Io, escort in Svizzera, per scelta

La storia di Stefania, prostituta

«Le uniche persone che lo sanno sono mia sorella e la mia amica del cuore, e a loro ho detto la stessa cosa che ora dico a te: la crisi non c’entra nulla. Ho deciso di farlo perché guadagno bene, perché decido io come gestire la mia vita e soprattutto perché la situazione non mi pesa».

Stefania ha 29 anni, è bella ma non indimenticabile, veste sportivo. È bruna, formosa e ha gli occhi grandi: la ragazza della porta accanto. O del bordello accanto. Perché Stefania (nome di fantasia) è una prostituta. Per scelta. Da 3 anni lavora in un locale del Canton Ticino, in Svizzera, dove vendere il proprio corpo è un’attività come un’altra. Sicura, regolamentata e tassata.

Mentre in Italia il dibattito sulla legalizzazione del mestiere più antico del mondo procede stancamente, sono sempre di più le nostre connazionali che varcano il confine per “esercitare”. «Dove lavoro io ce ne sono altre 3: una è anche madre di una bimba» racconta Stefania davanti a un caffè. «Le altre sono quasi tutte romene e brasiliane».

«Intrattengo gli uomini in un locale»

In Canton Ticino per prostituirsi bisogna comunicare la propria presenza alla polizia allegando documenti e analisi mediche: si ottiene un permesso quinquennale, revocabile in qualsiasi momento se la ragazza non ha un alloggio o un datore di lavoro, o se non trasmette con cadenza mensile i suoi guadagni al fisco. «È uno dei motivi per cui quasi tutte scegliamo di non ricevere i clienti in un appartamento, ma nei locali dove, in cambio di una percentuale sui guadagni, il titolare si occupa di burocrazia, alloggio e sicurezza» spiega Stefania, che prima di cambiare vita lavorava in un centro estetico.

«Nei fine settimana arrotondavo facendo la hostess ai convegni, ed è proprio in quell’occasione che uno dei proprietari del club mi ha notata. Puro interesse professionale: non mi ha mai neanche sfiorata». Dopo un colloquio, 3 visite specialistiche (di cui una con lo psicologo) e un giorno di prova è stata ingaggiata con la qualifica di “intrattenitrice”. Da allora va in Svizzera 5 giorni alla settimana: «La maggior parte delle volte scelgo il turno diurno, dalle 11 alle 19. I clienti sono pensionati del posto, impiegati in pausa pranzo e stranieri residenti, soprattutto russi e mediorientali. Sono tranquilli e gentili, e amano le ragazze in carne. Nei weekend invece è tutta un’altra storia: troppo caos e troppi italiani. Sono stata già riconosciuta una volta da un uomo, ma mi è andata bene: era sposato, dunque non aveva nessun interesse a spifferare dove ci fossimo incontrati».

Situazione fin troppo tipica, ammette Stefania. «Più della metà dei clienti ha la moglie o la compagna che li aspetta a casa. Del resto, sono fidanzata anche io: il mio compagno crede che lavori in una multinazionale, è per questo che ho scelto il turno diurno. A cena sono sempre a casa. Non ho ancora deciso come dirglielo, non so come reagirebbe. Ma se la nostra storia diventerà seria, lo farò». 

«Io, prostituta, avrò una pensione»

Per entrare nel locale ticinese dove lavora Stefania, i clienti pagano 15 franchi (1 franco svizzero vale poco più di 1 euro), comprensivi di consumazione. «Noi ragazze siamo una trentina per turno, ma il sabato arriviamo anche a 50: sediamo in un grande salone oppure ai tavolini del bar, aspettando che qualcuno ci scelga» spiega con un’espressione che non mostra ripensamenti. «Vuoi chiedermi  se mi sento sfruttata o umiliata? La risposta è no: lo sfruttato è il cliente, che paga per avere l’illusione di stare con me ma in realtà paga solo il mio tempo come in qualsiasi altro lavoro. Se qualcuno non mi ispira fiducia, posso sempre rifiutarlo. E all’interno del locale la sicurezza è totale, basta premere un bottone per essere soccorsa dalla security. Mi chiedo perché non si applichi lo stesso modello in Italia, dove le ragazze battono in strada abbandonate a se stesse».

Qui appartarsi con una escort costa fra i 120 e i 160 franchi ogni mezz’ora e il 65% dell’incasso finisce a loro, mentre il resto serve a pagare l’affitto, le pulizie, la quota del locale, le tasse e persino i contributi. «A 65 anni riceverò una piccola pensione oppure potrò riscuotere tutto in un’unica tranche» osserva Stefania. Il che ci porta alle domande finali: quanto guadagni e quando pensi di smettere? «Non scendo mai sotto i 4.500 euro al mese, ma ci sono periodi in cui faccio anche il doppio. Sto pianificando il mio futuro: ho già finito di pagare la mia casa e versato un acconto per un’altra. Entro 2 anni potrei avere messo via abbastanza soldi per avviare un’attività tutta mia. Ora scusa, il treno per Chiasso mi aspetta».

Il fenomeno della prostituzione in Italia

Quante sono le prostitute. Le stime più attendibili parlano di 35.000 donne, il 19% delle quali minorenni, e di 3 milioni di clienti, il 60% dei quali sposati, per un giro d’affari di almeno 2 miliardi di euro l’anno. Se storie come quella di Stefania descrivono il volto più consapevole e meno visibile della prostituzione, la parte maggioritaria del fenomeno racconta storie di sfruttamento e violenze. 

Da dove arrivano. Il 92% delle denunce riguarda straniere: provengono, nell’ordine, da Nigeria, Romania, Albania e America Latina. Poche, ma in crescita, le italiane, anche di mezza età. Poche pure le denunce contro i clienti: meno di un migliaio quelle del 2015, equamente divise fra sfruttamento, atti osceni e prostituzione minorile.

Quanto guadagnano. In strada le prostitute di colore si concedono per 40 euro, ma un rapporto orale consumato in macchina ne vale al massimo 25. Con le bianche si va da 40-50 a 100 euro, però a casa o in albergo ne serve il doppio. La crisi calmiera i prezzi, ma costringe le prostitute a lavorare molto di più. D’altro canto, il profitto dei protettori, che trattengono per sé quasi tutti i soldi e girano alle ragazze solo il necessario per cibo e vestiti, continua a salire. 

Dove lavorano. Negli ultimi anni la tregua criminale e l’afflusso di migranti hanno reso più visibile il fenomeno soprattutto nelle grandi città, dove la spartizione etnica dei viali è rigidissima. Ma chi controlla le rotte dei clandestini controlla anche buona parte del mercato della prostituzione in appartamenti, hotel e centri massaggi.

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