Lavorare su turni e di domenica fa male?

Infermiere, hostess e cameriere: sono tutte impegnate con orari ballerini, spesso anche di notte e di domenica. Hanno un impiego e uno stipendio, ma pagano un prezzo alto, perché si ammalano di più e faticano a conciliare figli e professione. Ecco il parere degli esperti e le voci delle dirette interessate

Papa Francesco lo ha detto durante un’udienza generale: avere la domenica come giorno di riposo permette di vivere non da schiavi. Parole che risuonano forti ora che tante persone che lavorano su turni sono finite più volte nelle pagine di cronaca.

Tra i casi di maggior clamore, quello di Marica Ricutti, la mamma licenziata da Ikea perché non riesce a rispettare gli orari richiesti dall’azienda; lo sciopero dei medici contro il blocco del turnover e i turni senza fine, in violazione delle norme europee; le mobilitazioni dei dipendenti di Amazon e degli impiegati di supermercati e punti vendita, a ridosso del Natale. Tutti hanno in comune l’orario di lavoro, organizzato su turni che coprono l’intera giornata, spesso anche la notte. E che è differente da quello “regolare” (dalle 9 alle 17) distribuito su 5 giorni alla settimana (dal lunedì al venerdì).

In Europa un lavoratore su 5 è turnista

Lo dice l’ultima indagine di Eurofound. I settori dove più spesso si lavora con orari ballerini? Nella sanità i turnisti sono il 40 % dei dipendenti, nei trasporti il 33, nell’industria il 28 e nel settore alberghiero e del commercio il 27. Un esercito in aumento, costituito, in proporzione, quasi dallo stesso numero di uomini e donne. Molte giovani turniste apprezzano il tempo libero infrasettimanale e per tante donne diventare turnista rappresenta una possibilità di ricollocamento dopo la nascita di un figlio, per garantirsi uno stipendio sicuro che aumenta con i turni di notte, in una percentuale diversa a seconda del contratto di lavoro (in genere qualche centinaia di euro in più al mese). Ma, come ci hanno raccontato le dirette interessate (vedi le storie nella pagina a fianco), i turni negli anni pesano in termini di salute e difficilmente si conciliano con la famiglia.

I turnisti rischiano infortuni e incidenti

«La questione è in generale il lavoro a turni, non solo quello di notte» dice Marcello Imbriani, capo del dipartimento di Medicina del lavoro della Maugeri e ordinario all’università di Pavia. Le problematiche di queste lavoratrici «vanno dai disturbi del sonno a quelli digestivi fino a quelli legati all’aumento della produzione di catecolamine, in sostanza a picchi di adrenalina». Una ricerca dell’Anmil (Associazione mutilati e invalidi) dimostra, tra l’altro, la prevalenza di infortuni nelle turniste in ambito sanitario. «Spesso sono piccoli incidenti dovuti a un calo di attenzione sotto stress» dice Imbriani. «Tra questi rientrano gli infortuni in auto da casa al lavoro. In assoluto le donne alla guida sono più prudenti degli uomini, nel caso delle turniste, però, accade il contrario». E i numeri sono significativi: nel 2013, tra i lavoratori della sanità, si sono verificati in tutto 7.070 incidenti di questo tipo, di cui il 78% ha interessato donne e il 22 uomini. C’è di peggio. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato il lavoro a turni come “probabilmente cancerogeno”: in particolare è stata rilevata una maggiore incidenza di tumori alla mammella su infermiere e hostess di voli intercontinentali. «Secondo l’ipotesi più accreditata, le cause sono da ricercare nell’alterazione del ritmo sonno-veglia e dell’alternanza luce-buio» conclude l’esperto.

I turnisti hanno problemi ad andare in ferie

Oltre ai rischi per la salute, le donne incontrano spesso difficoltà a conciliare i turni con i figli. «È complicato ottenere cambi di turno se sorgono improvvisi impegni familiari, ma anche usufruire di ferie, permessi e congedi ordinari perché l’incastro di orari con i colleghi è difficile» sottolinea Marta Garotta, del gruppo Donne salute e lavoro di Cgil, Cisl e Uil. «Le mamme non possono essere impiegate tra la mezzanotte e le 6 del mattino fino al primo anno di vita del piccolo. E non sono obbligate a fare turni di notte quando hanno figli di età inferiore ai 36 mesi, quando sono l’unico genitore di bambini fino ai 12 anni o hanno a carico un disabile. In tutti gli altri casi non possono rifiutarsi». E, tante volte, sono costrette a rinunciare al lavoro. O perdono il posto perché non riescono a rispettare i turni imposti dall’azienda. Ci sono casi, come per la lavoratrice licenziata da Ikea, in cui la questione è legata a un algoritmo. «Si tratta un sistema rigido che, in base allo storico della presenza dei clienti in un punto vendita, stabilisce i turni dei dipendenti. Ma così non si tiene conto delle loro esigenze» dice Cristian Sesena, di Filcams Cgil. Lo stesso sindacalista sottolinea come in tutto il comparto della distribuzione ci sia un problema turni, al di là del ricorso all’algoritmo. «Con l’avvento del “sempre aperto”, le più penalizzate sono le donne costrette a salti mortali perché, purtroppo, hanno ancora il 90% del carico familiare sulle spalle».

Le storie

Cristina 7 anni, infermiera del pronto soccorso
Sono sempre stanca e nervosa e non riesco più a dormire
«Quando ho iniziato a fare l’infermiera, 27 anni fa, ero felice dei turni che, durante la settimana, mi garantivano molto più tempo libero dei lavoratori “normali”: riuscivo a riposare regolarmente e a vivermi bene gli impegni. Poi mi sono resa conto che i turni di notte diventavano sempre più pesanti: non è cambiata la mole di lavoro, sono cambiata io. Reggere questi orari è diventato complicato. Non dormo più, evito di prendere sonniferi, come fanno molti colleghi, ma non riesco a riposare. Sono “sballottata” dai turni e, quando mi metto a letto, esausta, non chiudo occhio. In più, pure mio marito è un turnista e le nostre figlie, di 16 e 12 anni, sono costrette a tanti sacrifici e ad adattarsi alle nostre esigenze: saltano pranzi di famiglia, compleanni e feste comandate. Per giunta, io sono sempre stanca e divento “elettrica”: mio marito e le ragazze ne pagano le conseguenze».

Maria, 35 anni, assistente di volo
Il mio bimbo è piccolo: per stare con lui dovrò lasciare il lavoro
«Amo il mio lavoro ma sarò costretta a lasciarlo dopo 15 anni di servizio per potermi occupare del mio bimbo. Sì, perché, dopo una recente sentenza della Cassazione, le compagnie aeree non concedono più alle assistenti di volo il diritto all’esonero notturno garantito a tutte le madri lavoratrici fino al compimento dei 3 anni del bambino. Significa che, a partire dal 365esimo giorno di vita del figlio, noi mamme hostess siamo costrette a fare anche 4 notti di fila lontane da casa, seguite magari da un solo giorno di riposo. So che questo è il mio mestiere ma, come madre, sono altrettanto certa che non poter essere con mio figlio la notte, nei primi 3 delicatissimi anni della sua vita, sia un danno irreparabile. Del diritto che ci viene negato continuano a godere tutte le altre categorie di turniste, tranne noi. E questo mi costringerà, al termine dell’utilizzo dei congedi parentali, a licenziarmi. È assurdo che si continuino a verificare discriminazioni come questa. Assurdo che la maternità, preziosa per il Paese, sia osteggiata dalla legge».

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