Inquinamento, come proteggere il cervello dei bambini

Lo smog contribuisce a peggiorare il rendimento scolastico dei bambini. Ma anche detersivi e prodotti per la pulizia domestica sono inquinanti. Ecco come proteggersi

L’inquinamento prodotto dal traffico contribuisce a rallentare l’attività cerebrale dei bambini, riduce la concentrazione e la capacità di affrontare situazioni di problem solving. Insomma, “fa male al cervello” degli alunni, che in classe si ritrovano a fare più fatica.

L’allarme arriva dagli esperti europei e italiani, che confermano gli effetti dannosi dello smog sui più piccoli, non solo a livello respiratorio: “Già in fase fetale, durante la gravidanza, possono esserci interferenze endocrine dovute all’esposizione a sostanze inquinanti, che influiscono sul sistema ormonale della madre, dunque sulla tiroide, con conseguenze sullo sviluppo del cervello del bambino” spiega a Donna Moderna il dottor Giacomo Toffol, coordinatore dell’Associazione culturale pediatri, che ha curato il manuale Inquinamento e salute del bambino (Il Pensiero Scientifico Editore).

Si tratta di studi ancora in via di sviluppo, ma la preoccupazione dei pediatri e degli esperti del settore è generalizzata: “Circa un terzo delle malattie è correlato all’esposizione ad ambienti inquinati: occorre fare qualcosa” aggiunge Toffol.

“L’inquinamento da traffico è causa soprattutto di problemi respiratori e tra questi stiamo assistendo a un costante incremento di forme di asma e riniti allergiche. Oltre allo smog, però, bisogna tener presente che esiste anche un inquinamento indoor, all’interno di casa, scuola e ufficio” spiega a Donna Moderna il prof. Agostino Messineo, specialista in Igiene e Medicina del Lavoro, Docente a contratto presso l’Università La Sapienza di Roma e autore del libro Inquinamento Indoor (EPC Ed.).

Lo smog fa male al cervello dei bambini

Secondo gli studiosi del Centre for Research in Environmental Epidemiology di Barcellona l’inquinamento da traffico ha influenze negative sull’attività cerebrale degli alunni. In uno studio, pubblicato sulla rivista Epidemiology, i ricercatori hanno preso in esame un campione di 2.600 bambini tra i 7 e i 10 anni, mostrando come i fumi nocivi emessi da auto e mezzi di trasporto riducano la capacità di concentrazione e di soluzione di problemi in classe, con picchi negativi in concomitanza con il peggioramento della qualità dell’aria. L’aria inquinata contiene infatti elementi “neurotossici” che possono influenzare le prestazioni cognitive in età scolastica, peggiorandole.

“Se i problemi respiratori sono noti, soprattutto in termini di allergie in forte crescita nei bambini, le possibili interferenze endocrine sono al centro di numerosi studi. Ad esempio, si sta indagando se la comparsa del diabete, anticipata o accelerata, possa essere correlata proprio all’esposizione a inquinanti. D’altro canto la stessa asma infantile può influire negativamente sullo sviluppo psicologico del bambino che ne è affetto, rallentando il processo di apprendimento scolastico e le relazioni con i coetanei” aggiunge Messineo.

Altri studi condotti in scuole del nord Europa, in particolare in Danimarca, hanno evidenziato che una qualità dell’aria e delle condizioni microclimatiche non ottimali possono influenzare negativamente la performance del lavoro scolastico degli studenti, come evidenziato anche nelle “Linee di indirizzo per la prevenzione nelle scuole dei fattori di rischio indoor per allergie ed asma” del 2010, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

L’allarme dei pediatri sui bambini

“I dati sono allarmanti: l’asma bronchiale, assieme all’obesità, è tra le malattie croniche più frequenti tra i bambini e, nonostante i miglioramenti terapeutici avvenuti negli ultimi anni, costituisce una importante causa di ospedalizzazione. Lo studio Sidria-2 evidenzia un aumento della rinite allergica e dell’eczema nei bambini di età compresa tra i 6 e 7 anni e negli adolescenti tra i 13 e 14 anni” spiega ancora Messineo.

L’Associazione culturale pediatri ha confermato le preoccupazioni, soprattutto per quanto riguarda la salute della popolazione più giovane. Oltre alle interferenze endocrine durante la gravidanza, anche una volta nati i bambini risultano i più esposti: a parità di peso mangiano cinque volte, bevono quattro volte e respirano due volte più di un adulto. Per questo, secondo il gruppo di pediatri, i livelli massimi di inquinanti dovrebbero essere stabiliti in base agli effetti negativi sui più piccoli. “I danni da smog sono ormai chiari, non basta più però lanciare allarmi, occorre agire” aggiunge Toffol.

Il traffico causa di asma e rinite allergica

Il rapporto del 2016 dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) calcola come il 23 per cento delle malattie sia più o meno direttamente legato alla qualità dell’ambiente. Nei bambini questo dato aumenta fino al 26 per cento. All’asma va poi aggiunta la rinite allergica che, secondo indagini recenti, in Italia interessa fino al 35,2 per cento di bambini in età pediatrica, con un incremento del 5 per cento negli ultimi 5 anni (Galassi et ali. 1994-2002). “Nello studio ECRHS (Verlato, 2003) è stato osservato un netto incremento della frequenza di rinite allergica anche tra i giovani adulti italiani (dal 15,4 per cento al 18,3 per cento). Se il trend si manterrà costante si prevede che nel 2020 la metà dei bambini (50 per cento) avrà la rinite allergica” dice Messineo.

Cosa fare per limitare gli effetti dello smog

“In Italia, la pianura padana rappresenta l’area più critica ed è una delle zone più inquinate a livello europeo. Occorre agire sulle politiche dei trasporti, ma non solo: bisognerebbe creare spazi a traffico limitato o bloccato vicino alle scuole, imporre aree a “km30“, riducendo la velocità dei mezzi e con essa anche le emissioni. Si dovrebbero realizzare parcheggi dove lasciare l’auto per permettere di raggiungere le scuole a piedi o in bicicletta, perché non bisogna dimenticare che all’interno dell’abitacolo delle vetture c’è più inquinamento che fuori” spiega Toffol. Tenere i figli chiusi in auto non diminuisce l’esposizione agli inquinanti, al contrario: il fumo stesso della vettura entra in parte all’interno. Sarebbe preferibile seguire a piedi percorsi meno trafficati, scegliendo zone e orari nei quali l’inquinamento è minore”.
Ma il problema non riguarda soltanto il traffico delle città: anche le case e le scuole possono nascondere insidie.

Se l’inquinamento arriva a scuola

Si calcola che l’uomo trascorra l’80-90 per cento del proprio tempo in spazi confinati, con un aumento di segnalazioni di disturbi legati proprio alla qualità dell’aria. Il problema riguarda anche i più giovani: in Italia i ragazzi trascorrono negli edifici scolastici da 4 a 8 ore al giorno, per almeno 10 anni. Secondo diversi studi americani proprio l’inquinamento in classe è legato all’aumento e all’aggravamento delle malattie respiratorie nell’infanzia. Per questo alcune organizzazioni americane, tra le quali l’Environmental Protection Agency (EPA) ed i Centers for disease control and prevention (CDC) hanno promosso progetti per migliorare la qualità dell’aria in classe.
“Tra le fonti di inquinamento ci sono, infatti, stampanti, fax e fotocopiatrici, che possono determinare esposizioni a ozono; le scrivanie in truciolato, invece, possono contenere resine a base di formaldeide, che è un inquinante nocivo. Anche il legno di alcuni pavimenti o mobili è trattato con sostanze anti-tarme. A ciò si aggiungano i prodotti per la pulizia, realizzati spesso con sostanze tossiche o nocive. Insieme alla semplice presenza di muffe e umidità, questi inquinanti favoriscono l’insorgere di patologie asmatiche” spiega Messineo.

Nel documento sulle Linee di indirizzo per la prevenzione nelle scuole dei fattori di rischio indoor per allergie ed asma della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si legge inoltre che “Dallo Studio pilota HESE-Health Effect of School Environment, promosso e finanziato dalla DGSANCO della Commissione Europea, che ha coinvolto 5 paesi europei, compresa l’Italia, su un campione di 21 scuole elementari, è emerso che nell’aria interna delle scuole le concentrazioni, sia di PM 10 sia di CO 2, sono generalmente più elevate che nell’aria esterna, con evidenti conseguenze sulla salute dei bambini e dei ragazzi. I risultati dello studio confermano che il diritto dei bambini, sancito dall’OMS nel 2000, di respirare aria pulita nella scuola non è stato ancora pienamente riconosciuto” .

L’inquinamento in casa

Le insidie per i bambini nascono anche in casa, proprio a causa dei materiali con cui è costruita (nel sottosuolo, ad esempio, se vi è presenza di radon, un gas cancerogeno) o che vi possono essere contenuti (i mobili) o, ancora, per la presenza di suppellettili o oggetti che possono essere fonte di inquinamento (tendaggi, stoffe, ecc). “Il semplice fatto di vivere in città con livelli di inquinanti elevati fa sì che questi entrino in casa, dove si depositano insieme alla polvere: da qui l’invito ad arieggiare la casa, insieme a quello di evitare il fumo da sigaretta. Anche su questo fronte non si è ancora fatto abbastanza: il 13 per cento dei genitori continua a fumare in casa, dove le sostanze inquinanti rilasciate dalle sigarette finiscono con l’impregnare pareti e vestiti. In presenza di bambini questo può risultare estremamente dannoso” spiega Toffol.

Come ridurre l’inquinamento in casa

Se per ridurre il traffico e l’inquinamento nelle scuole occorrono interventi dall’alto, ecco alcuni consigli per ridurre i rischi all’interno delle mura domestiche.

1) “Areare la casa” è il primo suggerimento del prof. Messineo;
2) “Fare attenzione alle stoffe: consiglio di eliminare i tendaggi il più possibile, perché sono fonte di inquinamento. Quanto alla moquette è ammissibile solo se viene pulita spesso e bonificata con cura”;
3) “Attenzione ai prodotti per la pulizia: leggere bene le etichette. Se ci sono simboli come il teschio, il cuore che scoppia o il punto esclamativo significa che sono contenute sostanze nocive o tossiche. Oltre al rischio che un bambino ne possa venire in contatto involontariamente, il loro stesso uso fa sì che se ne liberi una quantità in atmosfera”;
4) “Controllare e bonificare gli impianti di condizionamento, in particolare i filtri;
5) Attenzione alla qualità di alcuni elementi di arredo, dalle suppellettili al parquet alle porte di legno, che possono essere trattati con antiparassitari per non essere erosi dalle tarme”;
6) “Evitare stufe a carbone, che rilasciano monossido di carbonio”;
7) “Non fumare: il fumo di sigarette contiene centinaia di inquinanti, tra i quali benzene e idrocarburi aromatici policiclici. Ciò riguarda anche il cosiddetto fumo di terza mano, ovvero quello che rimane impregnato nelle pareti, nelle tende e negli abiti;”
8) “Un piccolo aiuto può infine derivare dalla presenza di alcune piante, anche in un appartamento. È il caso, ad esempio, della dracena“, conosciuta anche come Tronchetto della felicità, che ha la capacità di purificare l’aria. Oltre ad assorbire l’anidride carbonica e rilasciare ossigeno tramite la fotosintesi clorofilliana, infatti, secondo alcuni studiosi riesce a neutralizzare le sostanze organiche volatili (VOC), spesso presenti nelle case, grazie a enzimi chiamati metilotrofi.

I costi dell’inquinamento

Oltre agli effetti in termini di salute, esistono anche costi legati proprio alla cura delle malattie causate dall’inquinamento. Secondo uno studio ISAYA, l’11 per cento degli adulti ed il 19 per cento dei bambini asmatici subisce almeno un ricovero per asma, mentre le visite di urgenza sono rispettivamente il 19 per cento ed il 31 per cento. Il costo medio annuo per l’immunoterapia specifica per paziente, identificata dall’OMS quale “terapia in grado di modificare il decorso clinico della malattia” (Word Healt Organization, Position Paper 1998), si attesta intorno ai 1.000 euro annui per una durata di almeno 5 anni di trattamento.

A questi si aggiungono i costi in termini di perdita di tempo e giornate lavorative da parte dei genitori, per seguire i figli ammalati.

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