Rossella Fiamingo scherma
Blazer Silvian Heach, Body Apnoea, Collant Emilio Cavallini, Décolletées Miriade

Rossella Fiamingo: la scherma è un piano in bilico tra la perfezione e il disastro

Vulcanica e implacabile. Passionale e battagliera. La schermitrice siciliana, ha idee chiare, obiettivi precisi. E il futuro davanti a sé

Dicono che chi vive vicino a un vulcano finisce per somigliargli: si carica di energia e, a modo suo, ribolle. Rossella Fiamingo, cresciuta con affaccio sull’Etna, annuisce: anche lei ha una propensione innata all’eruzione. «Mi capita quando sono in pedana e subisco un torto: mi carico ed esplodo». Giù dalla pedana, invece, l’inquietudine del vulcano lascia spazio alla dolcezza degli sguardi e delle parole. 32 anni, catanese, schermitrice più volte campionessa mondiale, argento olimpico a Rio, è la front girl della squadra femminile di spada, la più brava a conquistare le luci della ribalta fuori dallo strapotere del fioretto. Su di lei si concentrano molte delle aspettative di medaglia per i prossimi appuntamenti della scherma: i Mondiali che Milano ospita dal 22 al 30 luglio e i Giochi di Parigi del prossimo anno. La pressione non la spaventa, anche lei tende a puntare in alto. Un passo per volta, però. «Prima Milano. Che è un super evento perché si tiene in Italia: gareggiare davanti al nostro pubblico ha sempre un sapore speciale. E poi è un Mondiale di qualificazione olimpica: ci sono in palio tanti punti. Bisognerà fare bene».

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«Sì, ma in termini sportivi è un obiettivo lontano. Qualificarsi non è scontato. Sarebbe la mia quarta volta, ci tengo moltissimo».

Quattro Olimpiadi sono un’enormità.

«Ho iniziato a sognarle nel 2008, quando Matteo Tagliariol vinse l’oro nella spada, ma ero piccola: mai avrei pensato di riuscirci davvero quattro anni dopo».

Quando ha cominciato a tirare di scherma?

«La scherma era lo sport di mio fratello e mio padre, pensando che potesse piacermi, l’ha proposto anche a me. A 6 anni mi ha portata a provare, ma ero piccola e gracilina, e il maestro, Gianni Sperlinga, disse di tornare più avanti. Quel rifiuto mi ha fatto venire la tigna: mi sono ripresentata l’anno dopo e l’ho convinto. Per i successivi 24 anni mi sono allenata con lui».

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Quanta fatica le è costato arrivare in alto?

«Tanta, ma il mio percorso l’ho avuto chiaro da subito. A ogni gara, raccoglievo una figurina. È costato qualche festa in meno con i compagni di scuola e le gite che non ho mai fatto. Però non era un sacrificio, la scherma alla fine era la cosa che mi divertiva di più. La fatica vera è stata conciliarla con il pianoforte, ho fatto 10 anni di conservatorio. Mia madre è insegnante di pianoforte. Come ho assecondato mio padre nella scherma, ho assecondato lei nella musica. E io, una volta che inizio, non riesco a lasciare il lavoro a metà. I compiti di scuola li facevo di notte. Ma il pianoforte mi ha fatto capire che la scherma era una cosa semplice da vivere con leggerezza».

Suona ancora?

«Meno. Mi sono laureata in dietistica e sto facendo un master, i birilli per aria sono troppi».

La mente, come la allena?

«Riordino i pezzi dialogando con me stessa: cerco la solitudine. La mia cura è andare sull’Etna a cercare funghi».

Ora però vive a Roma da un anno. Come fa?

«In realtà sto bene. Vivo all’Eur che è una zona tranquilla. La difficoltà maggiore è stata trovare il maestro giusto. Ora mi alleno a Tor di Quinto e tutto fila liscio».

Le aspettative su di lei sono alte. A Rio ha vinto un argento epico che nessuno ha dimenticato.

«In realtà, io quella medaglia l’ho vissuta come un oro mancato. Nella scherma, dove ti giochi anche la finale per il terzo e il quarto posto, di solito quelli felici sono il primo e il terzo. Mi sono consolata pensando che comunque stavo su un podio olimpico. Ma il rimpianto c’è stato: se non mi fossi distratta pensando di aver già vinto, forse quella medaglia sarebbe stata d’oro. E ancora mi scoccia».

Vincere fa paura?

«Il problema è la paura di perdere. Se ce l’hai, è finita. Il segreto è non pensare: la scherma è un piano in bilico tra la perfezione e il disastro, da un secondo all’altro può succedere di tutto».

Dopo Rio ha avuto anni grigi a livello personale, l’hanno accusata di pensare ad altro.

«Vero, avevo la testa altrove, ma non era come credevano tutti. Qualcuno ha cominciato a entrare abusivamente nel mio telefono e rubarmi i dati: foto, video, messaggi, mail. Alle 3 di notte si accendeva il cellulare con l’avviso che era stato richiesto un accesso. Cambiavo le password e la cosa si riproponeva. Da fuori dicevano: Rossella vuole fare l’influencer. Io invece volevo solo fare la schermitrice ma vivevo nella paura. La cosa è andata avanti tre anni, e alla fine era una persona che conoscevo. Il problema si è risolto e sono tornata quella di prima».

Lo sport agonistico è un mondo a misura di ragazza?

«Non sempre. Negli staff, difficilmente sanno parlare con le ragazze. Spesso le atlete hanno disturbi alimentari per reazione ai giudizi e agli sguardi di un allenatore. Ci sono tecnici che quando arriva l’amenorrea sono quasi contenti perché vuol dire che hai raggiunto un peso giusto, senza pensare che l’amenorrea si porta dietro l’osteoporosi e il rischio di fratture. A questo tema ho dedicato la mia tesi. Il corpo della donna è un territorio sconosciuto».

La scherma italiana però è a trazione femminile.

«Non a caso la federazione ha deciso di congelare il ranking nazionale per le atlete che vanno in maternità».

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Lei alla maternità ci pensa mai?

«Sì e no. Con Greg, (Rossella è fidanzata con il nuotatore Gregorio Paltrinieri, ndr), capita di parlare di famiglia, ma sempre al futuro. Per ora siamo focalizzati sui nostri obiettivi. Il resto arriverà dopo».

Quanto conta avere un atleta come compagno?

«È comodo avere qualcuno che ti capisce: abbiamo problemi e esigenze uguali. Ci facciamo da spalla. Gregorio è riflessivo, si mette in discussione e questa è la sua forza. Io sono più schematica. Ma alla fine parliamo la stessa lingua e condividiamo la stessa stanchezza: usciamo solo quando abbiamo tutti e due un weekend libero, cosa rarissima».

Si è trasferita a Roma per lui?

«Sì. Prima vederci era complicato. Così è più facile, anche se dall’inizio dell’anno, con le trasferte dell’uno e dell’altra, al massimo ci siamo incrociati per una settimana».

Che cosa l’ha conquistata di Gregorio?

«Il suo essere semplice. Nonostante tutti i suoi successi, resta genuino. Ed è empatico. In genere io mi fido poco delle persone, con lui invece è venuto tutto naturale. E poi è un bel ragazzo, cosa che non guasta».

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