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Acqua all’arsenico in 128 comuni italiani

La UE non concede più tempo per risolvere il problema delle acque pubbliche inquinate. I comuni che ancora non rispettano le norme di sicurezza devono intervenire subito o vietare il consumo domestico dell'acqua del rubinetto

No alla terza deroga per i comuni italiani che non hanno ancora risolto il problema dell’inquinamento delle acque potabili.
 
Il rischio di contaminazioni di arsenico e altre sostanze chimiche è stato registrato nei rubinetti di 128 centri urbani italiani (situati soprattutto nel Lazio, ma anche in Campania, Lombardia, Toscana, Trentino Alto-Adige e Umbria) su un totale di circa 8.100 amministrazioni.
 
I parametri di sicurezza sono stati imposti dalla direttiva UE del 1998 e ora nel mirino di Bruxelles ci sono i comuni che ancora non rispettano i parametri europei per quanto riguarda la presenza di arsenico, floruro e bario nelle acque destinate al consumo.
   
”I 128 comuni con un tasso troppo alto di arsenico nell’acqua non sono un problema che si può risolvere con un colpo di mano burocratico”, denuncia il senatore Franco Bruno di Alleanza per l’Italia, componente della Commissione Territorio, ambiente e beni ambientali, annunciando un’interrogazione parlamentare al ministero della Salute.
 
Ma alcune deroghe sono previste, seppur all’interno di rigidi parametri.
Scrive la UE: ”Occorre autorizzare unicamente deroghe per valori di arsenico fino a 20 mcg/litro (microgrammi per litro)”. E spiega: ”Le prove scientifiche esposte nei documenti dell’Organizzazione mondiale della Sanità consentono deroghe temporanee fino a 20 mcg/litro, mentre valori di 30, 40, 50 mcg/litro determinerebbero rischi sanitari superiori, in particolare talune forme di cancro”, per cui è urgente un intervento risolutivo.
 
L’Italia quindi deve assicurare al più presto che la fornitura di acqua rispetti i valori dei parametri della direttiva.
 
Una volte attenuata l’emergenza, l’Italia dovrà effettuare un monitoraggio dei parametri interessati, mettere in atto piani d’azione correttivi e dal 2011 presentare una relazione annuale sui progressi realizzati.
 
La deroga, secondo Stefano Ciafani, direttore scientifico di Legambiente, ”È uno strumento previsto per rientrare in tempi brevi nei limiti delle sostanze inquinanti e quindi per risanare una situazione non legale. Ma gli enti locali avrebbero dovuto avvisare i cittadini della presenza oltre i limiti degli inquinanti nell’acqua potabile. Ora, in pratica” conclude Ciafani “Se la richiesta italiana di allungare la deroga non viene autorizzata, l’acqua, nei 128 comuni, è considerata fuori norma e i comuni dovranno fare un’ordinanza per vietarne l’uso domestico“.
 
Per dare un’idea della gravità del problema, Ciafani riferisce che sebbene limite di arsenico sia fissato a 10 mcg/litro, in alcuni comuni del Lazio arrivano addirittura a 50 mcg/litro.
 
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