Peppe Vessicchio, le 6 cose da sapere

Le origini

Giuseppe Vessicchio, per tutti Peppe, è nato a Napoli il 17 marzo 1956. Il racconto della sua formazione da direttore d’orchestra è l’incipit dell’autobiografia/saggio La musica fa crescere i pomodori (Rizzoli): il padre aveva scelto per lui il liceo scientifico, ma Peppe sognava il Conservatorio. «Ho iniziato in quello di Napoli da “abusivo autorizzato”: era la benevolenza del custode a consentirmi l’accesso alle classi. In cambio chiedeva l’apprezzamento per le canzoni che scriveva in segreto» racconta il maestro.

Il forfait

Quest’anno Vessicchio non ha cantanti da dirigere a Sanremo. È la sua sesta assenza. «Il Festival per me è una festa comandata. In casa mia esistono Pasqua, Ferragosto, Natale e Sanremo» scherza lui. La prima volta? «Nel ’90, con 2 pezzi in gara: La nevicata del ’56 di Mia Martini e Tu… sì di Mango. Ero terrorizzato che mi chiedessero di parlare sul palco!».

Il tormentone

«Il mio successo è stato innescato dalla frase, detta proprio sul palco dell’Ariston, “Dirige il maestro Peppe Vessicchio”: è stata subito un tormentone» osserva. Insieme ai suoi proverbiali silenzi: «È l’unico che riesce a essere simpatico a tutti senza dire una parola» sostiene Luciana Littizzetto.

La passione segreta

È quella per le piante, che è riuscito a far “cantare”. Tutto è nato per caso: «Avevo letto che le vacche del Wisconsin producevano più latte ascoltando Mozart». Così si è chiesto: con le piante succederà? «Un amico pugliese mi ha prestato la sua serra, ho fatto partire una sinfonia e in poco tempo si è creato uno spettacolo di colori e profumi. Le varietà più reattive? I pomodori».

La barba

«A casa non mi hanno mai visto senza» racconta Vessicchio. «Me la feci crescere al liceo, erano gli anni della contestazione». Da allora è il suo segno distintivo e una delle cose più amate – e citate – dai suoi fan sui social. «Un amico conserva una foto del breve periodo in cui ho portato solo i baffi: ogni tanto minaccia di renderla pubblica».

I momenti cult

«L’anno più divertente a Sanremo resta il 1996, quando ho diretto Elio e le Storie Tese per La terra dei cachi» dice il Maestro. Al secondo posto l’arrivo come “uomo misterioso”, con tanto di maschera alla Diabolik, di Luciana Littizzetto nel 2014. Al terzo l’edizione 2016: «La prima serata per caso non avevo cantanti in gara e il pubblico si domandava che fine avessi fatto: da lì è nato l’hashtag #UsciteVessicchio».

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