È vero che gli elettrodomestici hanno una “scadenza”?

In Francia alcune multinazionali, da Epson a Canon a Apple, sono finite sotto inchiesta: le prime 2 sono sospettate di bloccare le stampanti quando le cartucce di inchiostro non sono ancora terminate, la terza di rallentare volontariamente i vecchi modelli di iPhone (anche l’Antitrust italiano ha avviato una procedura, anche se l’azienda sta lanciando un aggiornamento per risolvere il problema). Tutte sono accusate dalla magistratura d’Oltralpe del reato di “obsolescenza programmata”. Di cosa si tratta? Sarebbe una scadenza, un tempo di vita di prodotti come lavatrici, frigoriferi, televisori per spingere i consumatori a sostituirli. Con un danno per l’economia e per l’ambiente: secondo il Comitato di vigilanza sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche in Italia (Raee), ognuno di noi ha eliminato in media 4,7 chili di spazzatura elettronica solo nel 2016, per un totale di 283.089 tonnellate smaltite correttamente. Ma è una cifra al ribasso se si pensa che il Comitato di vigilanza e di controllo del ministero dell’Ambiente stima che più di 6 elettrodomestici su 10 finiscono nel mercato illegale.

Si riducono i costi a scapito della riparabilità

«Il fatto che i prodotti siano pensati per avere una vita utile definita è legittimo. Hanno un alto livello di complessità e un prezzo molto più basso rispetto al passato: non possono essere eterni» chiarisce Marco Cantamessa, ordinario di Gestione dell’innovazione al Politecnico di Torino. «Spesso sono progettati in modo da ridurre i costi, a scapito della riparabilità. Per renderli manutenibili dovrebbero costare di più: per questo preferiamo cambiarli anziché chiamare un tecnico». Anche i cellulari oggi sono sofisticati minicomputer e necessitano di continui aggiornamenti «che possono risultare pesanti per l’hardware più vecchio, rallentando le prestazioni». Le teorie complottiste del tipo “le multinazionali sono tutte d’accordo” sono quindi un bluff? «Anche se è tecnicamente possibile, senza avere le prove non si può dire che i produttori inseriscano righe di codice che inducono guasti di proposito». È proprio quello che sta cercando di capire la magistratura francese, memore del primo cartello sull’obsolescenza programmata della storia: quello dei produttori di lampadine, che nel 1924 fissavano a Ginevra a 1.000 ore la durata massima dei bulbi a incandescenza.

Si cambiano i prodotti anche se funzionano

Un discorso diverso è invece l’obsolescenza “percepita”, ovvero la spinta che induce a sostituire il pc o la lavatrice vecchi anche se funzionano ancora. «Colpa del marketing delle aziende che invogliano a farlo, magari a costi contenuti» sottolinea Antonio Longo, consigliere del Comitato economico e sociale europeo. «Da tempo chiediamo di inserire nell’etichetta dei prodotti informazioni relative alla loro presunta durata». E in questa situazione, come ci si difende? «Bisogna informarsi sulle garanzie e, se ci sono deroghe illegali inferiori ai 2 anni, segnalarle all’Antitrust. E fare attenzione alle trovate pubblicitarie che sembrano estendere le garanzie, per esempio fino a 10 anni: non sono indice di migliore qualità, il più delle volte riguardano solo alcune componenti del prodotto».

Dal pc alla tv, quanto dovrebbero “vivere”

A fine 2017 anche le Nazioni Unite si sono occupate dell’obsolescenza dei prodotti con il rapporto “The long view” di Onu Ambiente. Oltre alle raccomandazioni sul tempo di utilizzo, sul design più efficiente e sul miglior supporto per la riparazione, lo studio riporta una classifica dell’aspettativa di durata di alcuni elettrodomestici da parte dei consumatori. Dallo spazzolino elettrico (2 anni) al pc (3 anni), dall’aspirapolvere (5-6 anni) alla lavatrice e al televisore (da 7 a 10 anni).

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