Hygge: la felicità che viene dal Nord

I bestseller i manuali “made in Scandinavia” insegnano a mangiare sano, dormire sereni, godere delle piccole gioie. Funzionano anche in Italia? La scrittrice Pulsatilla li ha letti per noi.

Da divoratrice di manuali, so bene che sono una forma d’ansia. Cose che prima sapevo fare benissimo, ora neanche mi azzardo a iniziarle se prima non ho scaricato un’app che mi tranquillizzi. I manuali sul bon vivre, poi, sono una vera droga. Vivere bene senza soldi, vivere bene da soli, vivere bene giocando a scacchi: sono ricette più rassicuranti dei video-tutorial per la carbonara. Vivere bene, in teoria, dovrebbe venirci abbastanza facile, visto che il Grande Regista Universale ci ha dotati di pratici sensori che ci fanno godere quando viviamo bene e ci provocano dolore quando viviamo male. Ma c’è un ma.

È difficile resistere alla tentazione di cercare regole di benessere 

Soprattutto quando a darle sono i civili popoli nordeuropei. “Come vivere bene copiando lo stile di vita scandinavo” è il trend di quest’anno. Secondo tale corrente saggistica, la Danimarca è la nuova pietra miliare della felicità: disoccupazione al 6%; welfare tra i più efficienti del mondo; congedo di paternità di due settimane; reddito minimo garantito di oltre 1.300 euro. E vogliamo parlare dei calzettoni con l’interno di pelliccetta, forse la cosa più intelligente che un Paese possa produrre in termini di benessere?

Tra mamme danesi e taglialegna norvegesi

Tra i primi bestseller venuti da Nord c’è The danish way of parenting, guida danese alla genitorialità disinvolta e sicura di sé. Il segreto? Essere giocosi, autentici, solidi. Ma anche gli altri Paesi scandinavi hanno qualcosa da insegnarci. Esce ora in Italia La guida scandinava per vivere 10 anni di più (La nave di Teseo) di Bertil Marklund. Un vademecum per abbronzarsi con giudizio, mangiare sano, tenersi in forma, dormire saporitamente e voler bene a tutti: semplici regole di pace esistenziale la cui ricompensa è una vita più lunga, facile e gratificante.

È ora in libreria pure Norwegian Wood. Il metodo scandinavo per tagliare, accatastare e tagliare la legna (Utet) di Lars Mytting, che spiega quant’è bello raccogliere e accatastare la legna attraverso una serie di tecniche che semIl metodo scandinavo per tagliare, accatastare e brano liberamente tratte da una collezione Ikea. Fare la legnaia si dice Elga, fare una scultura di legno in giardino si traduce Hamar, mentre una catasta natalizia è Brumunddal. Affascinante, di certo, ma non so quanto utile per chi vive a Caltanissetta.

Il bestseller più bestseller di tutti, il cui autore ha un cognome che già di per sé è un manifesto scandinavo, è Hygge: la via danese alla felicità (Mondadori) di Meik Wiking. È un trattato sul concetto, appunto, di hygge. Si scrive hygge, si legge hùu-ggaaah e si può tradurre più o meno con “vita di coccola” (il contrario della Secondo Wiking, è la radice culturale di tutta la gaudenza danese. Vivere in modo hygge significa creare intimità, infilare maglioni a collo alto, starsene raggomitolati sul divano, sorridere, abbracciare, collaborare, mangiar bene, sentirsi al sicuro, sorseggiare tè, gioire delle piccole cose, cogliere la magia della vita. E fare le puzzette sotto il plaid. 

La domanda è: leggere manuali è “hygge”?

Secondo me no. Un manuale sull’hygge, per me, tradisce l’idea stessa di hygge; leggere un manuale è un’azione tesa e prestazionale. Hygge è il contrario, è abbandono, fiducia, semplicità e naturalezza. Marino Niola, antropologo, sostiene che l’eccesso di regole, la mania contemporanea di manualizzare tutto, non fa altro che soffocare il cuore e toglierci felicità: «Quando si scrivono molti manuali su un argomento, vuol dire che quell’argomento latita. Molti manuali sulla felicità rivelano che di felicità ce n’è poca».

Per l’antropologo, la Scandinavia è sideralmente lontana dalla felicità: «Si vede dal tasso di depressione e di suicidi, dalla solitudine, dalla faccia delle persone. Basta farsi un giro da quelle parti per accorgersi che la gente è tutto fuorché felice». E il welfare? I servizi sociali? Le prestazioni statali? Secondo Niola, la felicità è un’altra cosa: «È una proporzione aurea fatta di benessere, slancio vitale, apertura alla vita e apertura agli altri. Invece questo Stato nordico onnipresente, che ti assiste e ti fa da balia come un genitore, genera un senso di demotivazione e ti trasforma in una specie di bamboccione a vita».

In un certo senso, quindi, sono gli scandinavi che potrebbero imparare qualcosa da noi. «Come tutti i ragazzi di strada che devono vedersela da soli, noi latini siamo pieni di vitalità» conclude l’antropologo Niola, senza nascondere un empito di tenerezza. E allora, se proprio non vi fidate dei vostri rilevatori mediterranei di felicità, e volete provare il metodo hygge per essere felici, vi suggerisco di comprare un panetto di burro danese, spararvelo su una fetta di pane e mangiarvelo. Mangiatelo come vi viene, senza che qualcuno vi dica come.

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