Scontrini arrotondati dopo lo stop alle monete da 1 e 2 centesimi?

La nuova legge che prevede gli arrotondamenti sembra essere rimasta sulla carta, come ci segnalate anche voi su Facebook. I negozi non arrotondano e se lo fanno, lo fanno a loro vantaggio

La norma che prevede l’arrotondamento dello scontrino della spesa ai 5 centesimi (es. da 10,13 a 10,15 euro) – legato alla sospensione del conio delle monete da 1 e 2 centesimi – ha resistito agli attacchi e ai tentativi di boicottaggio e alla fine è stata approvata. È entrata in vigore a inizio 2018.

La Zecca ha smesso di coniare “ramini”. Ma nella realtà le cose stanno andando diversamente. Basta fare un giro per negozi lasciando a casa bancomat e carta di credito. Tra Como e Lecco, ad esempio, le nuove disposizioni sui pagamenti cash non vengono tenute in alcun conto in sei negozi sui sei, dove siamo stati per una veloce ricognizione sul campo: il supermercato di una storica catena all’interno di un centro commerciale, due grandi magazzini, un discount con un marchio italiano, un emporio cinese di casalinghi e prodotti per l’igiene, uno spaccio di alimentari e cibi etnici. Nessun arrotondamento. Zero. Le somme totali non vengono “rettificate”.

Cosa succede nelle vostre città

Stando alle segnalazioni delle lettrici, che abbiao raccolto su Facebook, Bologna e Modena sono le città in cui supermercati e negozi si sono più adeguati alla nuova normativa. A Genova, Palermo, Teramo, Como, Formia, Cesena, Castrovillari e Spoleto tutto va avanti come prima. A Napoli c’è un misto di situazioni. Ovunque, tra le catene, si fa notare Esselunga. Le clienti che pagano in contanti alla cassa si vede arrotondare lo scontrino e sempre per difetto (da 20,79 euro a 20,55 e non a 21,00, come previsto delle nuove norme). Ma succede dal 2002, da quando l’euro ha sostituto la lira, per una scelta a monte della catena.

Le spiegazioni date alle casse

Alcuni dei cassieri interpellati da noi in Brianza, a proposito di resti e arrotondamenti che non ci sono, rispondono: “A Roma avevano cambiato idea e fatto marcia indietro: la legge non è più passata”. Altri osservano: “Applicare le nuove regole causerebbe solo complicazioni”. E non serve spiegare, non a loro, che le disposizioni in materia non sono acqua fresca, ma sono state votate dal Parlamento (all’interno della manovra finanzia bis del 2017) e pubblicate sulla Gazzetta ufficiale. “Ho letto su internet degli arrotondamenti – risponde un’addetta incontrata durante il tour esplorativo – ma qui i capi non ne parlano, non con noi”. “Non abbiamo avuto alcuna istruzione in merito – confermano due colleghi – non è cambiato niente, conio o non conio”.

Parla il deputato che si è inventato gli arrotondamenti

Possibile? Sergio Boccadutri, il deputato che si è inventato il sistema degli arrotondamenti e li ha fatti approvare, sbotta, dall’estero: “No, non sono andato in giro a verificare se negozi e uffici pubblici si siano messi in regola. Per me è scontato. Devono farlo. La legge è in vigore dal primo gennaio, non prevede eccezioni né deroghe. E non è necessaria l’emanazione di decreti attuativi. Sta tutto nel testo degli articoli sul tema”. Ma per quale motivo non scattano gli arrotondamenti, posto che i pezzi da 1 e 2 centesimi possono continuare a passare di mano?

Le obiezioni e le resistenze dei commercianti

Secondo fonti interne di un’associazione di settore, milanese, “tra i commercianti la direttiva sugli arrotondamenti desta perplessità e resistenze motivate, relative alla compatibilità con altri leggi esistenti. C’è una normativa europea, ad esempio, che dice che gli arrotondamenti possono essere fatti, ma su base volontaria e non obbligatoriamente. Seconda obiezione: se si espone un prezzo sugli scaffali, e alla cassa se ne applica un altro, si viola il codice del consumo. Terza: non si può creare una discriminazione tra chi paga in contanti (e ha lo scontrino arrotondato) e chi paga con carte di credito (senza arrotondamenti). Le decisione sull’applicazione o meno degli aggiustamenti, dunque, è lasciata alla valutazione delle catene o dei singoli operatori. Alcuni si sono adeguati, altri no, altri ancora stanno decidendo il da farsi”.

Un fattore, dicono altre voci dal mondo del commercio, condiziona le scelte: “Nella legge non sono previste sanzioni specifiche e per questo in molti non si stanno adeguando. Le multe esistono, semmai, per le possibili implicazioni contabili e fiscali delle somme incassate in più o i meno. Ma la materia è complessa e tutta da approfondire”.

Che cosa dice la norma?

“A decorrere dal 1° gennaio 2018 è sospeso il conio da parte dell’Italia di monete metalliche in euro di valore unitario pari a 1 centesimo e a 2 centesimi di euro. Il risparmio   derivante dall’attuazione del presente comma è destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Durante il periodo di sospensione – ecco il passaggio che più interessa i consumatori – quando un importo in euro costituisce un autonomo importo monetario complessivo da pagare e il pagamento è effettuato integralmente in contanti, tale importo è arrotondato, a tutti gli effetti, per eccesso o per difetto, al multiplo di cinque centesimi più vicino”.

Le precisazioni del ministero dell’Economia e delle finanze

Dal ministero dell’Economia e delle finanze arrivano precisazioni di ordine generale: “Le monetine da 1 e 2 centesimi in Italia non sono più in produzione dal primo gennaio 2018. Questo non significa che non possono continuare a circolare. Chi le ha in tasca può tranquillamente usarle per pagare e i negozi non possono non accettarle. Nessun Paese europeo può decidere autonomamente di sospendere la circolazione di pezzi di euro, la moneta unica”.

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