Infermiera stetoscopio dice no alla violenza

Più sostegno in ospedale alle donne maltrattate

A fine gennaio sono entrate in vigore le linee guida nazionali per aiutare le donne vittime di violenza fin dal loro arrivo al Pronto soccorso. Ecco quali sono le norme che dettano ai medici e agli infermieri le procedure da seguire per fornire un’assistenza adeguata

A fine gennaio sono entrate in vigore le linee guida nazionali per aiutare le donne vittime di violenza fin dal loro arrivo al Pronto soccorso. Le norme dettano ai medici e agli infermieri delle Asl e degli ospedali le procedure da seguire per fornire un’assistenza adeguata. «Si tratta di un percorso chiaro e veloce per sostenere le vittime dall’ingresso in ospedale fino all’eventuale accoglienza in una casa protetta» spiega la presidente della Casa delle donne maltrattate di Milano Manuela Ulivi, che ha partecipato alla stesura del documento. «In alcune realtà, come a Milano o in molti ospedali della Toscana, vengono già adottate misure simili. Le altre strutture hanno un anno per adeguarsi e formare il proprio personale, ma potranno comunque adottare alcuni provvedimenti, come l’inserimento di materiale informativo nei Pronto soccorso per contattare i centri antiviolenza, i Cav, da subito. Il percorso completo funziona così.

Al Pronto soccorso

Se la donna denuncia di avere subito violenza o anche solo se l’infermiere ha dei sospetti, il personale deve attribuirle il codice giallo, in modo da ridurre l’attesa e il rischio di ripensamenti. La vittima dovrà essere portata in un’area riservata e l’eventuale accompagnatore deve essere allontanato e potrà raggiungerla solo su richiesta della donna. È una misura che serve a garantire la sicurezza della vittima perché spesso l’uomo che è con lei è l’autore della violenza. I figli minori, invece, restano accanto alla donna.

La visita medica

Il medico deve documentare nel referto i segni di violenza e lo stato emotivo della donna, a supporto di un’eventuale denuncia. La vittima va informata sulla possibilità di rivolgersi a una casa protetta insieme ai figli e, nel caso emerga un rischio per la sua sicurezza, si può contattare subito la struttura. Se non è possibile attivare la rete di protezione, la donna può restare in ospedale fino a 72 ore.

Cosa può fare la vittima

Può chiedere di essere ascoltata in un luogo riservato e che i segni dell’aggressione vengano fotografati. Può inoltre richiedere dove si trova il centro antiviolenza più vicino e consultare un suo esperto prima di sporgere un’eventuale denuncia.

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