Roberto Bolle

A 11 anni è andato via di casa per la scuola della Scala. A 21 è diventato primo ballerino. Ora, a 31, Roberto Bolle è single. Perché una relazione richiede impegno. E il palcoscenico non ammette distrazioni

Segni particolari: giovane, carino, single. E serio. Talmente serio che per realizzare il sogno della sua vita ha faticato, e continua a faticare, come un matto. Non importa quanto è alto il prezzo da pagare. Questo mix perfetto di gentilezza e determinazione è un uomo in carne e ossa: Roberto Bolle, 31 anni, étoile del Teatro alla Scala di Milano.

Il più bello, bravo e famoso della danza, conteso dai palcoscenici di tutto il mondo. Nell’ultimo mese si è esibito a Londra per gli 80 anni della regina Elisabetta, a Napoli ne “Il lago dei cigni”, a Milano e a Pechino con lo spettacolo “Bolle & Friends”. Uno show costruito su misura per lui, in cui Roberto interpreta balletti classici e moderni insieme ai suoi colleghi preferiti.

Roberto Bolle nasce il 26 marzo 1975 a Casale Monferrato (Al). La sua non è una famiglia di artisti: il padre Luigi è un piccolo imprenditore, la madre Mariuccia fa la casalinga. Roberto ha tre fratelli: Maurizio, il suo gemello, Emanuela e Paolo. A 11 anni entra alla Scuola di ballo della Scala di Milano. A 15 viene scoperto da Rudolf Nureyev: la grande étoile russa lo vuole in “Morte a Venezia”, ma la Scuola non gli dà il permesso perché è troppo giovane. A 21 anni, appena due dopo il diploma, Roberto diventa primo ballerino della Scala.

I suoi successi

Roberto Bolle è il ballerino che il mondo ci invidia. Si è esibito nei teatri più celebri, dal Covent Garden di Londra al Bolscioi di Mosca, e ha danzato con le colleghe più brave, da Alessandra Ferri a Darcey Bussell. Il 2004 è l’anno della sua consacrazione: gli viene riconosciuto il titolo di étoile del Teatro alla Scala di Milano, si esibisce a San Pietro davanti a Giovanni Paolo II, diventa noto al grande pubblico ballando al Festival di Sanremo. Il suo segreto? Interpreta con eguale bravura ed eleganza balletti classici come “Il lago dei cigni” e coreografie moderne come quella di Torino 2006.

Ma lei non si riposa mai?

“Ora farò qualche giorno di vacanza al mare. Ma a fine luglio partirò per il Darfur, in Sudan, per la mia prima volta sul campo come ambasciatore dell’Unicef”.

E la sua prima volta con la danza?

“Andavo alle elementari. Mia madre mi aveva portato a un corso di nuoto con il mio gemello Maurizio. Ma il sabato sera guardavo sempre i varietà in televisione, e mi mettevo a fare piroette in salotto. Ho insistito così tanto che alla fine i miei mi hanno iscritto all’Accademia di ballo di Vercelli, convinti che avrei lasciato perdere”.

Invece ha continuato…

“Esatto. A quel punto mia madre mi ha accompagnato a un provino alla Scuola di ballo della Scala. Il suo motto era: se una cosa la vuoi fare, allora devi andare fino in fondo”.

Così a 11 anni si è ritrovato da solo nella grande Milano.

“Sì, e mentirei se dicessi che è stato tutto rose e fiori. Abitavo in una camera in affitto da una vecchia signora. Non vedevo l’ora che arrivasse il weekend per tornare a casa. Avevo una nostalgia fortissima, e stare lontano dal mio gemello mi faceva sentire strappato a metà”.

Ha mai pensato di mollare?

“Sì, dopo la terza media: ballavo e piangevo. Iniziavo ad allenarmi alle 8 del mattino e dalle 6 di pomeriggio frequentavo il liceo scientifico serale, quello per gli studenti lavoratori. Quando alle 11 la giornata finiva, ero esausto. Non ero affatto sicuro che sarei arrivato fino in fondo”.

Niente cinema, discoteca o partite di calcetto?

“Pur volendo, dove li avrei infilati?”.

Non ha qualche rimpianto?

“No, nessuno. Certo, ho rinunciato alla spensieratezza dell’adolescenza. Però la voglia di danzare era più forte di tutto il resto”.

Anche adesso che è un divo continua a fare delle rinunce?

“Eccome. Io sarei un tipo spericolato. Amo la velocità e gli sport estremi. Guidare la moto è da sempre un mio pallino, ma ovviamente non posso farlo perché devo ridurre al minimo il rischio di incidenti. Lo stesso vale per il deltaplano e il paracadute”.

Ha sgarrato qualche volta?

“Oh sì, ma non lo dica troppo in giro. In Dubai mi sono fatto delle fantastiche sciate sulle dune. E una volta, in montagna, mi sono buttato giù da una cascata. Adrenalina pura”.

Meglio dei batticuori amorosi?

“Anche sui sentimenti ho dovuto dare forfait, sono single da anni. In buona parte è colpa mia, perché non sono nello stato d’animo giusto per innamorarmi: sono molto concentrato sul lavoro, ho poco tempo da dedicare agli altri. L’amore è travolgente, come la danza. E io non posso permettermeli entrambi”.

Perché no?

“Quella dei ballerini è una carriera breve: in media dura fino ai 40, massimo 50 anni. E per questo bisogna riservarle tutte le proprie energie, fisiche e mentali”.

Quanto tempo dedica ogni giorno alla danza?

“La mattina un’ora e mezzo di preparazione atletica, il pomeriggio cinque o sei di prove. Spesso lavoro a più spettacoli contemporaneamente. E non posso permettermi di sbagliare, devo dimostrare sempre di essere il numero uno. Non è semplice, perché non sono una macchina”.

Tratta il suo corpo come se lo fosse.

“Be’, non fumo, non bevo, nei giorni degli spettacoli mangio solo cibi leggeri e digeribili: riso, verdura e frutta. Ma negli altri posso concedermi anche due piatti di pasta di fila!”.

E la sera sempre a letto presto?

“La sera sono spesso in scena. Quando non lo sono, mi godo la casa”.

Ha un portafortuna o un rito scaramantico prima di salire sul palco?

“Non potrei mai, sarebbe una schiavitù. E se una volta lo dimenticassi… immagina che tragedia?”.

Ha proprio messo una pietra sopra l’amore, la moto, il deltaplano, il paracadutismo?

“Sono tutti in agenda, alla voce: “Fra qualche anno””.

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