Il primo Capodanno da separata

Non è mai stato così doloroso addobbare l’albero». Elena ha 43 anni, si occupa di raccolta fondi per le ong e tutto in lei sa di dolcezza. Eppure quando sussurra questa frase la voce si fa dura. Siamo a Milano, nell’appartamento in cui vive con il figlio Samuele, concentrato sui compiti per le vacanze di terza elementare. L’abete svetta in soggiorno, ma le luci non leniscono l’amarezza delle prime feste da sola. «Vorrei addormentarmi e svegliarmi come d’incanto l’8 gennaio. Il 25 dicembre io e il mio ex abbiamo imbastito un pranzo insieme per nostro figlio, per entrambi è stata una fatica immane. Poi ho trascorso i giorni dribblando gli inviti: mi sento fuori posto, le feste sono per le famiglie, tutti sembrano felici. Io mi chiedo quando tornerò a esserlo».

Il desiderio di rinascita

«Per 2 anni abbiamo continuato ad abitare nella stessa casa». Elena è sola dalla primavera scorsa, quando il suo compagno Claudio se n’è andato. Ora riannoda i pensieri, anche se fa male. «Ci siamo conosciuti da giovani: 2 persone opposte con una forte attrazione fisica e molti progetti da condividere. L’arrivo del bimbo ci ha allontanato, lui era molto concentrato sul lavoro, dove ha avuto parecchi problemi, e il rapporto si è arenato». Lo strappo è stato una ferita scavata pian piano. «Per quasi 2 anni abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto per far metabolizzare a Samuele la fine e perché Claudio non aveva un posto in cui andare. Io non ero nulla: né compagna, né single. Mi sembrava che la casa fosse violata, usurpata. Quando mi sono riappropriata dei miei spazi ho tirato un sospiro di sollievo, ho capito che potevo ricostruirmi una nuova esistenza come donna. Anche se è dannatamente complicato».

Le preoccupazioni economiche

Lo dice anche un rapporto della Caritas: separati e divorziati sono i nuovi poveri. Sei su 10 hanno difficoltà ad acquistare beni come vestiti o libri, il 46% cerca un impiego, il 28% si rivolge a mense e servizi sociali. «Economicamente è ancora tutto sulle mie spalle e mi domando se riuscirò a garantire al bambino ciò di cui avrà bisogno» dice Elena. «A schiacciarmi, poi, è il senso di responsabilità: gli darò il buon esempio? Fatico a incastrare lavoro, dentista e scuola: non posso mollare e a volte manca il fiato».

Il ricatto dei figli

«Mio figlio dorme dal padre una volta alla settimana ». Prova a respirare anche ora Elena, davanti a un caffè. Si scalda impugnando la tazza, giocherella nervosa con le mani e descrive orgogliosa il carattere da ometto del figlio. Quando nomina l’ex non si lascia andare alla rabbia: «Samu dorme dal papà una volta alla settimana. Lo adora, è il suo compagno di giochi, ed è lui a preoccuparsi del lavoro del padre o di come sta nel nuovo appartamento». Per tante coppie, invece, la gestione dei bambini diventa un terreno minato. Simona Napolitani si occupa di diritto di famiglia da 30 anni: «C’è stato un boom di addii da quando il divorzio breve ha velocizzato le pratiche. E c’è un sommerso dimenticato: quello delle coppie di fatto che non vanno in tribunale per chiudere il matrimonio e, quindi, non risultano nei numeri. La maggior parte dei casi che seguo riguarda ex conviventi in guerra per i figli. L’affido condiviso è prassi, ma spesso rimane un’etichetta e dopo mesi di visite negate i genitori devono rinegoziare l’accordo».

La nuova cultura della paternità

Qualcosa, però, si muove. «Sta nascendo una nuova cultura, i papà vogliono essere più presenti e responsabili» nota l’avvocato. «Quindi anche i tribunali sono “padricentrici”, attenti alle esigenze maschili. Lo dimostrano le sentenze recenti che hanno deciso che l’uomo non deve assicurare per sempre alla ex il tenore di vita che aveva con le nozze. Oggi le donne hanno quindi meno tutele». Le questioni aperte non finiscono qui. «Guardando i numeri sembra che ci sia una guerra tra sessi» dice Eugenia Maifredi, presidente dell’associazione Mamme papà separati (www.mammepapaseparati.it). «In realtà sono entrambi sconfitti. Le donne cercano un lavoro, che magari avevano lasciato per occuparsi dei figli, e non lo trovano (anche se una sentenza ha stabilito che l’ex marito eroghi l’assegno di divorzio, quando la donna abbia lasciato il lavoro per la famiglia e fatichi a trovarne uno). Gli uomini sono costretti a vivere con i genitori o con gli amici. Ecco perché servono soluzioni pratiche, come agevolazioni sulle tasse e sugli affitti. Sul fronte psicologico, poi, è un lutto che lascia un’enorme solitudine».

L’associazione che aiuta i separati

«Mi aiutano le altre mamme come me». È quello che Elena sta sperimentando. I genitori sono lontani, gli amici in coppia e lei spesso si ritrova senza rete. Anche se ora ha una spinta in più. «La scorsa estate stavo organizzando le vacanze: anche quelle diventano un’impresa se non navighi nell’oro e gli albergatori continuano a chiederti perché prenoti per un solo adulto con bambino. Su Internet ho trovato Small Families (www.small families.it), un osservatorio dedicato alle famiglie a geometria variabile, quelle che escono dalle classiche categorie». L’associazione, fondata da Gisella Bassanini, offre sportelli di ascolto e sconti. E prova a cambiare la mentalità, per esempio con la collana di libri smALLbooks (www.cinquesensi. it). «Il volume sul Natale è stata la mia coperta di Linus. Ma ad aiutarmi sono le persone. Una volta al mese ci ritroviamo per un aperitivo. Ci scambiamo consigli e ci confidiamo, senza vittimismo o paura di essere giudicati. Con un’altra mamma progettiamo qualche gita. Piccole cose, che danno un po’ di normalità. Magari l’anno prossimo potremmo portare i ragazzi in Africa. Fino a pochi mesi fa mi sembrava follia, ma insieme si può fare».

82.469 I divorzi nel 2015. Le separazioni sono state 91.706

57% L’aumento dei divorzi dopo la legge sul divorzio breve.

8 su 10 Le volte in cui la donna chiede la separazione

89% I casi in cui è deciso l’affido condiviso dei figli. 94% I casi in cui il marito dà l’assegno mensile di mantenimento (in media 485 euro)

Fonte: Istat

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