papà con bebè

Congedo di paternità di 4 giorni: come funziona

Chi diventa papà nel 2018 può godere di quattro giorni di astensione dal lavoro (più un giorno facoltativo), obbligatoria e retribuita. Ma ci sono altre forme di congedo previste dalla legge. Eccole

Nel 2018 il “bonus papà” raddoppia, passando da 2 a 5 giorni (4 obbligatori più 1 facoltativo).

Il “bonus papà” è un’agevolazione che spetta ai lavoratori dipendenti, neo padri anche adottivi e affidatari. Possono usufruirne entro e non oltre il quinto mese di vita del figlio o dall’adozione/affidamento avvenuti a partire dal 1° gennaio 2018. Sono esclusi i dipendenti pubblici. L’agevolazione consiste nella possibilità di assentarsi dal lavoro pur continuando ad essere retribuito. Dal 2018 il bonus passa da 2 a 4 giorni obbligatori (più un giorno facoltativo).

Su questo fronte l’Italia resta comunque lontana anni luce da altri Paesi, fanalino di coda in Europa. 

Italia fanalino di coda in Europa

Stando a uno studio comparativo pubblicato dal sito pmi.it, sul gradino più alto del podio si piazza la Norvegia: per i neo padri c’è un congedo di 15 giorni, ai quali si aggiunge un congedo parentale (retribuito al 100 per cento) di 54 settimane, divisibili tra i genitori: 9 settimane sono riservate alla madre, 6 settimane sono destinate al padre, le restanti 39 possono essere utilizzate da entrambi. 

In Finlandia il padre ha diritto a 54 giorni di congedo retribuiti.

In Svezia, primo Stato europeo ad aver previsto il congedo papà nel 1974, ai padri vengono concessi 10 giorni a casa retribuiti all’80 per cento.

In Danimarca sono previste due settimane di congedo da utilizzare nelle prime 4 settimane di vita del bambino.

In Germania, dice ancora il report di pmi.it, non è contemplato il congedo di paternità obbligatorio, ma vi è un’ampia possibilità di congedo parentale facoltativo: 3 anni, da utilizzare entro i primi 8 anni d vita del bambino, indifferentemente da madre o padre. Il datore di lavoro non può rifiutare il permesso, che è retribuito al 67 per cento, fino a un tetto massimo di 1.800 euro mensili.

Come funziona il congedo papà obbligatorio

Il congedo obbligatorio si può fruire entro il quinto mese di vita del bambino e quindi durante il congedo obbligatorio della mamma lavoratrice o anche dopo, purché entro i 5 mesi successivi alla nascita del figlio. Il congedo facoltativo prevede invece la possibilità per il papà di fruire di 4 giorni anche consecutivi di astensione dal lavoro in funzione della scelta della mamma lavoratrice di rinunciare a 2 giorni del proprio congedo di maternità, a favore del padre, con conseguente anticipazione del termine finale del periodo post partum di astensione obbligatoria. Ciò significa che se il padre fruisce di 1 o 2 giorni di permesso facoltativo, la madre deve rientrare 1 o 2 giorni prima del termine del proprio congedo di maternità.

I due congedi paternità – obbligatorio e facoltativo – non possono essere frazionati in ore ma fruiti per l’intera giornata di lavoro. Sono inoltre retribuiti e coperti da contribuzione figurativa e possono essere utilizzati anche se la madre rinuncia al congedo di maternità.

Durante il congedo l’INPS riconosce al papà lavoratore un bonus-indennità pari al 100% della normale retribuzione giornaliera percepita. L’importo del bonus è quindi calcolato sullo stipendio percepito durante il periodo di lavoro precedente il mese durante il quale ha avuto inizio il congedo.

Come e dove si presenta la domanda

La domanda di congedo di paternità 2018 può essere inoltrata in due modalità diverse: se l’indennità è anticipata dal datore di lavoro, il “bonus papà” va richiesto in forma scritta direttamente al datore di lavoro, indicando la volontà di fruire dell’astensione dal lavoro. Tale richiesta deve essere presentata con un anticipo di almeno 15 giorni, o data presunta del parto, qualora il papà intenda usufruire dei giorni di assenza al momento della nascita del figlio.

Se invece l’indennità di congedo paternità è pagata dall’Inps la domanda deve essere presentata per via telematica all’Inps stesso (direttamente online se si possiede il PIN dispositivo INPS accedendo all’area servizi online; in alternativa chiamando il numero verde 06.164.164 da cellulare o il numero verde 803.164 da rete fissa; in alternativa tramite patronato).

Nel momento in cui la madre dovesse risultare non lavoratrice, il bonus paternità potrà essere richiesto entro il terzo mese dalla data del parto.

Hanno diritto al congedo papà anche i lavoratori in cassa integrazione e in mobilità.

Restano per ora esclusi i dipendenti della pubblica amministrazione, fino all’approvazione di una normativa ad hoc. Ai padri lavoratori di categorie professionali che hanno proprie casse previdenziali (come medici, giornalisti, avvocati e così via) conviene rivolgersi ai propri delegati sindacali, comparto per comparto.

Le altre forme di congedo di paternità

Il congedo di paternità sostitutivo

Il congedo papà obbligatorio non deve essere confuso con il congedo di paternità sostitutivo. Quando la madre non può usufruire del tradizionale congedo maternità (cinque mesi obbligatori), subentra il partner: spettano cioè al padre il diritto all’astensione dal lavoro e l’indennità economica. Succede, indipendentemente dal fatto che la madre sia o non sia una lavoratrice, nei casi in cui: la mamma perde la vita o ha una grave infermità; la mamma non riconosce o abbandona il figlio; il figlio è dato in affidamento esclusivo al papà; la mamma, se il figlio viene adottato o preso in affidamento, rinuncia in tutto o in parte al congedo.

“Il congedo di paternità – ricorda l’Inps, attraverso il sito ufficiale – decorre dalla data in cui si verifica uno degli eventi previsti dalla normativa (decesso, grave infermità….) e coincide temporalmente con il periodo di congedo di maternità non fruito dalla lavoratrice madre. In caso di madre non lavoratrice, il congedo di paternità termina al terzo mese dopo il parto”.

Il congedo parentale

C’è poi il congedo parentale, non obbligatorio. È quello che spetta facoltativamente a entrambi i genitori, sempre per accudire e crescere i figli. Può avere una durata massima di dieci mesi cumulabili tra mamma e papà (undici mesi in casi particolari) e va utilizzato (anche a ore e non solo a giorni interi) entro i primi dodici anni di vita del figlio. Comporta una riduzione dello stipendio (si percepisce il 30 per cento della paga fino al compimento del sesto anno del figlio) o la totale esclusione della retribuzione (dal sesto anno in poi, con eccezioni in presenza di gravi disabilità o di redditi bassissimi).

Al posto del congedo parentale – altra opzione, introdotta di recente – è possibile chiedere all’Inps i voucher per pagare la baby sitter o le rette dell’asilo nido.

I pagamenti: quanto, come, dove, da parte di chi?

Risponde l’Inps, sempre sulle pagine web riservate all’argomento: “Durante i periodi di congedo di paternità (o maternità), il lavoratore dipendente (o la lavoratrice) ha diritto a percepire un’indennità economica pari all’80 per cento della retribuzione giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo stipendio percepito. Di regola, per i dipendenti, l’indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro.

L’Istituto di previdenza la paga invece direttamente alle donne (e ai corrispondenti maschili) di queste categorie: lavoratrici stagionali, operaie agricole (salvo la facoltà di anticipazione dell’indennità, da parte del datore di lavoro, in favore delle operaie agricole a tempo indeterminato), lavoratrici dello spettacolo saltuarie o a termine, lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari (colf e badanti), lavoratrici disoccupate o sospese, lavoratrici assicurate ex Ipsema e dipendenti da datori di lavoro che non optano per il pagamento delle indennità con il metodo del conguaglio. Il pagamento diretto viene effettuato dall’Inps secondo la modalità scelta nella domanda presentata dagli interessati: bonifico presso un ufficio postale o accredito su conto corrente bancario o postale”. Anche gli iscritti alla gestione separata dell’Istituto e gli autonomi, pare di capire, vengono pagati dall’Inps.

Informazioni, chiarimenti e pratiche: ecco a chi rivolgersi

Per altre informazioni e chiarimenti ci si può rivolgere ai patronati dei sindacati e all’Inps, presentandosi agli sportelli territoriali o chiamando il contact center (numero 803164 gratuito da rete fissa o 06.164164 da rete mobile a pagamento) e sperando di trovare un operatore all’altezza e paziente. Istruzioni e indicazioni si trovano anche sul sito ufficiale dell’Istituto di previdenza (www.inps.it). 

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