Vale la pena investire in bitcoin?

Il valore del bitcoin, la moneta digitale, è cresciuto a dismisura in poco tempo e incuriosice anche i consumatori. In tanti si chiedono chi l'ha inventato. Qui tutto quello che c'è da sapere su cos'è, come funziona, i rischi e i vantaggi di investire

I numeri sono da capogiro: un solo bitcoin vale circa 10 mila dollari contro 1 solo dollaro di 6 anni fa. Negli ultimi 12 mesi, il suo “prezzo” si è moltiplicato di 15 volte, nelle ultime due settimane si è pressoché raddoppiato. Tanto potrebbe bastare per ingolosire chiunque, anche chi della criptovaluta non aveva mai sentito parlare o non si era mai interessato finora. Il bitcoin altro non è, infatti, che una moneta digitale, nata nel 2008 sulla scia della crisi economica mondiale, che si basa sulla crittografia e la matematica. Si può usare per fare acquisti o pagare, ad esempio, le rette delle mense scolastiche, come sta già avvenendo in Trentino Alto Adige. «Il suo impatto è dirompente: per la prima volta in ambito digitale abbiamo un bene trasferibile, ma non duplicabile, e soprattutto, non soggetto ad alcun Ente governativo o Banca centrale. Non a caso viene chiamato l’oro digitale» spiega a Donna Moderna il Ferdinando Ametrano, docente di Bitcoin e Blockchain Technology all’Università Bicocca e al Politecnico di Milano.

Perché il bitcoin viene chiamato “oro digitale”

A contribuire al successo del bitcoin, proprio come in passato è accaduto per l’oro, è il fatto che rappresenta un bene-rifugio, una sorta di “garanzia” per i propri risparmi, al riparo da inflazione o interventi di organi bancari centrali. «È un oro leggerissimo, si sposta con straordinaria velocità e facilità, in qualsiasi parte del mondo, e appartiene soltanto al suo proprietario: se un Paese dovesse andare in crisi (come è capitato in Venezuela o Grecia, NdR), il suo Governo potrebbe decidere come misura straordinaria di bloccare temporaneamente la possibilità di prelevare denaro contante ai bancomat o potrebbe arrivare a prelievi forzati dai conti correnti. Questo con bitcoin non può accadere, perché solo i possessori della moneta digitale hanno accesso al loro capitale, tramite un chiave privata, ovvero una sorta di password o pin, che è l’unico modo per poterne disporre» spiega Ametrano.

Perché sta avendo tanto successo

Negli ultimi mesi e soprattutto nelle ultime settimane si sente parlare sempre più spesso di bitcoin per una serie di motivi: «Da un lato gli enormi rialzi del suo valore hanno destato l’interesse anche del grande pubblico e non più solo degli addetti ai lavori; dall’altro c’è un’imminente scadenza: a metà dicembre farà il suo debutto nel Chigaco Mercantile Exchange (Cme), dove saranno lanciati i bitcoin futures. Si tratta, insomma, di uno sdoganamento ufficiale, di una legittimazione» spiega a Donna Moderna Federico Izzi, Analista Tecnico Finanziario – Socio S.I.A.T. e ASSOB.IT, ed esperto di criptomonete.

Avremo una moneta unica digitale?

Il bitcoin è stato creato nel 2008, nel pieno della crisi economica mondiale, per disporre di una moneta sganciata dalle decisioni governative e finanziarie. L’algoritmo che è alla base del bitcoin prevede di crearne in tutto 21 milioni: al momento ce ne sono in circolazione 16 milioni e mezzo e la quota massima di immissione si dovrebbe raggiungere nel 2140. «Oggi l’obiettivo degli sviluppatori è quello di far sì che fra 10/20 anni il bitcoin diventi la moneta digitale di riferimento e che sostituisca quelle correnti, come euro e dollaro. Un progetto ambizioso, rivoluzionario e anarchico. Siamo agli inizi di questa avventura, è presto per dire se sarà davvero così» commenta Izzi.

La diffusione del bitcoin oggi

«Ad oggi si stimano oltre 23 milioni di portafogli digitali nel mondo, di differente valore tra loro. In Italia si calcola che possano esserci circa 15mila utenti con un wallet attivo»  spiega Izzi. «Il valore complessivo mondiale è di circa 177 miliardi e mezzo di dollari. Naturalmente si possono possedere bitcoin, ma anche “frazioni” di bitcoin, anche se la maggior parte di chi ne ha acquistati ne ha meno di 1».

Chi ha inventato il bitcoin?

Ad alimentare l’alone di mistero che circonda il bitcoin c’è anche il giallo sull’inventore: si chiama, infatti, Satoshi Nakamoto, uno pseudonimo dietro il quale potrebbe nascondersi un uomo, una donna o un gruppo. Si era ipotizzato che si trattasse di Elon Musk, l’imprenditore sudafricano naturalizzato americano, fondatore di Tesla e X Space, ma la voce è stata smentita. «Di sicuro, chiunque sia, ha mostrato di credere in questa idea rivoluzionaria, senza ricercare alcun tornaconto, sfuggendo alla tentazione di farsi conoscere e magari ricevere il Premio Nobel per l’Economia, o di usare il milione di bitcoin che si stima possieda» commenta Ametrano.

Il “mito” del Bitcoin in film e serie tv

Il bitcoin affascina anche per il mito che avvolge, veicolato da serie tv e film, nei quali spesso è stato protagonista anche con un uso improprio come quello criminale, peraltro non escludibile come per il denaro tradizionale. Proprio nei giorni scorsi negli Usa è stata trasmessa una puntata del Big Bang Theory (stagione 11) dedicata interamente al bicoin e che si presume possa arrivare in Italia nel 2018.

La criptovaluta, però, è stata citata più volte in serie cult come I Simpson, Griffin e The Good Wife, molto seguita anche in Italia, dove la moneta digitale è stata l’oggetto della 13esima puntata. In Almost Human e nella popolarissima CSI, poi, i bitcoin sono stati usati in modo illecito, per pagare droga o commettere crimini.

Anche nella serie Startup, distribuita anche in italiano la scorsa estate su AmazonVideo compariva una criptovaluta, simile al bitcoin e chiamata GenCoin, prodotta con un software grazie ai proventi del riciclaggio di denaro sporco. Infine, nel film Dope (in italiano Follia e riscatto) i protagonisti sono alcuni spacciatori che si fanno pagare in bitcoin. «Questo anche perché la moneta digitale permette una sorta di anonimato, anche se limitato: non si conoscono, infatti, il nome o l’esatta generalità del suo possessore, ma questo è pur sempre identificabile da una stringa, che riconduce al suo “conto corrente” digitale o al wallet» spiega Izzi.

Il bitcoin in Italia

Se il denaro tradizionale può essere fisicamente prelevato a un bancomat, i bitcoin non prevedono questa modalità, ma esistono dei POS. «Uno, ad esempio, è presente  presso una tabaccheria a Roma, in via Veneto, mentre altri si trovano a Milano, Torino, Firenze e Pisa. Bolzano è la città con maggiore concentrazione di POS, ben 6» spiega Izzi.

Per cosa usare il bitcoin

Il bitcoin è di fatto una moneta che non solo può rappresentare un investimento o un piccolo “tesoretto”, ma può essere usata per acquisti di ogni genere: per comprare abbigliamento o telefonia, pagare la parrucchiera e il ristorante, o la retta della mensa scolastica dei figli come già accade in Trentino Alto Adige, che proprio per questo si è guadagnata il soprannoe di Bitcoin valley. Banca Sella, solo pochi giorni fa, è stata la prima a offrire la possibilità di usare questa criptovaluta per le transazioni telematiche. Attraverso gli Exchange, borse di cambio online, si possono convertire euro o dollari in bitcoin e spostarli, ma è possibile anche disporne sulla propria carta di debito, con Visa e Mastercard che hanno aderito al circuito.

Come si paga in bitcoin

«Anche in Italia, ci sono circa 200 esercizi pubblici che accettano bitcoin. I pagamenti possono avvenire sostanzialmente in due modi: o tramite una stringa, paragonabile a un codice Iban con il quale si dispone un accredito su un conto corrente, oppure attraverso il proprio Wallet Digitale, che rappresenta un portafoglio virtuale. In questo caso il negoziante mi fornisce un QR Code, io lo fotografo col mio smartphone e immediatamente avviene il trasferimento di denaro» spiega Federico Izzi.

È prudente investire in bitcoin?

«Siamo di fronte a una svolta storica: se davvero il bitcoin rappresenta l’oro digitale, allora il suo potenziale è persino sottovalutato; se invece dovessero emergere elementi critici che oggi sfuggono alle analisi, allora il suo valore è destinato ad andare a zero» spiega Ametrano. «Non credo si tratti di una bolla: certamente è un esperimento ardito, ma culturalmente fondato e tecnologicamente resistente. Finora ha dimostrato di poter reggere a qualsiasi tentativo di attacco da parte di hacker. Peraltro, se venisse violato bitcoin significherebbe anche che è stata violata la crittografia che garantisce la sicurezza dell’arsenale nucleare o quella del sistema finanziario mondiale» conclude l’esperto. 

I consigli per i consumatori

La parola d’ordine è prudenza. «Il fatto che al momento il bitcoin garantisca rendimenti così alti deve far ricordare che porta con sé rischi altrettanto alti, quindi il primo consiglio è quello di investire solo il capitale che ci si può permettere eventualmente di perdere. È un po’ come decidere di andare al casinò e puntare 100 o 200 euro: se si tratta di oro digitale, tra 5 o 6 anni quel capitale potrebbe valere milioni di dollari, altrimenti il denaro investito si sarà semplicemente perduto» spiega Ametrano. Un altro consiglio è quello di «non custodire i propri bitcoin presso un Exchange, che potrebbe fallire o essere violato, ma gestirli attraverso un proprio wallet, un sfotware a cui altri non possono accedere» dice il Professore.

L’importanza della password

«Dobbiamo cambiare ottica» spiega Federico Izzi «e pensare che non esiste più un ente centrale al quale fare riferimento. Se oggi noi perdiamo la carta d’identità o la tessera bancomat, possiamo sempre rivolgerci in Comune o in banca per  averne una nuova. Con il bitcoin non è così: per questo occorre custodire gelosamente i propri codici di accesso. Consistono in una serie di 12 o 24 parole di uso comune che consiglio di scriversi su uno o più fogli di carta, da tenere in cassaforte o in posti differenti: se si perdessero smartphone o dati del pc, si sarebbe così in grado di accedere ugualmente al proprio portafoglio digitale. È importante: basti pensare che su 16 milioni e mezzo di bitcoin emessi finora, circa 4 milioni sono andati persi proprio per questo motivo» conclude l’analista finanziario.

 

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