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Spread: cos’è e perché pesa sui nostri mutui e risparmi

Ne parlano tutti, anche se forse non è ben chiaro il suo “funzionamento”. Lo spread misura la preoccupazione degli investitori e dei mercati finanziari per ciò che sta accadendo nel nostro Paese, ma i suoi effetti vanno ben oltre gli andamenti della Borsa. La prima conseguenza per i cittadini è un aumento delle rate per i mutui a tasso variabile. La seconda è che cresce il “costo” del debito dello Stato. Il fatto che stia salendo tanto velocemente significa che c’è poca fiducia nel nostro Paese a causa della instabilità politica, che si traduce in incertezza economica e finanziaria” spiega a Donna Moderna Gabriele La Monica, responsabile della sede milanese di MF Dow Jones News.

“Aumenta il timore degli investitori rispetto alla capacità del nostro Paese di sostenere il debito pubblico. Questo ha ripercussioni anche sulle imprese e sulle banche, compromettendo una crescita già difficile in Italia e più fragile rispetto ad altri paesi europei” commenta Marcello Messori, Direttore della Scuola di Economia europea della Luiss. “Questo porta ad aumentare il divario rispetto a uno Stato che gode di un rischio ragionevolmente stabile come la Germania” aggiunge il professore di economia.

Lo spread: cos’è e come si misura

Lo spread è il differenziale, cioè la differenza tra il rendimento dei Btp (Buoni del Tesoro Poliennali) ovvero titoli di Stato italiani, e i Bund che rappresentano l’equivalente tedesco. Solitamente si intendono i titoli a 10 anni. “Misura un rialzo nei tassi di interesse, normalmente a medio e lungo termine, in un Paese rispetto a un altro. Di solito viene misurato tra l’Italia e Germania, o tra l’Italia e un Paese simile come la Spagna” spiega Messori.

I Btp sono acquistati solitamente da investitori che mirano a un rendimento costante in un lasso di tempo ben preciso, a media e lunga scadenza, per questo vengono chiamati “titoli a reddito fisso”. Il rischio, però, è rappresentato dall’instabilità del loro prezzo nel caso in cui li si veda prima della loro scadenza. Se i tassi di interesse aumentano, si riduce il loro prezzo, quindi in caso di vendita anticipata si perde una parte del loro valore rispetto al momento dell’acquisto.

Cosa fare se si hanno Btp

Se si è investito in Btp una parte dei propri risparmi, è bene prestare attenzione e non farsi prendere dal panico. “Se lo spread sale il loro valore diminuisce. Il principio è esattamente contrario a quello delle azioni: se il valore delle azioni sale, vendendole si guadagna di più. Se invece è quello delle obbligazioni – come nel caso dei Btp – che tende a cresce, anche il loro valore di pari passo tenderà a diminuire. Per questo chi ha dei Bot o altri titoli di Stato analoghi in questo momento dovrebbe tenerli, perché in caso di vendita anticipata incasserebbe meno di quanto li ha pagati. Il consiglio è quindi generalmente quello di tenerli fino a scadenza, quando il loro valore tornerebbe quello nominale, ovvero lo stesso al quale li si è acquistati” spiega La Monica.  

Gli effetti su mutui e imprese

Una delle conseguenze immediate della crescita dello spread si registra nel tasso dei mutui variabili, che sale. L’effetto è una rata mensile più pesante per chi compra casa. Si tratta di un problema serio, perché coinvolge molti cittadini, ma non esclude neppure le imprese. Queste rischiano di veder diminuire le possibilità di accesso al credito: in pratica si potrebbero veder negare finanziamenti utili invece a investimenti nei propri settori di produzione. “In una situazione di instabilità generale, si è meno propensi a investire nel medio e lungo periodo, quindi si rischia che diminuisca la domanda di finanziamento. Le stesse banche in una condizione di incertezza sono anche più restie a offrire credito. Questo compromette la crescita, già fragile, dell’Italia” spiega Messori.

A rischio anche le banche

Esiste, infine, un rischio anche per le banche stesse: “Dal momento che molti titoli di Stato sono nelle pance delle nostre banche, il loro deprezzamento implica conseguenze anche nei rapporti con le banche di altri paesi, perché esiste un meccanismo di prestito incrociato tra istituti” spiega La Monica. In pratica chi ha molti titoli di una nazione a rischio tende a non offrire più credito alle banche di quel paese. Diminuisce in generale la fiducia nei confronti di quello Stato e a risentirne è il cosiddetto credito interbancario. Gli effetti di tutto ciò, per i cittadini, si vedono nell’indice euribor.

Si tratta dell’acronimo di Euro Inter Bank Offered Rate, ovvero il tasso interbancario di offerta in euro: indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Europa tra le principali banche. In pratica rappresenta il costo del denaro e le oscillazioni del suo valore – costantemente aggiornato – influenzano la rata dei mutui a tasso variabile.

Quando scatta il livello d’allarme?

“In genere le preoccupazioni nascono quando si supera la soglia dei 200 punti, perché significa che il differenziale di rendimento tra Btp e Bund è oltre il 2%” spiega La Monica. “Al contrario, finché si rimane intorno a una valore di 100 la situazione è tranquilla”. Il picco massimo è stato raggiunto il 9 novembre 2011 durante il governo Berlusconi con 574 punti. Il minimo mai raggiunto è stato il 13 novembre 2006 con il governo Prodi: 24 punti.

 

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