto di vista. Un’angolazione dalla quale anche il mondo autistico è un ambito perfettamente accettato, integrato, valido e comprensibile.

I (possibili) segnali di autismo nei bambini

Alla luce di questa generale difficoltà di incasellare i disturbi dello spettro autistico (difficoltà anche “sana” da un certo punto di vista), è possibile individuare alcuni segnali che potrebbero portare a una diagnosi di autismo nei bambini (il condizionale è d’obbligo). Secondo quanto sottolineato dagli esperti, tra cui lo stesso Mottron, i cosiddetti campanelli d’allarme sarebbero riscontrabili con maggior chiarezza dai 18 mesi di età del bambino.

Tra i segnali di possibile disturbo dello spettro autistico, troviamo: difficoltà a fissare lo sguardo in modo stabile su persone oppure oggetti, reticenza a condividere interessi con le persone vicine e con il contesto sociale in generale, ripetitività del gioco e di alcune espressioni (come se il piccolo entrasse in una sorta di loop).

Con il passare del tempo, questi segnali possono evolversi in un vero e proprio disturbo manifestandosi con una regressione del linguaggio o delle interazioni sociali del bambino. La tendenza del bambino autistico a isolarsi rappresenta proprio una forma di difesa, di protezione da un mondo che appare intollerante e profondamente diverso da quello percepito.

Diagnosi e intervento

La diagnosi di autismo non avviene attraverso esami di tipo strumentale e, quindi, si tratta di una diagnosi molto delicata nonché mutevole nel corso della vita del bambino. Ai primi campanelli di allarme, i genitori possono rivolgersi al pediatra che li indirizzerà eventualmente allo specialista più indicato. In questi casi, è molto utilizzato (e si rivela efficace) il test del questionario CHAT (ideato da Simon Baron Cohen dell’Università di Cambridge) che comprende sia una serie di interviste ai genitori (focalizzate soprattutto sulla tipologia di interazione sociale del bambino e sulle modalità di gioco), sia un esame delle capacità comunicative del piccolo.

Come si interviene in presenza di un disturbo dello spettro autistico? Le linee guida confermano l’utilità e l’efficacia di un intervento tempestivo, dunque attuato nella prima infanzia, e basato su percorsi psico-educativi strutturati e, soprattutto, progressivi. Ogni tipologia di intervento, perché sia efficace, necessita però di una preparazione adeguata del sistema scolastico ma anche della società nel suo complesso. Siamo ancora lontani da questo tipo di sana apertura e di evoluzione sociale ma, attraverso una formazione specifica e un’urgente rieducazione socio-culturale, l’obiettivo appare più vicino.

 

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