Nel mondo delle baby miss

Inseguono casting tv, si truccano, girano con il servizio fotografico pagato da mamma e papà. Sono le reginette di bellezza made in Italy: un fenomeno non esplosivo come negli Usa, ma in crescita, anche  tra i maschietti. Lo rivela un saggio-denuncia

Labbra rosso fuoco, coda di cavallo ondeggiante e kajal sugli occhi. Lisa, 5 anni e meno di un metro e 30 di altezza, percorre la passerella guardando dritto davanti a sé. Mano sul fianco, si ferma per un attimo poi torna indietro con passo spedito. Dietro di lei altre aspiranti miss in miniatura compiono lo stesso percorso tra gli applausi e gli sguardi adoranti di mamme, papà, nonni e zii. Il set di una sfilata è soltanto una piccola parte del complesso e spesso sconosciuto mondo che ruota intorno all’immagine dei bambini. Un universo sfaccettato che, dal Sud al Nord Italia, è fatto di eventi nei centri commerciali, competizioni di bellezza, fino ad arrivare ai casting delle agenzie specializzate, alle pubblicità in riviste o tv e alle sfilate per le griffe più prestigiose.

Miss già a due anni

In Italia siamo ancora distanti dalla “principessizzazione” a cui, negli Stati Uniti, sono sottoposte le bambine dalle loro mamme pur di vederle con una fascia da miss. Tantomeno ci sono piccoli fenomeni come la 2enne australiana Valentina Capri, 20.000 follower su Instagram e cachet da 400 dollari a scatto, ma il mondo della moda e dei concorsi di bellezza baby, nel nostro Paese attrae tanti genitori in cerca di notorietà e guadagni per i loro bimbi. Se in molti casi l’iniziativa parte da un’idea di mamma o papà, in altri questo viaggio sotto i riflettori inizia dalla volontà di esaudire un desiderio della figlia, attratta dal mondo della moda e della bellezza, magari perché ha visto sfilare l’amichetta o è una fan di baby stelle della musica. Prima di arrivare a un compenso, però, la strada è lunga, fatta di centinaia di chilometri percorsi, tante selezioni e soldi investiti dai genitori in book fotografici e abiti. «Ogni settimana riceviamo almeno 250 candidature ma, in media, i baby modelli adatti alle sfilate o alle pubblicità dei nostri clienti sono una decina» spiega Elena Meazza, titolare di Piccolissimo Me, agenzia di casting per bambini. «Non chiediamo book ma solo foto. La parte più difficile del nostro lavoro sta nell’arginare i genitori. Abbiamo detto no a una mamma disposta a venire a Milano da Reggio Calabria con un neonato per fare un casting perché per un bimbo piccolo un viaggio così lungo sarebbe stato uno stress. Il benessere dei bambini deve essere posto davanti a tutto. Alcuni genitori prendono questa attività come un lavoro, si presentano con l’agendina degli appuntamenti, fanno i manager dei figli. Non va bene: il bimbo deve avere il tempo della scuola, delle attività e del gioco, non essere stressato e trascinato da un evento all’altro come invece troppo spesso avviene».

Gli orari e i compensi

Tra scarpette con i tacchi e paillettes la realtà spesso è lontana dal sogno. Flavia Piccinni, scrittrice e giornalista, autrice del libro Bellissime – Baby miss giovani modelli e aspiranti lolite (Fandango), racconta di bambini che, durante un grande evento di moda, sono stati lasciati senza acqua e merenda, costretti a provare e sfilare lontani dai genitori; di altri casi in cui ai piccoli non è stato dato da bere per limitare al minimo le richieste di andare in bagno, per ridurre le pause e contenere distrazioni ed errori. «I trattamenti» specifica Piccinni «variano a seconda dei brand e delle situazioni. Alcune aziende considerano i bambini come bambini, altri come persone che, percependo un compenso, lavorano a tutti gli effetti». Un impiego le cui retribuzioni sono tutt’altro che alte: «Si va dagli 80 ai 150 euro netti per una sfilata e fino a 350, 400 euro per uno spot televisivo o un catalogo» dice l’autrice. «Alcuni marchi pagano pochissimo» aggiunge Elena Meazza dell’agenzia Piccolissimo me. «100 euro lordi per tre giorni di lavoro tra prove e sfilate, senza nessun rimborso spese». Compensi bassi, sui quali va calcolata la percentuale dell’agenzia (20% circa), e che stridono con i numeri della moda bimbo in Italia, dove le cifre descrivono un settore dal trend positivo, con oltre 2,7 miliardi di euro di fatturato (fonte Centro studi di Sistema moda Italia). «L’Ispettorato del Lavoro ha stabilito che i minori di 6 anni non possono essere impegnati per più di 4 ore al giorno» aggiunge Meazza. «In realtà sul set si sfora quasi sempre l’orario, senza rispetto per i tempi per mangiare, bere, andare in bagno, giocare. Alcune aziende tengono conto di tutto ciò, altre no, e con queste preferiamo non lavorare». Oltre al guadagno ci sono altri fattori che spingono le mamme a mettere il proprio figlio o figlia davanti a un obiettivo o su una passerella. «Attraverso il bambino la madre a volte realizza un proprio sogno» spiega Donatella Marazziti, docente di Psichiatria all’università di Pisa. «Si tratta di persone frequentemente insoddisfatte che intravedono una possibilità di riscatto o di rivincita sociale, senza tenere conto dei veri desideri o delle inclinazioni dei figli».

Il divertimento

Per capire se i bambini si divertono o meno, basta assistere a un concorso. La musica è da discoteca, c’è il tappeto rosso in passerella. Dietro le quinte i bambini sono pronti a sfilare. Qualcuno sta in silenzio, in attesa delle disposizioni, altri chiacchierano, 2 piccoli sui 6 anni si azzuffano per giocare: una delle ragazze addette alla sfilata dice qualcosa e loro smettono. Ogni concorrente ha un numero appuntato sul petto, i vestiti sono stati forniti da un negozio di abbigliamento baby che sponsorizza il concorso. Il “titolo” in palio è una fascia che consacra il bambino e la bambina più belli. A un certo punto la musica diventa più alta: il presentatore comincia a chiamarli per nome e i bambini escono uno ad uno tra gli applausi. L’età varia dai 6 agli 8 anni. La prima cosa che salta agli occhi è che le femmine sono più dei maschi. Prima di uscire si sono fatte vestire e truccare dimostrando, soprattutto le più grandicelle, di sapere già cosa sono rimmel, fard e gloss. Molti maschi si sono fatti dare una passata di gel ai capelli «per essere più fighi». Vedendoli sfilare, si capisce che a tutti fa piacere essere applauditi. «Dalla mia esperienza» spiega Flavia Piccinni, che per realizzare il libro Bellissime è stata sul set di concorsi e sfilate in varie città d’Italia «ho constatato che i maschietti che posano davanti a un obiettivo, a differenza delle coetanee, si interessano del loro aspetto fisico ma anche delle loro capacità. Ho intervistato un bimbo di 8 anni che mi ha detto: “Ci tengo a saper fare tante cose così divento famoso”. Quando gli ho chiesto quanto fosse importante per lui essere bello ha detto: “Per me è più importante essere bravo”».

I rischi psicologici

L’attenzione per la propria immagine da parte dei bambini proiettati nel mondo della moda o sotto i riflettori è sempre molto alta e i rischi, a livello psicologico, non mancano. Soprattutto se il loro ruolo viene preso troppo seriamente e non come un gioco o un’esperienza saltuaria: «I maschi corrono il rischio di andare incontro agli stessi problemi delle coetanee, finendo per privilegiare in maniera ossessiva l’attenzione per il proprio corpo» dice la psichiatra Donatella Marazziti. Determinante, come per le bimbe, è l’influenza delle mamme sugli atteggiamenti dei figli. «Le madri influiscono sui maschi così come sulle bambine, favorendo una “femminilizzazione” del figlio che può assumere comportamenti e atteggiamenti non solo da adulto, ma meno virili» dice Marazziti. «Li fanno sentire unici, invincibili, piccoli imperatori a cui tutto è dovuto, amplificando e fomentando una eccessiva stima di sé». Qualche anno fa Vogue Francia pubblicò le foto di 3 bimbe di 7 anni in pose sexy, con abiti griffati, truccate e ingioiellate. Gli scatti erano dello stilista Tom Ford e il caso accese i riflettori sui rischi che può comportare una precoce “adultizzazione” per le baby-modelle. «L’assunzione di comportamenti smaliziati e seduttivi che non sono sostenuti da uno sviluppo psicofisico può portare a una personalità poco equilibrata» dice la psicologa Marazziti. «Si rovesciano i valori: non contano più la scuola, le amicizie, lo sport, ma come sei truccata, come ti atteggi, quanto sei magra. L’attenzione eccessiva all’immagine può condurre a disturbi alimentari e alla dismorfofobia, l’ossessione per difetti che nella realtà non esistono. Ho in cura una paziente di 19 anni, ex baby miss, che ha iniziato a sottoporsi a interventi di chirurgia plastica immotivati, pagandoli lei stessa, perché oggi non si sente mai a posto».

LE STORIE

«Le spese e la fatica erano più dei rimborsi». Beatrice, di Perugia, mamma di Samantha, 8 anni 

«Camminavo per strada quando un signore si è avvicinato a mia figlia, che allora aveva 5 anni. Mi ha detto che la bambina, con la sua carnagione olivastra e i capelli ricci, era perfetta per il casting di uno spot di cui si stava occupando. Dopo mille titubanze io, mio marito e la bambina siamo andati a Milano per la selezione. Samantha è stata scelta insieme ad altri bimbi, ha fatto alcune foto per una nota azienda di moda e poi sono arrivati altri “lavori”. Ma ogni volta che andavamo a Milano da Perugia, con le spese che dovevamo sostenere, era più una rimessa che un guadagno. Mio marito è operaio, io casalinga. Abbiamo smesso».

«Al primo casting non stava fermo un secondo». Maria, di Taranto, mamma di Luigi, 4 anni

«Tutti mi dicevano “signora, suo figlio è proprio da pubblicità”: Luigi ha la pelle chiara, il ciuffo arricciato sulla fronte e grandi occhi verdi. Ho deciso di provare. Sono andata da un fotografo che gli ha fatto un book. Ho speso 500 euro. Abbiamo iniziato a fare i casting, in media ne facciamo uno alla settimana. La prima volta non stava fermo un secondo, non è stato facile. Adesso è un gioco, ci sono tanti bambini della sua età. Quando si stanca ci fermiamo e il giorno dopo andiamo al parco. Per me ormai è un lavoro quasi a tempo pieno. Quando andrà alla scuola elementare rallenteremo».

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