Serve ancora il corsivo?

Scrivere in corsivo aiuta la memoria, l'organizzazione del pensiero e la produzione di idee. E mentre negli Usa e in Finlandia non si insegna più, due insegnanti italiane si battono per valorizzarlo

Ci sono paesi, come l’America, che hanno abolito il corsivo da anni, privilegiando lo stampato; altri, come la Francia, dove invece si impara insieme allo script e altri ancora, come la Finlandia, dove il corsivo non solo non viene più insegnato, ma non si scrive più neppure con carta e penna, bensì utilizzando dispositivi elettronici come tablet.

Eppure il corsivo ha un’importanza determinante nei processi di apprendimento e sarebbe anche in grado aiutare i bambini con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), come dislessia o disgrafia. Ne sono convinte Rossana Lanari e Viviana Federici Di Martorana, due ricercatrici liguri, che hanno rivolto un appello al Ministro dell’Istruzione: «Chiediamo alla Ministra Fedeli di lavorare anche per il recupero di una scrittura legata, celere, capace di attivare particolari aree cerebrali».

I benefici del corsivo

È recente il dibattito aperto dalle parole del Ministro dell’Istruzione sulla possibilità di introdurre l’uso di smartphone e tablet in classe. L’appello delle due esperte va invece nella direzione opposta ed è stato lanciato in occasione della presentazione del loro libro, “Il corsivo alla base dell’apprendimento” (Ed. Erga), frutto di una ricerca, condotta su bambini dell’Istituto comprensivo di Busalla, a Mignanego in provincia di Genova.

In particolare Rossana Lanari, psicomotricista neurofunzionale, esperta di DSA, fondatrice dell’ADS O tortaieu (riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione), è convinta che vada recuperato e insegnato persino dal primo giorno di scuola: «Abbiamo applicato il nostro Metodo Educativo Psicomotorio su 35 bambini di due sezioni di prima elementare e in pochi mesi tutti hanno imparato a scrivere in corsivo, compresi quelli con alcune difficoltà iniziali» spiega a Donna Moderna l’esperta, referente in Liguria di Psine, associazione che utilizza la psicomotricità neurofunzionale per il sostegno scolastico in casi di problemi di apprendimento.

Come insegnare il corsivo e perché

«La nostra ricerca ha mostrato come non solo sia bene insegnare il corsivo, ma è meglio proporlo fin da subito, come unico tipo di scrittura. Siamo partite da uno studio americano, condotto dalla Dottoressa Karin James dell’Università dell’Indiana, che ha studiato i movimenti cerebrali che avvengono durante la produzione scritta» spiega Lanari.

«Utilizzando degli elettrodi, si è constatato che quando si usa la tastiera di un pc si attivano solo alcune aree del cervello; quando di scrive a mano, seguendo un tratteggio come nel caso della pre-scrittura, se ne attivano in numero maggiore; se, invece, si scrive a mano libera in corsivo, ecco che sono impegnate tutte le aree del cervello. Questo dimostra la maggiore complessità, ma anche completezza di competenze richieste da questo tipo di scrittura: il corsivo prevede, infatti, requisiti psicomotori come la coordinazione oculo-manuale, l’orientamento spazio-foglio o la manualità fine».

Un altro studio statunitense, coordinato dalla Professoressa Virginia Berninger, docente di Psicologia Cognitiva alla University of Washington e condotto anch’esso su bambini della scuola primaria, dimostra che il corsivo non solo aiuta a scrivere più velocemente, ma attiva anche circuiti nervosi unici, in grado di favorire la memorizzazione, una produzione più ricca di parole e l’apprendimento del processo di lettura.

Il corsivo fa bene anche agli adulti

Secondo Berninger, la scrittura legata e a mano ha indubbi benefici anche sugli adulti: il solo prendere appunti implicherebbe un processo di memorizzazione a lungo termine, una maggiore organizzazione del pensiero e aumenterebbe la produzione di idee.

Un altro studio, condotto da Princeton University, ha confermato come la scrittura in corsivo coinvolga il cervello in un’attività sempre nuova, mentre quella a computer richiede uno stesso movimento identico ripetuto all’infinito.

Un esempio è la scrittura della parola “typing” (in inglese “digitare”): a computer è sufficiente digitare 6 volte le lettere che la compongono; a mano e in corsivo, invece, occorre tracciare 6 lettere differenti tra loro e unirle. Questo implica uno sforzo superiore e un coinvolgimento maggiore del cervello, ma lascerebbe un ricordo più profondo su ciò che si è scritto.

La ricerca è stata condotta chiedendo a un campione di studenti adulti di prendere appunti con il laptop o a mano. Nel primo caso la tendenza era a riprodurre letteralmente quanto sentito a voce, senza rielaborare in modo autonomo; nel secondo, invece, c’era maggiore capacità di cogliere il concetto di base, di processare le informazioni e fissarle con parole proprie.

Corsivo o tastiera?

Il dibattito sull’efficacia e l’utilità dell’insegnamento del corsivo, si inseriscono coloro che ritengono una perdita di tempo l’insegnamento della scrittura a mano in una società nella quale i devices, sempre più diffusi e connessi a internet, permettono di scrivere, copiare e inviare documenti più rapidamente.

«Il corsivo è anacronistico» sostiene il Professor Italo Farnetani, ordinario di Pediatria presso la Facoltà di Scienze Mediche della L.U.de.S. di Malta e autore di “Youtubers: chi sono e perché hanno successo” (Ed. San Paolo, curato da C.Palazzini e L.Gialli). «Io parto dal presupposto che i nostri ragazzi sono nativi digitali, dunque digitano per scrivere; a loro il corsivo non serve, è uno strumento che non utilizzano più: per questo è inutile insegnare loro qualcosa di antiquato. La scuola deve essere autorevole, e per farlo deve avere continuità con la società e la realtà esterna: il corsivo fuori dalle aule non si usa, i ragazzi scrivono con smatphone e tablet. Occorre, piuttosto, concentrarsi sulla grammatica: il problema, secondo me, non è il fatto che nella scrittura sincopata utilizzino “ke” al posto di “che”, quanto piuttosto che non sappiano più come coniugare i verbi».

Cosa dice la legge

In Italia l’insegnamento del corsivo alla primaria è considerato non vincolante ai fini del percorso didattico, tanto che viene spesso introdotto alla fine della prima e non di rado demandato ai genitori, come attività da ultimare durante l’estate. Le Indicazioni per il curriculo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo, emanate dal Ministero dell’Istruzione il 4 settembre 2012, non contengono infatti direttive specifiche sulla scrittura a mano. Sono previsti, invece, modelli didattici personalizzati* che possono escludere il corsivo dall’apprendimento per i bambini con DSA.

Il corsivo e i DSA

«Il tipo di scrittura non deve rappresentare un problema per i DSA, perché è solo lo strumento di un’operazione mentale. Per questo non occorre insistere sul corsivo. E poi, come si potrebbero allenare a imparare il corsivo, se lo usano solo a scuola?” si chiede Farnetani.

Diversa l’opinione di Lanari: «Noi abbiamo un approccio inclusivo, che coinvolge il corpo anche nell’insegnamento della scrittura o della matematica. Ad esempio, utilizziamo la scrittura con la polenta o la formazione di lettere con la pasta di sale. La matematica, invece, viene approcciata anche con attività in palestra. Fin da subito, poi, utilizziamo quaderni piccoli, formato A5, e quadretti da 5mm, che solitamente vengono invece introdotti in terza o quarta elementare. Partendo dalla didattica degli anni ’60, ad esempio con l’ausilio dell’Abbecedario, e recuperando elementi della scuola montessoriana, insieme allo shiatsu, la nostra ricerca ha mostrato che il corsivo può essere imparato anche dai bambini DSA con la stessa tempistica degli altri, stimolandoli adeguatamente da un punto di vista motorio e il prima possibile».

Il ritorno del corsivo

Negli Stati Uniti, dove il corsivo è stato abbandonato da anni, si sta ora assistendo a un’inversione di tendenza. Nel 2016 in Louisiana è stata approvata una legge che reintroduce questo tipo di scrittura come requisito necessario alla scolarizzazione dei bambini dai 3 ai 12 anni, dando un anno di tempo agli insegnanti per adeguarsi. A seguire altri 14 stati hanno incluso il corsivo come competenza da inserire nel curriculum. Per facilitare l’apprendimento, Berninger ha suggerito di insegnare il corsivo in tre fasi: dopo aver proposto lo stampato, che dovrebbe agevolare anche la lettura con lettere più semplici da riconoscere, l’esperta americana propone di introdurre il corsivo intorno agli 8/9 anni, perché che aiuterebbe anche nell’ortografia, per poi passare all’utilizzo delle tastiere, con il digiting, dall’ultimo anno delle elementari.

Alla (ri)scoperta della calligrafia

VEDI ANCHE

Alla (ri)scoperta della calligrafia

Riproduzione riservata