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Legge 104: l’assistente al disabile può essere più d’uno

Cambia la legge 104: i 3 giorni di permesso mensile possono essere distribuiti tra più familiari che ne fanno richiesta. Possono usufruirne anche coppie di fatto e partner dello stesso sesso

Sulla Legge 104 arrivano novità. Cambiano, infatti, i permessi concessi ai cosiddetti caregiver, coloro che si prendono cura di genitori, ma anche figli o partner affetti da forme di disabilità, e che necessitano di cure e attenzioni particolari. Con il decreto legislativo (il n.105 del 30 giugno 2022), entrato in vigore il 13 agosto, sparisce il referente unico.

Legge 104, le novità: sparisce il referente unico

Con la nuova norma, più di un lavoratore dipendente potrà fruire dei giorni di permesso retribuito (3 giorni al mese o ore retribuite) per assistere una persona con disabilità grave. Di fatto, quindi, scompare la figura del referente unico.

Anche le coppie di fatto possono prendere i permessi

Ma non solo: la novità si aggiunge a quanto previsto da una circolare della scorsa primavera (n.36 del 7 marzo 2022), con cui l’Inps aveva esteso la possibilità di richiesta di permessi con la legge 104 ad altri soggetti, come coppie “di fatto” e persone dello stesso sesso legate a unione civile, che dunque sono state equiparate a tutti gli effetti a coppie legalmente sposate.

Rimane il vincolo di poter fruire dei permessi retribuiti previa autorizzazione dell’Inps. Ma vediamo in cosa consiste la legge e chi ne ha diritto.

Cos’è la legge 104 e cosa prevede

Si tratta di una legge del 1992, che ha subito modifiche e integrazioni successive e che è stata messa a punto con l’obiettivo di permettere di assentarsi dal lavoro per assistere un familiare malato o con disabilità. Consente di usufruire di 3 giorni di permesso al mese, frazionabili anche in ore. Lo stesso quantitativo di ore/giorni è previsto anche per il lavoratore disabile, che può assentarsi dal lavoro o godere di riposi orari giornalieri di 1/2 ore, in base al tipo di contrattazione col suo datore.

Tutte le categorie interessate dalla legge 104 

Oltre ai soggetti che necessitano di particolari riposi i cure, le altre categorie per le quali è stata pensata la legge 104 sono le seguenti:

– Genitori, anche adottivi o affidatari, di figli con disabilità grave. “Nel caso di bambini piccoli, sono previsti permessi per i il padre e la madre che debbano assistere i figli disabili in situazioni di gravità, se minori di tre anni. Esistono anche altre modalità previste per i bambini di età differenti” spiega a Donna Moderna Alessandro Rota Porta, esperto consulente del lavoro.

– Partner: “Rientrano in questa categoria non solo il marito o la moglie regolarmente coniugati. Dal 2016 la legge ha parificato anche le unioni civili e le convivenze di fatto, dunque i permessi sono estesi anche ai partner non uniti da matrimonio civile” dice l’esperto.

– Familiari, fino al 2° grado di parentela o parenti fino al 3° grado nel caso in cui i genitori o il partner della persona con disabilità abbiano compiuto 65 anni di età o siano loro stessi affetti da patologie invalidanti, o siano deceduti o mancanti.

Possono usufruire della legge 104 anche gli stessi soggetti che abbiano una disabilità e in particolare: i portatori di handicap (minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata e progressiva, che causa difficoltà di apprendimento, di relazione  o integrazione nel mondo del lavoro, che sia motivo di svantaggio sociale e emarginazione); coloro ai quali è riconosciuta una disabilità grave che, in base all’art.3, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata anche all’età, e che dunque renda necessaria l’assistenza permanente, continuativa e totale.

Chi ha diritto alla legge 104 

Possono presentare domanda all’Inps per ottenere il riconoscimento della legge 104 i lavoratori dipendenti (full time e part time) pubblici e privati di imprese dello Stato, di Enti pubblici e Enti locali privatizzati. Ne hanno diritto coloro che rientrano nelle categorie previste per le prestazioni di maternità presso l’INPS, compresi genitori lavoratori dipendenti con figli in situazione di disabilità grave, con modalità differenti a seconda che i bambini abbiano più o meno di 3 anni.

Esiste poi un altro requisito. Il familiare con situazione di disabilità grave – che deve essere riconosciuta da apposita commissione della ASL con un medico dell’Inps – non deve già usufruire del ricovero a tempo pieno (24h/24) presso ospedali o strutture sanitarie pubbliche o private, che offrano assistenza sanitaria continuativa per soggetto malato.

In pratica il permesso viene erogato solo nei casi in cui il soggetto da seguire non abbia la possibilità di ricevere assistenza da nessun altro.

Chi è escluso dalla legge 104

Esistono alcune categorie di lavoratori che non hanno la possibilità di usufruire della legge 104. Si tratta di lavoratori autonomi, parasubordinati o a domicilio; addetti ai lavori domestici e familiari, e lavoratori agricoli a tempo determinato occupati a giornata.

Per alcune di queste categorie, però, sono allo studio forme di assistenza, in particolare nel Testo Unico in attesa di approvazione in Senato. “Con il pacchetto del Jobs Act, però, erano previste alcune novità. Purtroppo in molti casi non sono ancora diventate concrete, perché manca la conversione in decreti attuativi e per buona parte dei provvedimenti sono scaduti i termini. Il nuovo testo, invece, recepirebbe alcuni aggiornamenti molto utili ai lavoratori” commenta Rota Porta.

Come funziona negli altri Paesi

“In altri paesi europei ci sono già legislazioni che prevedono alcuni benefici, anche economici, per coloro che assistono persone con disabilità. È così in Francia, Spagna e Gran Bretagna, ma esistono provvedimenti anche in Polonia e Grecia” spiega Rota Porta. “Va comunque detto che l’Italia è all’avanguardia nella normativa che favorisce il welfare, perché di recente sono stati fatti notevoli passi avanti e si è in qualche modo recuperato terreno – dice l’esperto – Si tratta soprattutto di interventi nell’ambito della incentivazione di carattere fiscale alle aziende, che ha ricadute positive anche sui lavoratori. Non riguarda solo i caregiver, ma anche la sfera dell’assistenza sanitaria e l’attenzione per coloro che necessitano di terapie di lungo periodo, che hanno consentito di attivare piani o regolamenti di welfare aziendale. Ciò che manca è una normativa generale, che però potrebbe arrivare con l’approvazione del Testi Unico” conclude l’esperto.

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