Alzheimer: sintomi iniziali

L'Alzheimer comporta un progressivo decadimento delle funzioni cognitive. Perdita di memoria, in particolare a breve termine, disorientamento e stato confusionale sono i primi segnali che dovrebbero indurre in allarme chi vive accanto ad una persona che da un giorno all'altro sembra non essere più quello di prima. Soprattutto se ha un'età intorno ai 65 anni.  

«All’inizio può essere difficile per i familiari riconoscere che qualcosa nel partner o nel genitore non va, perché i disturbi dell'Alzheimer sono sfumati e poco costanti, con la conseguenza di essere scambiati come segni del normale invecchiamento oppure di stress - esordisce la dottoressa Maria Pia Prudenzano, specialista in neurologia - Ma se si profila il dubbio, anche minimo, che i meccanismi della mente del proprio caro si sono inceppati è bene ricorrere subito ad una visita neurologica».

Nelle prossime pagine, leggi l'intervista su come riconoscere l'Alzheimer nei suoi sintomi precoci.

Alzheimer precoce: che cos’è e come riconoscerlo

Una guida ai sintomi iniziali della demenza senile più diffusa nel mondo, stilata con l'aiuto dell'esperta

La malattia di Alzheimer (conosciuta anche come demenza di Alzheimer, morbo di Alzheimer o semplicemente Alzheimer) è la forma di demenza senile più diffusa nel mondo, caratterizzata dalla perdita graduale e irreversibile delle funzioni cerebrali.

Alla base della malattia vi è una lenta e progressiva degenerazione dei neuroni in tutte le aree della corteccia cerebrale (la struttura principale del cervello, nonché la più evoluta e complessa tra tutti i sistemi viventi).

Nelle zone neuronali colpite si formano placche di una sostanza chiamata amiloide, che nel tempo danneggiano completamente le strutture e le funzioni dei neuroni. Nella gallery in alto una breve guida sui primi segnali “strani” ai quali prestare attenzione, indicati dalla dottoressa Maria Pia Prudenzano, specialista in Neurologia presso la Clinica di Neurologia di Bari, dove si studia, tratta e cura tutte le forme di demenze e altre affezioni di mente e cervello.

Secondo l’OMS almeno 36 milioni di persone nel mondo soffrono di demenza. Di queste, il 60-70% (tra i 21 e i 25 milioni) è affetto da Alzheimer. Anche in Italia la patologia ha dimensioni rilevanti: secondo l’Istat circa 600 mila italiani sono colpiti da questa malattia.

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QUANDO BISOGNA STARE PIÙ ATTENTIDopo i 65 anniIn nove casi su dieci, il rischio di malattia aumenta

QUANDO BISOGNA STARE PIÙ ATTENTI

Dopo i 65 anni

In nove casi su dieci, il rischio di malattia aumenta con l’età. Secondo gli ultimi dati oggi colpisce una persona su 20 dopo i 65 anni. E nella maggior parte dei casi si tratta di donne, anche se non si sa ancora perché.

Se si soffre di depressione

Gli studi l’hanno inserita a tutti gli effetti tra i fattori di rischio dell’Alzheimer. La depressione, quando tra alti e bassi dura per anni, mette a dura prova le strutture cerebrali.

Se si hanno questi sintomi

Occhio alla memoria che vacilla. Cioè a una serie di dimenticanze che si ripetono quasi tutti i giorni. Attenzione anche alla perdita di orientamento nello spazio e nel tempo: per esempio se capita spesso di non ricordarsi che giorno è.

Alzheimer: i segnali iniziali che devono preoccupare

Quali sono i comportamenti del familiare che devono indurre in allarme?

Sebbene vi possa essere una notevole variabilità nell’espressione clinica dell’Alzheimer, il primo sintomo è in genere una certa difficoltà nel ricordare eventi recenti.

«Altri segnali che devono far sospettare una demenza allo stato precoce sono: l’incapacità di associare il nome agli oggetti e nell’esprimere con le giuste parole i propri pensieri» spiega la neurologa Prudenzano.

Oltre alla diminuzione della memoria a breve termine, dunque, deve far sospettare una demenza anche la difficoltà di linguaggio, «disturbi che però i pazienti all’inizio negano di avere, cercando di minimizzarli» continua la neurolga.

Come si manifesta inizialmente l'Alzheimer

Come si manifesta l’Alzheimer?

Dai primi episodi di difficoltà nell’associare nomi di persone, oggetti e ricordi, col tempo il malato di Alzheimer manifesta altri sintomi che denotano il decadimento delle funzioni cognitive.

«Inizialmente il paziente comincia a presentare difficoltà nell’eseguire le comuni attività quotidiane – spiega la dottoressa Prudenzano – Può capitare ad esempio che una bravissima cuoca dimentichi un ingrediente fondamentale di una determinata ricetta e poi pian piano riduca il suo repertorio fino a smettere completamente di preparare le pietanze perché non ricorda più come si fa».

Altro sintomo tipico è la perdita dell’orientamento con conseguente difficoltà a raggiungere luoghi abituali.

All’inizio, inoltre, capita spesso di osservare perdita di interesse per il lavoro, per la vita sociale, gli svaghi, modificazione dei rapporti interpersonali, sospettosità nei confronti dei familiari. Con il progredire della malattia compaiono alterazioni del ritmo sonno / veglia e veri e propri disturbi del comportamento».

Alzheimer: quando e a chi rivolgersi

Alzheimer: quando e a chi rivolgersi?

Lo specialista adatto è il neurologo e le strutture sono le cliniche neurologiche della propria città: sarà il medico curante a indirizzare i familiari verso il percorso adatto. Compito dello specialista sarà in seguito quello di seguire il paziente a cadenza regolare e di istruire i familiari nel suo accudimento. E purtroppo non sarà un percorso facile quello che gli aspetta.

È importante rivolgersi al medico il più presto possibile, anche quando i sintomi sembrano lievi e dubbi. Non perché ci sia speranza di arrestarli (ricordiamo che di Alzheimer non si guarisce), ma perché possono essere attenuati.

Li sintetizziamo in 10 punti:

1) Vuoti di memoria che compromettono la funzionalità di ogni giorno

2) Difficoltà a pianificare le cose o a risolvere i problemi

3) Problemi nello svolgere attività quotidiane a casa, sul lavoro o nel tempo libero

4) Confusione spazio-temporale

5) Difficoltà visive e nel riconoscimento delle relazioni spaziali tra le cose

6) Problemi a scrivere o a dire le parole

7) Problemi con l’ordine

8) Diminuita capacità di giudizio

9) Ritiro dalla vita sociale

10) Cambiamenti nel tono dell’umore e nella personalità

Alzheimer: fattori predisponenti

Quali sono i fattori predisponenti dell’Alzheimer?

«Si ritiene che alcune malattie come diabete, ipertensione, obesità, depressione possano favorire l’insorgenza di demenza, ma anche abitudini di vita sbagliate (scarsa attività fisica, fumo). Anche una bassa scolarità può favorire l’insorgenza di demenza» risponde l’esperta.

Al contrario seguire un’alimentazione corretta, mantenersi in buona forma fisica e avere molti interessi sembrano ritardare la malattia. È importante avere rapporti sociali, seguire programmi televisivi, discuterne con gli amici, risolvere cruciverba o altri enigmi, giocare a carte. È fondamentale avere una vita affettiva serena e partecipare attivamente alla vita familiare.

L'Alzheimer è ereditario?

Ma l’Alzheimer è ereditario? Ha una base genetica?

«La malattia di Alzheimer è quasi sempre sporadica e in più del 90% dei casi non si eredita geneticamente, ma ci sono alcuni casi in cui si trasmette ai discendenti» risponde la neurologa.

Alla base vi è l’accumulo di beta amiloide e placche neurofibrillari nei neuroni di strutture nervose importanti per la memoria, il linguaggio ecc. con conseguente degenerazione e morte cellulare

«Anche nei casi sporadici l’accumulo delle proteine nei neuroni è dovuto ad una mutazione genetica. Alcune mutazioni si conoscono, altre ancora no. I fattori ambientali sono importanti e anche questi devono essere studiati ulteriormente».

Alzheimer: esami per la diagnosi

Come si diagnostica l’Alzheimer?

Una prima diagnosi viene effettuata con la visita specialistica presso il neurologo e la somministrazione di test psicologici che misurano la perdita di memoria.

«Contestualmente, lo specialista prescrive la Risonanza Magnetica Encefalo che, in caso di diagnosi positiva, evidenzia la perdita di neuroni (atrofia cerebrale).

Altri esami utili per diagnosticare l’Alzheimer sono:

– la Tomografia a Missione di Positroni (PET), utile per dimostrare una ridotta attività metabolica;

– la rachicentesi (cioè la puntura lombare) con dosaggio liquorale di beta amiloide e proteina tau.

È importante, inoltre, effettuare analisi che escludano stati anemici, ipotiroidismo ed altre possibili cause di disturbi cognitivi.

Alzheimer: si può arrestare il decadimento cognitivo?

Si può arrestare la malattia di Alzheimer?

«Purtroppo, no. Non è stato ancora individuato alcun trattamento farmacologico efficace al 100% per questa patologia.

Tuttavia alcuni farmaci, chiamati “inibitori dell’acetilcolinesterasi” possono migliorarne i sintomi e rallentarne il decorso. Altri farmaci vengono utilizzati per controllare i disturbi del sonno, dell’umore e del comportamento.

Nuove molecole in sperimentazione sono anticorpi contro la beta amiloide e un farmaco che inibisce l’aggregazione della proteina tau nelle cellule neuronali» conclude la dottoressa Prudenzano.

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