tumore al seno

Il tumore al seno ora si cura senza togliere i linfonodi

Un grande oncologo, Virgilio Sacchini, porta in Italia la novità rivoluzionaria nella cura del tumore al seno già usata negli Stati Uniti. Adesso molte donne con un cancro alla mammella non dovranno più subire l'asportazione dei linfonodi. Il racconto in anteprima a Donna Moderna

Il noto oncologo Virgilio Sacchini, che dal Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, è rientrato all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano come direttore del programma di senologia, ci racconta in esclusiva le novità per il tumore al seno che sta “importando”  in Italia. 

Il linfonodo sentinella ora non sempre viene asportato

Se dalle analisi il linfonodo sentinella, cioè il primo che si trova sulla rete linfatica dal seno all’ascella, risulta aggredito dalla malattia, negli Usa non sempre viene asportato insieme agli altri linfonodi. Cosa sucecde in Italia? Da noi l’intervento di svuotamento ascellare, così si chiama, è ancora prassi comune. «Vent’anni fa la scoperta del linfonodo sentinella ha rappresentato una grande svolta», dice il dottor Sacchini. «Ma nuovi studi hanno modificato lo standard internazionale di trattamento. Tanto che il nuovo approccio è nelle linee guida del National Cancer Institute. E, a partire da metà maggio 2016, il nuovo trattamento del linfonodo sentinella è anche nei piani terapeutici dello Ieo, primo in Italia».

In pratica, se i linfonodi positivi sono meno di tre, non vengono asportatii. Perché le terapie dopo l’intervento ripuliscono dalle eventuali cellule cancerogene residue. «Questo evita alla donna l’ingrossamento del braccio, il cosiddetto linfedema, e problemi come la diminuzione della sensibilità e limitazioni del movimento al braccio operato» dice l’esperto.

Un nuovo test (la biopsia liquida) per scoprire il Dna tumorale

A breve parte uno studio clinico per valutare il Dna del tumore nel sangue. Anche questo test viene già eseguito negli Stati Uniti. «Sappiamo che il tumore lascia delle tracce della sua presenza nel sangue» continua il dottor Sacchini. «Sono briciole di Dna: dosandole, seguiamo man mano la reazione del tumore durante il trattamento. E, grazie a farmaci sempre più mirati, possiamo bloccarne le eventuali mutazioni, con l’obiettivo di distruggere il cancro».

Presto l’ambulatorio di medicina integrata

A macchia di leopardo, anche in Italia stanno nascendo ambulatori di oncologia integrata dove medici esperti nelle varie medicine complementari come agopuntura, fitoterapia e omeopatia lavorano a fianco degli oncologi per alleviare gli effetti negativi delle cure antitumorali e migliorare la qualità della vita dei malati. «Ogni ospedale dovrebbe avere uno spazio dedicato», conclude il dottro Sacchini. «Allo Ieo manca, ma il progetto ha già preso il via. L’obiettivo è di importare il modello americano, con un’équipe di medici preparati nella materia e cartelle cliniche condivise con gli oncologi».

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