Annalisa Monfreda Donna Moderna marzo 2020

Annalisa Monfreda

Care lettrici, Donna Moderna resta con voi

  • 19 03 2020

C’è stato un momento, anzi più di uno, in cui abbiamo temuto che avremmo mancato questo nostro appuntamento con voi. Come molti, in Italia, non eravamo pronti allo smartworking. La redazione è la nostra agorà, un open space che, se da una parte richiede una disciplina ferrea, dall’altra ci permette un dialogo continuo, l’esercizio del dubbio, che è l’anima di questo giornale. Quando i colleghi dell’IT hanno fatto il miracolo, lavorando giorno e notte per agganciarci dalle nostre case all’agorà ormai lontana, abbiamo temuto che potessero chiudere le edicole. Non è successo, per fortuna. È stato riconosciuto che le edicole, come i negozi di alimentari e le farmacie, vendono un bene di prima necessità, oggi più che mai.

In ognuno di questi momenti, nella mia camera da letto adibita a studio, proprio mentre stavo per cedere alla rassegnazione, c’è stato un messaggio che ha rinfrancato il mio spirito, parole che hanno frantumato l’angoscia. «Peccato non poter consegnare a mano il giornale, oppure mettere una copia nella cassetta di frutta che ti portano a casa». «Assolutamente bisogna cercare in tutti i modi di far uscire il giornale nelle edicole».

«Forse questo è il momento per darci da fare ancora di più del solito, senza scoraggiarci, per rendere il nostro giornale più autorevole e interessante». Sono messaggi dei miei colleghi, i giornalisti di Donna Moderna. Che mentre impaginavano su microcomputer, aggiornavano il sito 24 ore al giorno, scrivevano articoli con il collegamento a singhiozzo, magari a orari improbabili per evitare il sovraccarico della rete, trovavano il tempo e il bisogno di dire a tutti gli altri di tenere duro.

«È portentoso quello che succede. / E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano. / Forse ci sono doni. / Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.» Mi sono venute in mente le parole della poesia di Mariangela Gualtieri, 9 marzo duemilaventi. Questa è la pepita d’oro per me. Scoprire che avere una squadra significa potersi fermare, perché c’è qualcuno che raccoglie il testimone e lo porta avanti mentre tu riprendi fiato.

Avere una squadra significa potersi permettere la tristezza, lo scoramento, ché tanto la parola capace di restituirti il sorriso, l’energia, la voglia di combattere prima o poi arriva.

Care lettrici, è grazie a questa squadra che tutti noi restiamo a casa. E Donna Moderna resta con voi.

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