Sergio Castellitto e Caterina Chnnici durante la presentazione del film RAI "Rocco Chinnici. È così lieve il tuo bacio sulla fronte" presso la sede di viale Mazzini a Roma

Rocco Chinnici, “È così lieve il tuo bacio sulla fronte”

Il 23 gennaio su Rai Uno va in onda il film - tratto dal libro omonimo della figlia Caterina - sul magistrato ucciso dalla mafia nel 1983 

Il 19 gennaio di quest’anno il magistrato Rocco Chinnici avrebbe compiuto 93 anni.

Il 23 gennaio su Rai Uno va in onda il film tv Rocco Chinnici – È così lieve il tuo bacio sulla fronte, tratto dal libro omonimo della figlia Caterina e pubblicato da Mondadori.

Il film, diretto da Michele Soavi e prodotto da Casanova Multimedia, racconta il percorso del magistrato (interpretato da Sergio Castellitto), fino alle sue più importanti scoperte in fatto di mafia e, allo stesso tempo, il romanzo di formazione della figlia (Cristiana Dell’Anna) che dal padre impara coraggio e metodo di lavoro.

Chinnici è stato uno dei primi magistrati a capire due cose fondamentali della mafia.

La prima è che la mafia va affrontata come un’impresa economica e per colpirla bisogna seguire i soldi ed entrare nelle banche (oggi questa intuizione è più importante che mai).

La seconda è che, per non perdere il lavoro dei singoli magistrati, bisogna organizzarsi in un pool: se ne viene a mancare uno, gli altri sono al corrente di quello di cui si stava occupando e possono andare avanti nelle indagini. Il famoso pool di cui poi avrebbero fatto parte Falcone e Borsellino.

Quasi tutte le vite di quelli che hanno coraggiosamente sfidato la mafia in Italia – Peppino Impastato, don Pino Puglisi, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il poliziotto Boris Giuliano e più tardi Falcone e Borsellino, solo per dirne alcuni – si concludono allo stesso modo: una bomba, un agguato sotto casa, una scarica di colpi.

Quando si racconta di loro in un libro, in un articolo o in un film viene naturale partire da lì, dalla fine.

Anche questo film parte dalla fine per poi procedere a ritroso: dall’attentato in via Pipitone Federico. Una via in cui a Palermo è difficile trovare parcheggio. La scorta che tutte le mattine va prendere Chinnici da casa lo sa bene, ma la mattina del 29 luglio 1983 sembra una giornata fortunata: c’è un posto fra due macchine. Una è una Fiat 126. Appena Chinnici esce dal portone, la 126 esplode uccidendo lui, due uomini della scorta e il portiere del palazzo.

C’è una ragione precisa per cui viene naturale partire dalla fine, una ragione che la mafia non ha considerato in quegli anni: quegli omicidi sono stati la spinta per altri, e per la società civile, a combattere la criminalità organizzata con più determinazione.

Per Caterina Chinnici, l’esempio del padre è stato determinante per diventare, a sua volta, magistrato.

È questa, soprattutto, la storia che il film racconta: lo sguardo di una figlia che ha fatto suo lo sguardo di un padre unico, ne ha raccolto l’eredità per portarla avanti. Un po’ come l’idea del pool, ma in una famiglia.

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