La maternità è diventata una performance

Diminuisce la natalità ma aumentano le cure parentali. È il paradosso che stanno affrontando le madri. Perché alla conciliazione casa-lavoro si è aggiunta un’altra sfida: rispondere al modello di perfezione ed efficienza richiesto dalla società. E santificato da gruppi di “mamme orse”

«Alla fine ho pianto. Sì, mi sono scese lacrime di rassegnazione: alle 10 di sera avevo in braccio il piccolo con la febbre e di fianco il grande che doveva finire i compiti. Nonna, marito e tata indisponibili per il giorno dopo. E io, reduce da 2 anni di part time, avevo appena ricontrattato un rientro a tempo pieno. Ero in un momento di totale inconciliazione ». Quante donne si sentono come questa lettrice, in Italia, oggi? Sovraccaricate, in affanno, appesantite da un ruolo, quello materno, che richiede un tasso di efficienza mai conosciuto nelle società precedenti, molte di loro facilmente arrancano. Mentre i dati Istat raccontano una discesa di natalità inarrestabile, le mamme pressate per essere performanti a casa, sul lavoro, negli affetti, e per santificare il mito della madre perfetta sono in rapido aumento. In Italia ma non solo. Una recente inchiesta di Time ha scoperchiato lo stesso problema in America: «Oggi la maternità si suppone sia tutta amore e gioia. E allora perché tante mamme si sentono così male?». Dal concepimento alla nascita, dice il settimanale Usa, il mito della Madre con la emme maiuscola impatta tutte le donne. Chiamate a essere “naturali”, ad allattare al seno a oltranza, a rinunciare a parti senza sofferenza e a prepararsi a veloci rientri in ufficio, il 70% delle intervistate ammette di aver provato angoscia, vergogna e senso di colpa di non poter corrispondere alle aspettative. Di chi? «Dei medici, dei politici e delle altre madri» sentenza l’inchiesta.

Le misure di welfare sono insufficienti

Nel suo ultimo e dettagliato rapporto Mamme 2017-Le Equilibriste, Save the Children fotografa una realtà italiana confusa: mentre le economie occidentali richiedono sempre più che vi sia un double-income (un doppio reddito) per la sostenibilità economica della famiglia, la responsabilità della cura parentale è ancora quasi tutta sulle spalle delle madri, che tra ufficio e casa lavorano 11 ore e 35 minuti al giorno, contro le 10 dei padri. «Né l’ultima Legge di bilancio, con le sue proposte di welfare una tantum, né l’introduzione del Lavoro agile, ancora alla fase di partenza, sono misure che impattano a sufficienza» conferma Antonella Inverno, tra le curatrici del rapporto. «In più, inizia a gravare sulla fascia di età 40-50 anni il peso del caregiving: la cura di figli ancora giovani e di genitori anziani da assistere». Non stupisce, quindi, il boom di dimissioni volontarie tra le neomamme appena registrato dall’Ispettorato nazionale del lavoro: sono 24.618 le donne che hanno lasciato l’impiego nell’ultimo anno per le difficoltà di conciliare i ruoli.

Il pressing “plusmaterno” è serrato

Funamboliche e acrobatiche, le madri oggi devono misurarsi anche con un’altra inedita performance: rischiare di diventare “plusmaterne”. Un termine provocatorio coniato dall’analista Laura Pigozzi nel suo saggio Mio figlio mi adora (Nottetempo), un concetto che racconta come la maternità oggi sia allo stesso momento santificata e mistificata. «Questo libro ha fatto 3 anni di anticamera» commenta l’autrice. «I contenuti sono stati ritenuti scomodi, in grado di urtare i genitori, di non rassicurarli. Il mio scopo era muovere uno stagno, perché vedo tra le madri un fanatismo pericoloso che si impone come modello anche se non parla per la maggioranza: vedo madri ideologiche che catechizzano sui blog, mamme orse che riversano tutto sulla cura dei figli, abdicano al ruolo di moglie trovando un porto sicuro nella maternità. Hanno certezze incrollabili e cadono nel “plusmaterno”: tengono in ostaggio un figlio invece di lasciarlo andare nel mondo. Organizzano i suoI saperi e i suoi gusti, vivono in sua simbiosi e godono del potere totalizzante, rassicurante e riconosciuto della maternità. In questo periodo storico in cui gli uomini fanno fatica a ridefinirsi, i padri non hanno molta voce: o scimmiottano le mogli e diventano “mammi” o vengono esiliati. Invece sarebbero un utile contraltare al pensiero unico imposto in famiglia da una madre iperpresente».

Le famiglie sono ristrette e all inclusive

Se il plusmaterno è la deriva delle mamme orse che sanno imporre il proprio modello su quello meno perfetto (ma più autentico) delle funambole, la famiglia “claustrofilica” è invece uno stile genitoriale in cui è più facile riconoscersi, e sprofondare. Laura Pigozzi la descrive così: «Monadica, autosufficiente, ombelicale, la famiglia oggi è diventata un luogo ristretto in cui i membri pensano di trovare tutto ciò di hanno bisogno: affetto, sostegno, educazione, viaggi, svago. Una famiglia all inclusive che restringe gli orizzonti, produce dipendenza nei figli, non educa al legame con l’altro. I bambini vengono lasciati malvolentieri a casa con tate e nonne ed esibiti come trofei alle cene con amici, come prodotto miracoloso in cui specchiarsi». Un’analisi estrema, quella di Pigozzi, che però tocca un tema scivoloso per molte mamme: il pericolo di fare della maternità un altare al proprio narcisisimo a partire dall’allattamento al seno, oggi promosso da martellanti campagne sociali e tra le maggiori cause di stress post gravidanza delle neomamme. La fotografa Francesca Cesari ha realizzato un progetto proprio sul tema: si chiama In the room, e coglie in 40 scatti quel momento unico – in cui è facile cadere nella mistica – di fusione tra madre e neonato. «Il seno è la mamma, il corpo, la femminilità, il mistero: allattare è unico perché è uno dei passaggi limitati dell’esistenza, i figli poi pongono altre sfide, altri dialoghi» dice. «Ho ritratto queste donne a casa, alcune avevano ricominciato a lavorare e così mantenevano un legame che sentivano di togliere al bimbo. Non ho trovato fanatismo, magari qualche donna offre il seno a oltranza, però ho visto anche tante fragilità. Gli scatti sono stretti su madre e figlio in un atto ancestrale, ma aprendo l’obiettivo si vedrebbe un’entropia di panni stesi, di altri bambini, di vita molto più caotica e complicata che narcisa ed esibizionista».

I numeri

19,5 milioni di italiane tra i 15 e i 64 anni sono diiventate madri nel 2016. Tra 20 anni scenderanno a 18,7 milioni. 2,5 era il tasso di fecondità in Italia negli anni ’60. Oggi è 1,26. 24.618 sono le donne che hanno lasciato il lavoro nell’ultimo anno per le difficoltà di conciliare i ruoli. 10% i padri italiani che usufruiscono del congedo parentale: in Germania sono il 34%. 34,6% le donne lavoratrici che usufruiscono del part-time (la media Ue è del 30%). 27% i bambini sotto i 3 anni che frequentano l’asilo nido: l’obiettivo Ue è del 33%. Fonti: Save The Children, Ispettorato del lavoro, Istat.

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