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Catene di Sant’Antonio: su Facebook è boom

Una volta promettevano sventure via posta. Adesso gli appelli più disparati viaggiano sui social. Come #SfidaAccettata: tutti rispondono, ma nessuno sa il perché

All’ultima abbiamo partecipato in tanti: con l’hashtag #SfidaAccettata, ci è stato chiesto di sostituire la nostra immagine del profilo Facebook con un ritratto di noi da giovani, in bianco e nero. Ma prima c’erano state le “3 foto che mi rendono felice di essere mamma” e prima ancora la “book nomination” sui libri del cuore. Sì, sembravano sparite per sempre, invece le vecchie catene di Sant’Antonio sono tornate. Grazie ai social.

Come funzionano le catene di Sant’Antonio sui social?

Un tempo erano lettere anonime che viaggiavano via posta e via fax, con la richiesta di spedire la stessa missiva ad altre 10 persone, pena sventure orrende. Oggi sono inviti a condividere un post o una foto su Facebook: dalle catene politiche, che esortano a ripostare bufale tipo quella sul fantomatico senatore Cirenga e il fondo per i parlamentari in crisi, alle richieste strappalacrime di piccoli malati bisognosi di una preghiera, fino agli allarmi tipo “da domani tutto quello che avete scritto sarà pubblico”.

Perché piacciono?

Il meccanismo alla base delle nuove catene di Sant’Antonio è lo stesso dei social: il desiderio di far parte di un gruppo, il divertimento del gioco collettivo. E, a volte, la voglia di sentirsi utili con una semplice condivisione online. «Un gioco come #SfidaAccettata è il massimo» spiega Michelangelo Coltelli, blogger e fondatore del sito www.butac.it (Bufale un tanto al chilo). «Propone ai partecipanti di divertirsi mostrando una propria immagine da giovani e in più ha l’effetto virale dell’hashtag: due piccioni con una fava. Poi ci sono le catene del “condividi prima che censurino!” che girano con la stessa scritta datata 4 anni prima: fanno leva sull’indignazione collettiva, che funziona sempre, qualsiasi sia il contesto in cui appare».

Cosa significano?

#SfidaAccettata ha dimostrato come, a volte, della catena resti solo l’idea pratica, mentre il messaggio svanisce: in tanti non sapevano che in origine questa era un’iniziativa per sensibilizzare alla lotta contro il cancro. Spiega Michelangelo Coltelli: «Già ad agosto 2016, quando la campagna è apparsa nei Paesi anglosassoni e ispanici, la motivazione si stava inziando a perdere. Inoltre, in un primo momento chiedeva solo di scegliere una foto in bianco e nero, per mostrare una vita senza colori. Pubblicare immagini di noi da piccoli è un’aggiunta del 2017». Un cambiamento che ha contribuito al nuovo successo.

Le catene di Sant’Antonio sui social sono pericolose?

«Le catene di Sant’Antonio sul web sembrano innocue, ma possono nascondere insidie» nota Coltelli. «In alcuni casi l’unico motivo di chi le fa circolare è “vedere l’effetto che fa”. In altri l’obiettivo è più concreto: nei classici messaggi copia-e-incolla teoricamente non ci guadagna nessuno, ma chi cade nella condivisione compulsiva dimostra di essere incline ad abboccare ad altri tranelli. Dal “clickbaiting”, il cosiddetto acchiappaclick con titoloni ad effetto che spingono a seguire un link esterno per guadagnare visualizzazioni, al tentativo di vendere prodotti fuffa». Un sistema subdolo per individuare una nicchia di mercato sempre molto appetibile: quella dei creduloni.

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