Maria Arena è un Tenente di vascello della Marina Militare. Comanda un'imbarcazione con 76 persone a bordo e lei è l'unica donna. Un lavoro pieno di sfide ed emozioni, come i salvataggi di migranti nello Stretto di Sicilia

Tra il sangue che scorre nelle mie vene e il mare non esiste differenza, non potrei vivere senza l’uno o senza l’altro. Sono nata a Messina 31 anni fa e l’acqua è sempre stata l’elemento della famiglia: mio padre in marina mercantile, mio fratello comandante di navi da crociera.

Oggi sono Tenente di Vascello e dal primo ottobre del 2015 sono al comando della corvetta Driade (siamo in 76 e io sono l’unica donna a bordo) che opera nello Stretto di Sicilia svolgendo la missione di Vigilanza Pesca, uno dei compiti che la Marina Militare assicura per garantire il libero esercizio dell’attività di pesca da parte dei pescherecci nazionali in acque internazionali. Svolgiamo inoltre attività di formazione: Nave Driade è anche scuola di comando navale per l’abilitazione all’assunzione del primo comando navale dei Tenenti di Vascello. I giorni in mare sono intensissimi, non puoi mai lasciare andare la tensione, può accadere un imprevisto in ogni momento: la nostra non è una crociera, vorrei che questo risultasse chiaro a tutti, e il mare può stupirti in ogni momento nel bene e nel male.

Ogni mare ha un suo significato. Come la terra, ha le sue leggi, la sua bellezza e i suoi pericoli. Bellezza e pericoli legati alla natura, certo, ma non solo. Questo mare abbracciato tra Italia e Tunisia è una via di fuga per chi cerca salvezza. Il nostro compito, oltre a svolgere le attività specifiche della corvetta, è anche questo, il controllo del flusso migratorio: aiutare chi dispera. Impossibile dimenticare lo sguardo di una mamma con in braccio il suo bambino che vede in te la risposta a tutte le sue preghiere. Non puoi descriverlo in nessun modo. Puoi solo sperare che il tuo lavoro serva, che servano le tue parole. Puoi solo continuare sempre a fare il tuo dovere e la Marina Militare lo fa ogni giorno.

Quando avevo diciassette anni e frequentavo l’ultimo anno del liceo scientifico ho deciso di provare a entrare all’Accademia Navale di Livorno. Ne ho parlato con i miei genitori. Mia madre ha sempre atteso che le persone amate tornassero a terra. Mio padre, uomo di poche parole, mi ha guardato con fierezza.

Ho passato i pomeriggi di quell’anno tra le versioni di latino, la filosofia, l’analisi matematica e le materie per il concorso. I posti non erano molti ma io guardavo quel mare che cominciava ad avere sfumature nuove e mi dicevo Maria tu prova comunque.

Ce l’ho fatta. A 18 anni sono partita per Livorno e tutto è cambiato. Eravamo in 160, 130 uomini e 30 donne. La disciplina, il senso delle regole, la serietà dei corsi universitari, la grande famiglia della Marina Militare: è bastato poco per capire che la mia scelta era stata quella giusta.

Il ricordo dell’Accademia di Marina Militare è tra i miei tesori più preziosi. Sembrava di vivere in un college, c’era tanto da studiare, da imparare, ma erano molti i momenti in cui il grande patto umano tra di noi trovava basi che sapevamo non sarebbero crollate mai più. Ancora oggi è un grande punto di riferimento, tutto quello che ho imparato lì è rimasto e continua a farmi crescere.

A terra, ogni volta che torno, mi aspetta la mia famiglia, il mio fidanzato e i miei amici. Ho i miei progetti. Un matrimonio, figli. Ho le mie passioni. Adoro correre. Leggere. E la musica, amo molto le canzoni di Marco Mengoni.

Ho la mia vita, la mia fedeltà assoluta. Un mare che coloravo di celeste, da bambina. Un mare che oggi ha tre sfumature. Un mare verde, bianco e rosso.

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