-
Senza trucco e abiti provocanti sembrano studentesse qualsiasi. Ma hanno due cellulari: uno per ciascuna delle vite che conducono. La prima da universitarie, la seconda da escort. Esattamente come le protagoniste del film Elles con Juliette Binoche, uscito al cinema un mese fa. Una ricerca del portale Studenti.it ha scoperto che le ragazze disposte a vendere il proprio corpo per pagarsi la retta sono 2 mila su quasi 1 milione di iscritte alle università. Una percentuale minima. Ma significativa. Trovarle su Internet è facile. Alcune di loro dichiarano la propria “identità” sul profilo: «Studentessa offre momenti di assoluto piacere». Altre vengono tradite dall’età: «Ragazza italiana di 21 anni disponibile per serate rilassanti». Sono ovunque: Bari, Napoli, Firenze, Bologna. Abbiamo incontrato quattro di loro. Per capire veramente chi sono, cosa pensano. E soprattutto perché si prostituiscono.
Elena: «Non ricevo i clienti a casa, vivo con i miei»
La più giovane delle ragazze che incontro è rossa naturale. Ha appena 20 anni, ma malizia da vendere. È disponibile solo per “outcall”: in gergo significa che non riceve in appartamento. «Vivo ancora con i miei, a Brescia. E quando sto a Milano mi fermo da un’amica che, come me, si diverte a fare la escort». Dice proprio così: «Si diverte». Non perde tempo: va subito in bagno a spogliarsi. Resta in sottoveste sexy, autoreggenti e tacchi a spillo. Non avrebbe problema a fare sesso con due uomini. Anzi: «Di solito sono i clienti che non ce la fanno». Quando capisce che sono lì per intervistarla, pretende di essere pagata, 300 euro all’ora, però si confida: «Sono al terzo anno di Biologia. Ho vissuto a Francoforte nel 2011 e parlo tre lingue». E allora perché ti prostituisci? «Per arrotondare e perché fare sesso con gli sconosciuti mi eccita. Comunque mi concedo tre, quattro volte al mese e basta. D’altronde fino alle 5 di pomeriggio sono impegnata». Per una notte prende 1.200 euro. Per un weekend 3 mila. Le chiedo se ha il fidanzato. «Spero di non averlo a lungo» risponde. Insisto: ma non hai paura che qualcuno ti faccia del male? Mi fissa con un’espressione gelida e si limita ad alzare le spalle. E prima di andare via riaccende uno dei suoi due telefonini. Quello da brava ragazza.