29 febbraio

29 febbraio: un giorno in più, cosa ne farai?

Il 2016, anno bisestile, ci regala 24 ore. E sulla Rete piovono consigli per usarle bene. Una scrittrice ci suggerisce come trasformare questo tempo in un trampolino di lancio. Dei nostri desideri

Quest’anno è bisestile: abbiamo un giorno in più sul calendario. Cade di lunedì, quindi la logica suggerirebbe di trasformarlo in un’occasione per smaltire altro lavoro. Per chi un lavoro ce l’ha. Per chi non ce l’ha, rischia di essere l’ennesimo giorno di ristagno e di attesa passiva.

Ieri ho avuto una discussione al telefono con mia madre. Eravamo d’accordo che sarebbe venuta a trovarmi, ma a mezzogiorno mi ha chiamato per dirmi che era troppo stanca: aveva già dovuto fare un sacco di cose, pulire, lavare, stendere, uscire. Dieci minuti di monologo con tutte le coniugazioni possibili del verbo “dovere” e mai un “volere”. Tutti vogliamo una vita piena, eppure, per un malinteso senso del dovere, la passiamo a dare l’anticalcare sui rubinetti. Così mi è venuto in mente che il 29 febbraio, questo evento straordinario sottratto al magma del tempo e donatoci senza motivo come un mazzo di fiori, potrebbe essere il giorno giusto per riconvertire la mappa.

ESPRIMI L’ARTISTA CHE C’È IN TE  Sara Salvadori, consulente filosofico, suggerisce di metterci in ascolto dell’anima e rivolgere lo sguardo al nostro mondo interiore con dei semplici esercizi fai-da-te: «Il primo è quello di raccontarci. Significa guardare alla nostra storia non come protagonisti ma come spettatori. Possiamo farlo scrivendo oppure dialogando davanti allo specchio. Questo ci permette di essere più consapevoli del nostro potenziale di progettare un futuro sereno, confortevole e creativo». Altrettanto utile, continua la Salvadori, è stabilire un tema. Per esempio l’Eros, inteso come amore: si può decidere che il 29 febbraio è un giorno per emozionarci, per dedicarci ai sentimenti, creando e fortificando relazioni che ci fanno stare bene. Oppure per riscoprire il Sacro, il divino e la parte arcaica che risiede in noi. O per omaggiare la Lentezza e la gestione diversa del nostro tempo.

Francesca Zampone, fondatrice con Marco Bonora dell’Accademia della felicità e specializzata in coaching del talento femminile, indica un metodo: l’appuntamento con l’artista. Dove però l’artista sei tu. Come diceva sempre un mio collega: “Ciao, io vado a pranzo con me stesso”. «L’appuntamento con l’artista è un esercizio di coaching per le persone che hanno bisogno di entrare in contatto con la loro parte creativa, quella più leggera, integra, originale» spiega Francesca Zampone. «Il compito è prendersi 4 ore per fare qualcosa di nuovo: andare in un museo che non si è mai visitato, salire su un treno e scoprire un paese vicino, cimentarsi in un’esperienza di cucina, di decoupage o anche solo andare a mangiare in un ristorante diverso. L’importante è farlo da soli perché si riflette meglio».

ESCI DALLA COMFORT ZONE  L’esercizio proposto dalla coach si chiama, in gergo, “uscire dalla comfort zone”. Ovvero passare da uno stato comodo a un altro che si svela più confortevole di quanto pensassimo. E fertile. Francesco Rende, psicologo, dottore in Filosofia e autore per Newton Compton di manuali di self-help, sottolinea l’importanza che ha la frustrazione in questo processo. Cita il classico esperimento dello psicologo tedesco Wolfgang Köhler, in cui uno scimpanzé di nome Sultano deve raggiungere una banana che non si trova a portata di braccio. A un tratto Sultano vede una canna di bambù («a-ha!») e inizia a rappresentarsela in modo diverso: non più come una canna, ma come uno strumento da utilizzare per trascinare a sé l’ambita bacca. Questo stato di «a-ha!», di intuizione creativa, si può raggiungere solo nel momento in cui permettiamo alla frustrazione di esprimersi. È lei la grande alleata del cambiamento.

«L’intelligenza si sviluppa quando sbattiamo negli spigoli» dice Rende «ed è solo allora che sentiamo l’esigenza di spostare il divano. Il 29 febbraio ritorna ogni 4 anni a ricordarci quando sia bello, e al tempo stesso inquietante, sentirsi frustrati e fuori dal centro. Quando le azioni abitudinarie non offrono più soluzioni, allora finalmente cambiamo prospettiva. Senza riferimenti rassicuranti né punti di orientamento, sperimentiamo la condanna e il fardello di essere liberi». Io penso che andrò perfino oltre: non uscirò dall’ordinario solo nel giorno prestabilito, il 29 febbraio. Voglio essere ancora più eversiva: proverò a disobbedire anche in un qualsiasi giorno di marzo.

Riproduzione riservata