Da Levi Strauss a Paris Hilton. Sapevate che è la parola più diffusa? Del resto è pure il capo più usato, e amato. Da stilisti, dive, perfino presidenti. E pensare che ha superato i 500 anni...

Ha più di 500 anni, e li porta magnificamente. Certo, qualche ritocco se l’è concesso, ma niente di così invasivo da restare sfigurato. Il jeans ha avvolto sinuoso e versatile i secoli e i continenti. «Infatti è, insieme a pizza, la parola più globalizzata» rivela Remo Guerrini, direttore del mensile Meridiani e autore del libro Bleu de Genes, Piccola storia universale del jeans. In 160 pagine racconta il lungo viaggio del tessuto più celebre del mondo: un fustagno di cotone color indaco, povero ma molto resistente. L’americano Levi Strauss ha brevettato il jeans nel 1873.

Le origini

Partito da Genova ai tempi di Cristoforo Colombo, è sbarcato nei docks londinesi con il nome di jeans (da Genes, Genova in francese) ed è poi approdato nei porti americani, dove veniva utilizzato per coprire le merci nei magazzini. Nel 1873, la svolta. Negli Stati Uniti il signor Levi Strauss, commerciante di tessuti, chiede il brevetto per la produzione esclusiva di soprapantaloni da lavoro in denim rinforzati da rivetti. I cosiddetti “waist overalls” vanno a ruba tra cercatori d’oro, cowboy, operai e il signor Strauss guadagna milioni. I minatori sono stati i primi a portare i cosiddetti “overalls”.

L’epoca in cui diventano capo cult

Ma è negli anni Cinquanta che il jeans diventa un capo cult, sdoganato dai ribelli di Hollywood Marlon Brando e James Dean. Perfino la bomba sexy Marilyn Monroe si fa fotografare con un modello a vita alta e gamba a sigaretta. Grazie al ribelle James Dean il denim è diventato un cult.

In Italia

«In Italia, però, non era facile trovarne un paio» racconta Remo Guerrini. «Bisognava scovarlo nei mercatini americani o nei negozi specializzati in abbigliamento da lavoro. Oltretutto non si poteva mettere per andare a scuola o a messa: era considerato sconveniente». 

Elio Fiorucci e i jeans

È il 1971 quando lo stilista milanese Elio Fiorucci ha l’idea che apre al jeans le porte del mondo della moda: «Sul mio tavolo avevo un rotolo di denim» ricordava in un’intervista. «Ho chiamato il  modellista e gli ho chiesto di ricavarne un pantalone femminile. Lui mi ha guardato scettico, poi si è messo all’opera. Il taglio era perfetto, ma la stoffa troppo dura. Così l’abbiamo lavata con l’ammorbidente e l’abbiamo scolorita. Ed è nato il mio primo jeans».«Per me il denim è un tessuto erotico» continuava Fiorucci. «Merito della sua aderenza, che valorizza le forme del corpo, e soprattutto della sua tendenza a usurarsi nei posti “hot”. Una ragazza abbronzata con le gambe coperte solo da una minigonna indaco è assolutamente irresistibile». «Il jeans non ha concorrenti» raccontava Elio Fiorucci. «È l’indumento che più ci fa sentire a nostro agio, è talmente amichevole che se apriamo una bottiglietta d’acqua e ci bagniamo le mani è l’unico capo di abbigliamento sul quale le asciughiamo tranquillamente. Poi è versatile: in jeans si va in mezzo ai boschi di montagna, ma anche sul tappeto rosso degli Oscar, come ha fatto quest’anno Kate Winslet».

Denim per le celebs

Il fashion jeans riparte così alla conquista del mondo. Diventa la divisa delle star della musica, dal rocker Bruce Springsteen al rapper Eminem. Fascia il lato b delle dive di classe, da Jane Fonda a Raquel Welch. Entra nel guardaroba di industriali e presidenti, da Gianni Agnelli a Ronald Reagan. E oggi non c’è griffe che non firmi il suo. Alla Levi’s del signor Strauss si sono via via aggiunti altri marchi specializzati: i leggendari Lee e Wrangler, gli italianissimi Diesel, Replay, Seven

Sulle passerelle

Anche gli stilisti più glamour hanno ceduto al fascino indiscreto del denim. «Le ultime sfilate di Pitti Uomo e Milano Moda Uomo ne hanno decretato il ritorno in grande stile» spiega la storica della moda Cristina Giorgetti. «Abbiamo visto modelli per tutti i gusti: tagliati, strappati, sbiancati, doppiati di seta, a zampa larga, a sigaretta, a vita alta, a vita bassa. Spesso, poi, il tessuto originale viene tinto di altri colori, così diventa più difficile riconoscerlo. E, come negli anni Ottanta e Novanta, è usato non solo per i pantaloni, ma anche per giacche, gilet, borse. Basti pensare che a Shanghai si producono ogni settimana più di 1 milione di pezzi, che vengono poi smistati in tutto il mondo». Uno strapotere dilagante.

Laura Biagiotti e i jeans

E chi se lo toglie più…«Io certamente no» rideva in un’intervista la stilista Lavinia Biagiotti Cigna. «Ormai ho smesso di contare il numero di quelli che ho appesi nell’armadio. Saranno almeno una ventina, li colleziono da anni. Sono la mia croce e la mia delizia, perché fungono da bilancia: se devo trattenere il fiato per chiuderli, è arrivato il tempo delle insalate; se invece “ballano”, so che mi posso concedere qualche sgarro a tavola. Adesso ne indosso un paio color azzurro chiaro con camicia e blazer: abbinamento perfetto per l’ufficio. La sera in discoteca, invece, uso un jeans più trasgressivo. Una piccola raccomandazione: quando lo andate a comprare, lasciate a casa il fidanzato. Scegliere il pantalone giusto è un’impresa che può portare via anche due ore. Quindi, o con le amiche o con la mamma».

Boyfriend Jeans

Uno dei must have in denim è proprio il modello “Boyfriend” di JBrand. Garbatamente oversize, con o senza tagli, blu chiaro o scuro, deliziosamente invecchiato, è stato avvistato in compagnia delle più belle e glam di Hollywood: Eva Longoria, Paris Hilton, Katie Holmes, Angelina Jolie…  E quella Brooke Shields che, già in un famoso spot Calvin Klein degli anni Ottanta, infilava un paio di jeans mormorando ammiccante: «Non c’è niente tra me e i miei Calvin».

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