Perché gli italiani non smettono di fumare

I danni alla salute sono dimostrati. Eppure i tabagisti restano 11 milioni. E continuano a non considerare la sigaretta per ciò che è: un’emergenza sociale

Sappiamo bene che accendere una sigaretta equivale a respirare sostanze cancerogene di ogni tipo, eppure non siamo proprio capaci di smettere. Secondo un’indagine Doxa, il numero dei tabagisti italiani non riesce a calare sotto gli 11 milioni. E, dato preoccupante, aumentano le fumatrici: dai 4,6 milioni del 2016 sono salite a 5,7 milioni, con gli uomini a quota 6 milioni. L’allarme riguarda anche l’età: oggi fuma il 12% degli adolescenti secondo l’Ossfad, Osservatorio fumo, alcol e droga dell’Istituto superiore di sanità. E la prima sigaretta si accende sempre prima, ormai a 12 anni. Eppure che le “bionde” causino cancro, malattie cardiache, ictus è un fatto ben noto: in Italia i decessi a causa del taba- gismo sono 80.000, l’equivalente degli abitati di una città. Allora perché, contro ogni buon senso, non rinunciamo a questo vizio?

Nonostante i 6 milioni di morti ogni anno nel mondo

Il fumo fa più vittime di Aids, alcol, droghe e incidenti stradali messi insieme, denuncia l’Organizzazione mondiale della sanità. Ogni 6 secondi una persona muore a causa del tabagismo, che nel nostro Paese è la prima causa di decesso. «Numeri tremendi, eppure la sigaretta la accendiamo lo stesso. Il motivo? Il fumo è una dipendenza e, come tale, altera la percezione della realtà» spiega Renato Cutrera, presidente nazionale della Simri (Società di malattie respiratorie infantili). «In pratica il nostro cervello, pur essendo consapevole dei danni, non assimila l’informazione e così mette in atto il meccanismo psicologico della rimozione. Ci illudiamo che il fumo faccia male agli altri e non a noi. Troviamo ogni volta una scusa per assecondare il vizio, ripetiamo la storia di quel conoscente vissuto fino a 90 anni fumando 2 pacchetti al giorno… La sigaretta è come un partner sbagliato: anche se ci rovina la vita, continuiamo a cercarlo».

Nonostante i divieti diventino sempre più severi

«La legge Sirchia, che nel 2003 che ha abolito le sigarette nei luoghi pubblici chiusi, è tra le norme più rispettate nel nostro Paese» sostiene Cutrera. «A quella si è poi aggiunto un ulteriore giro di vite nel 2016: vietato fumare all’esterno degli ospedali e perfino in auto se ci sono minori e donne incinte». E, sull’esempio di Bibione, aumentano le spiagge “no smoking”: quest’estate è vietato accendersi una sigaretta sotto l’ombrellone in molti lidi italiani, pena una multa di 300 euro. Ma nemmeno la ghettizzazione sembra funzionare contro quella che l’Oms riconosce a tutti gli effetti come una forma di dipendenza: «Basta 1 milligrammo di nicotina al giorno a dare assuefazione fisica, ma è quella psicologica la più difficile da superare. Perché la “boccata” è vissuta come un piacere, un momento di relax, uno scarico a terra di tutte le tensioni» osserva Renato Cutrera della Simri. «I sintomi fisici di astinenza da fumo sono lievi, paragonabili a una leggera sensazione di vuoto e risolvibili in un paio di settimane. Molto più complicato è liberarsi dal desiderio mentale, che è poi quello che impedisce davvero di smettere di fumare o di ricadere nel vizio».

Nonostante le foto shock dei pacchetti

Un polmone annerito, un malato terminale, un feto morto. Accompagnati da frasi come “Il fumo uccide. Smetti subito”, “Il fumo causa cecità”, “Il fumo del tabacco contiene oltre 70 sostanze cancerogene”. Chi non ne è mai rimasto turbato? «Oggi, per legge, le immagini delle vittime e le frasi sui danni causati dalle sigarette occupano il 65% del pacchetto» spiega Giacomo Mangiaracina, presidente dell’Agenzia nazionale per la prevenzione e direttore della rivista Tabaccologia. «L’obiettivo è rendere il fumo poco attraente». Togliergli quel fascino cool che nel corso degli anni ha acquistato grazie ai divi del cinema e del rock. Ma più le sigarette vengono vietate e demonizzate, più aumenta il piacere della trasgressione. Che attira i ragazzi fin da giovanissimi. «Fumare per la prima volta con gli amici, di nascosto dai genitori, può rientrare nel percorso di crescita di un adolescente» ammette Mangiaracina. «Il problema è che, senza la consapevolezza dei danni, i nostri figli diventano tabagisti già a 15 anni. Ecco perché servono serie, e mirate, campagne di sensibilizzazione, che da noi ancora mancano».

Nonostante i continui rincari

In Italia, negli ultimi 10 anni, il prezzo di un pacchetto è passato da 4,20 fino a 5,40 euro. Non solo: dal 2016 sono stati aboliti quelli da 10 sigarette. «Erano i più comprati dai giovani, sia perché costavano la metà, sia perché davano l’illusione di non essere tabacco-dipendenti» commenta Giacomo Mangiaracina, presidente dell’Agenzia nazionale per la prevenzione. «I ragazzi sono il target preferito dalle multinazionali del tabacco, le uniche aziende che uccidono consapevolmente quelli che acquistano i loro prodotti. Lo fanno perché hanno interesse a rimpiazzarli con nuovi clienti, meglio se giovani. Il motivo? La fidelizzazione: prima iniziano, più a lungo consumano» spiega l’esperto. Ma se l’aumento del prezzo è un deterrente all’acquisto, in Italia le sigarette costano ancora troppo poco: in media 5 euro a pacchetto, contro i 13 della Norvegia, gli 11 del Regno Unito, i 7 della Francia (che però punta ad arrivare presto a 10). «In Nuova Zelanda, grazie al progetto della comunità scientifica contro il fumo Tobacco Endgame, un pacchetto costa 18 euro» aggiunge Mangiaracina. «Non alzare il costo per timore che proliferi il contrabbando è una facile scusa: aumentando la tassazione sul tabacco, lo Stato avrebbe i fondi per potenziare i controlli».

Nonostante l’allarme cancro nelle donne

«Il tumore al polmone uccide più donne di quello alla mammella. Secondo uno studio dell’Istituto Mario Negri di Milano, i decessi per cancro al seno dal 2009 a oggi sono diminuiti del 7% grazie a screening e diagnosi precoci, mentre quelli per cancro polmonare sono aumentati della stessa percentuale» dice Mangiaracina, promotore della campagna di sensibilizzazione Polmone rosa. «I polmoni femminili sono più piccoli rispetto ai maschili, perciò subiscono in maggior misura i danni del fumo. Ma non si fa prevenzione “al femminile”: le donne non sono consapevoli del fatto che corrono un maggior rischio di ammalarsi». Anzi, si lasciano suggestionare da falsi miti. Uno su tutti: fumare fa dimagrire. «Soprattutto tra le più giovani» conferma Mangiaracina «è diffusa l’idea che accendendo una sigaretta si riesca a tenere a bada la fame nervosa, la voglia improvvisa di mangiare». Una convinzione che alimenta la dipendenza psicologica e, oltre che spingere a iniziare a fumare, rende difficile smettere.

Un film per i teenager

Si intitola The Answer – La risposta sei tu ed è un film realizzato per sensibilizzare i giovani sul fumo, illustrando i danni che provoca alla salute all’ambiente. Diretto da Ludovico Fremont (il Walter della fiction I Cesaroni) e realizzato dalla Fondazione Il Sangue di Milano, si può scaricare gratis, senza registrarsi, dal sito www.prevenzione. info. Le scuole della Lombardia lo hanno adottato per educare i propri studenti contro il tabagismo.

Il pediatra che “cura” i genitori

Un bambino su 5 cresce con un genitore tabagista, fattore che alza del 30% la possibilità che da grande lo diventi anche lui. Ma a volte neppure la consapevolezza di essere un modello negativo per i propri figli, e di danneggiarli con il fumo passivo, riesce a convincere madri e padri fumatori a smettere. Perciò la Fimp (Federazione italiana medici pediatri), con la Simri (Società malattie respiratorie infantili) e l’Aipo (Associazione italiana pneumologi ospedalieri), ha dato il via al progetto “Il pediatra come facilitatore di smoking cessation”. Tramite una serie di colloqui e incontri mirati, offre a madri e padri il supporto per liberarsi dal vizio. E iniziare a dare il buon esempio ai figli.

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