Studenti scuola superiore aula

Superiori: devono sceglierle i genitori o i figli?

Sono 2 milioni e 600mila i ragazzi alle prese con la scelta delle scuole superiori. Chissà cosa pensano davanti ala fotografia scattata dagli ultimi test Pisa-Invalsi sulle competenze dei 15enni. Gli studenti italiani sono migliorati in matematica, ma zoppicano ancora nelle materie scientifiche e in letteratura. E 1 su 10 ha alle spalle una bocciatura. I nostri ragazzi restano in fondo alla classifica che mette a confronto i 35 Paesi che aderiscono all’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Sul podio, giapponesi, estoni e finlandesi.

Le domande di tutti sono quindi le stesse: cosa può (e deve) offrire la nostra scuola? Esistono dei criteri per capire qual è l’indirizzo giusto? E chi gioca il ruolo cruciale nella decisione? Lo abbiamo chiesto a 3 esperti.

A chi spetta la scelta delle scuole superiori?

Risponde Alex Corlazzoli, maestro e autore del saggio Sai maestro che… Da grande voglio fare il premier (Add editore).

Lavoro di squadra: ecco il mantra che devono ripetersi in queste settimane le famiglie. Perché la decisione sulla scuola superiore da frequentare va presa da un team. Volendo usare delle percentuali, direi che il 40% della scelta spetta al ragazzo, il 30 ai genitori, il 10 agli insegnanti e il 20 a quello che chiamo “testimone soccorrevole”, ovvero una figura esterna ma conosciuta e rispettata, come il prete, l’allenatore, l’amico di famiglia, insomma qualcuno che dia un consiglio razionale e schietto.

Lo studente deve farsi guidare dal “domandone” per eccellenza: cosa voglio fare da grande? È fondamentale valutare che futuro si desidera, pur senza dimenticare la spendibilità del diploma. Sfatiamo il luogo comune sugli adolescenti “sdraiati”: i ragazzi hanno sogni e idee chiare, basta saperli ascoltare.

Ai genitori consiglio anche di informarsi sui lavori più richiesti: i dati dell’Unione europea ci dicono che in Italia mancano sviluppatori di software, esperti di agraria e biotecnologie.

Infine, bisogna sempre andare a vedere con attenzione gli istituti selezionati: niente open day, che sono una sfilata con l’abito della festa, meglio una visita per appuntamento con il dirigente scolastico e qualche insegnante. Fatevi spiegare l’offerta formativa e il metodo usato. Per esempio, diffidate da chi sbandiera il laboratorio di informatica ma non ha il wifi: la tecnologia va usata ogni giorno, non 2 ore alla settimana.

Come ci si informa sulle scuole migliori?

Risponde Andrea Gavosto, direttore dell’istituto di cultura e ricerca Fondazione Giovanni Agnelli (www.fga.it).

Per le famiglie può diventare un’ottima bussola la classifica dei migliori istituti superiori italiani che compiliamo ogni anno: Eduscopio (eduscopio.it). Per redigerla osserviamo il percorso dei giovani dopo il diploma. Per quelli usciti dai licei consideriamo i risultati del primo anno di università, con gli esami superati e i crediti ottenuti. Per gli studenti degli istituti tecnici, invece, valutiamo anche dopo quanto tempo hanno trovato un lavoro e che tipo di impiego è. Insomma, facciamo la radiografia alla preparazione data da ogni scuola. Così le famiglie possono confrontare le proprie idee con la realtà.

Sul sito del ministero dell’Istruzione “Scuola in chiaro” (cercalatuascuola.istruzione.it) si analizzano altri dati rilevanti, tra cui il piano dell’offerta formativa e lo staff di insegnanti. Io consiglio di seguire questi criteri perché sono oggettivi, imparziali: una scelta delicata come quella della scuola superiore va fatta in modo quasi scientifico, senza farsi influenzare da pregiudizi o tendenze. Serve il massimo coinvolgimento dei protagonisti: i nostri figli. Lasciamo che si prendano la loro responsabilità. E noi genitori aiutiamoli a ragionare, aggiungiamo un pizzico di senso critico e rispondiamo ai dubbi, ma senza metterci al loro posto. Spingere un adolescente verso un futuro che non sente proprio è come lastricare la sua strada di sassi».

Quanto conta il carattere del ragazzo nella scelta?

Risponde Diego Boerchi, professore di Psicologia dell’orientamento all’università Cattolica di Milano

Oggi i 13enni hanno paura di puntare sull’indirizzo sbagliato e spesso gli insegnanti non li supportano. Risultato: studenti e genitori non hanno il quadro completo. Allora, studiamo. Non è una parola a caso: ragazzi e famiglie devono informarsi, leggere, navigare, chiedere ai coetanei, non fermarsi alla prima scelta. E devono farlo insieme. La decisione finale spetta ai giovani, ma gli adulti hanno il compito di guidarli in questi mesi delicati, in cui li aspettano il primo esame vero, quello di terza media, e l’ingresso in un mondo nuovo.

In ogni caso, non si tratta di un passo irrevocabile, cambiare indirizzo dopo un anno non è un fallimento. Non sottovalutiamo i vari aspetti della personalità dell’individuo: al di là dei voti, consideriamo le abilità, le competenze pratiche e tecnologiche, gli interessi e il carattere, i punti di forza e le debolezze.

Insomma, osserviamo bene ogni dettaglio di un figlio: un 9 in italiano non basta per iscriverlo al liceo classico se magari nutre anche una passione smisurata per l’arte o il design; mentre se è troppo timido, un istituto competitivo e “alla moda” potrebbe creargli qualche difficoltà. In fondo non si sceglie la scuola perfetta, ma quella più adatta».

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