Angelina Jolie

Portatrice del gene mutato che aumenta sensibilmente la probabilità di ammalarsi di cancro al seno, Angelina Jolie si fa asportare preventimente entrambe le mammelle.

 

Tra dubbi etici e certezze scientifiche, ne parliamo con l'oncologo Virgilio Sacchini, Professore presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York

Tumore al seno: l’operazione di Angelina Jolie

  • 16 05 2013

Angelina Jolie si fa asportare il seno per prevenire il cancro. Ne parliamo con l'oncologo Virgilio Sacchini

Tumore al seno: la scelta di Angelina Jolie

15 maggio 2013: nella giornata che lo IEO ha dedicato alle donne, una notizia shock arriva dall’America quasi ad irrompere nelle testimonianze delle donne curate per un tumore al seno, sconvolgendone il senso temporale. Non si tratta infatti di un racconto su una cura post-diagnosi ma su un trattamento preventivo pre-diagnosi.

Angelina Jolie, 37 anni, ha deciso di sottoporsi ad una mastectomia totale, perché portatrice del gene mutato che aumenta sensibilmente la probabilità di ammalarsi di cancro al seno e alle ovaie. E lo ha fatto prima ancora di ricevere la diagnosi, per abbassare tale probabilità.

È una strana coincidenza che la rivelazione dell’attrice, figlia di una donna morta di cancro a 56 anni, si incrocia con le storie di chi ci è passata. La sua scelta coraggiosa, espressa in una lettera al New York Times, cambia per sempre la sensibilizzazione alla prevenzione al tumore al seno, aprendo nuovi interrogativi. Di carattere scientifico ed etico.

Ne abbiamo parlato con l’oncologo Virgilio Sacchini, Professore presso il Weill Medical College of Cornell University e il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, e autore del libro Dai sempre speranza. I pazienti che hanno cambiato la mia vita, edito da Mondadori.

Cancro al seno di tipo genetico

La radicale decisione della Jolie di farsi asportare entrambe le mammelle, pur essendo sana, ha origine da una scoperta di laboratorio. Confermata empiricamente dall’elevato numero di casi di cancro nella sua famiglia: nel suo DNA è presente una mutazione genetica, responsabile di un’altissima incidenza di tumore mammario ed ovarico. Le sue probabilità di ammalarsi sono (anzi, erano) pari all’87%.

“La presenza del gene alterato non significa che fosse malata. La sua conoscenza consente invece di prepararsi ad affrontarla e di tenerla sotto controllo” – spiega il Professore Sacchini“.
Di qui la scelta dell’attrice di scongiurare il rischio alla fonte.

“Studi recenti dimostrano che la mammografia non è sufficiente per la diagnosi precoce dei tumori mammari genetici – spiega l‘oncologo americano – Il tumore si presenta con dieci anni di anticipo rispetto alla normale incidenza del tumore mammario, che è attorno ai 45 anni. Il tessuto mammario nelle persone giovani è molto denso e questo limita la sensibilità della mammografia. L’ecografia può essere d’aiuto, ma anche quella non basta”.

Test genetico: capiamo meglio

Come si fa a scoprire di essere portatrice del gene mutato che aumenta la probabilità di sviluppare un tumore al seno?

“C’è un test ematico (prelievo del sangue ndr) o sulla saliva che permette di scoprire due mutazioni geniche, le sole per ora conosciute, che possono aumentare in modo determinante il rischio di una donna di avere un tumore mammario.
I geni in questione si chiamano BRCA (le iniziali di Breast Cancer-cancro del seno) numero 1 e numero 2. Questi geni sono fondamentali per la produzione di proteine protettive del DNA della cellula mammaria e ovarica. La mutazione determina l’assenza di queste proteine con la mancata riparazione del DNA danneggiato e di conseguenza la trasformazione delle cellule mammarie o ovariche normali in cellule cancerogene“.

In questi casi, la prevenzione legata allo stile di vita sano può non bastare.

Familiarità del tumore mammario

Per evitare inutili allarmismi, chiariamo che il tumore di tipo genetico non è una frequenza così diffusa da suscitare una corsa al test genetico. “È indicato in caso di familiarità importante per tumore mammario, come la mamma o la sorella o la nonna con tumore mammario insorto in pre-menopausa o ovarico durante tutta la vita. – continua l’oncologo.

La presenza di tumori in donne giovani con meno di 35 – 40 anni, anche senza familiarità può accompagnarsi ad una mutazione dl gene.

Esiste online un sito per predire la percentuale di rischio che la donna abbia una mutazione di questi geni e in base al rischio la decisione di fare il test. In genere negli Stati Uniti un rischio del 5% giustifica il test”.

Asportazione del seno per prevenire il rischio di tumore al seno genetico

Data l’invasività dell’intervento di Angelina Jolie, l’asportazione di entrambe le mammelle è la strada realmente efficace per ridurre sensibilmente il rischio di cancro genetico?

“Nella mutazione BRCA1 i tumori che insorgono sono molto aggressivi, spesso “tripli negativi”, non esprimono cioè recettori ormonali o l’HER2, e questo li rende meno curabili per l’assenza di trattamenti specifici come il tamoxifen, gli inibitori delle aromatasi o l’herceptin (chemioterapici ndr) – spiega il Professore Sacchini.

“Un tumore anche di 5 millimetri, che è il limite di risoluzione della risonanza magnetica, esame molto più preciso della mammografia, richiede 4-6 mesi di chemio e dà pericolo per la vita, nonostante sia ad un primo stadio.

Purtroppo l’intervento profilattico di asportazione del seno è l’unico in grado di diminuire il rischio e quindi la mortalità per questo tipo tumore. Il rischio di sviluppare un tumore mammario dopo questo intervento è addirittura meno del 55% e non raggiunge il 2% in mani chirurgiche esperte.”

Ricostruzione del seno dopo la sua asportazione

“Mutilazione” è un termine forte, ma efficace se si parla dei livelli profondi correlati alla psiche di una donna. Che può sentirsi meno femminile. Non è certo una scelta facile, considerando che possono aggiungersi preoccupazioni legate all’operazione in sé.

“L’intervento è ormai di routine – rassicura il Professore Sacchini – e i rischi sono minimi se condotto da mani esperte.

I rischi sono soprattutto connessi alla ricostruzione mammaria e ad eventuali esiti estetici non soddisfacenti, che possono comunque essere ritoccati successivamente. La presenza di protesi, identiche a quelle usate in chirurgia plastica estetica da milioni di donne per aumentare il seno sono ormai sicure senza rischi per la salute, soprattutto considerando il beneficio che un intervento di questo tipo può dare in termini di riduzione della mortalità.

La chirurgia plastica ha fatto passi da gigante con ricostruzioni eccellenti che possono garantire un’ottima qualità della vita della donna”.

Angelina Jolie, a tal proposito, ha scritto al New York Times che i suoi figli non si sono accorti delle cicatrici. Chi non sappia, è quasi impossibile che immagini l’intervento subito.

Asportazione del seno: i dubbi etici

Radicale, quasi estrema, la scelta di Angelina Jolie pone diversi interrogativi di carattere etico. E non solo nella comunità scientifica, ma anche in tutte le donne. Concetti come controllo del proprio corpo si intrecciano ad accettazione del male.
Da un lato ci si chiede se è giusto “mutilarsi” da sane prima di incorrere in una malattia che fa paura; dall’altro ci si pone il dubbio se non sia più giusto aspettare il corso della natura e agire di conseguenza, sperando nel 15% di probabilità di non ammalarsi. E nel frattempo vivere con l‘ansia perenne e sottoporsi continuamente a controlli.

Ha senso il “sacrificio di sé” in nome della scienza?

“Non parlerei di sacrificio di sé in funzione della scienza – ribadisce il Prof. Sacchini. Numerosi studi hanno già confermato che la mastectomia profilattica riduce la mortalità per tumore mammario in donne con gene mutato. Direi più che la scienza è al servizio della persona, dando informazioni importanti sul rischio, uno strumento in più per decidere sul proprio futuro.

Angelina Jolie: modello coraggioso da seguire o da provocare ansie?

Tuttavia, i dubbi restano: una notizia di tale portata non rischia di aumentare ansie immotivate e far sì che Angelina Jolie diventi un modello mal interpretato?

“Il problema genetico nel tumore mammario non va affatto sottovalutato considerando che almeno il 5% (1500 donne) sulle 30.000 mila donne che ogni anno si ammalano di tumore mammario hanno questo gene – chiarisce il Prof. Saccani.
Sono quelle più giovani, nelle quali il tumore è prevenibile e che potrebbero evitare trattamenti aggressivi e spesso di morire di tumore mammario o ovarico lasciando affetti incolmabili nella famiglia e spesso nei bambini.
Penso che il nostro dovere come medici e scienziati è di mettere a disposizione della società il massimo delle conoscenze scientifiche personalizzandole per ogni paziente. Chi ha paura dell’isteria popolare, dell’angoscia che la comunicazione di un rischio può avere sulla donna, non conosce quanto le donne possano essere determinate, lucide e responsabili nel decidere il proprio futuro”.

La forza delle donne nel decidere il proprio futuro

“Nella mia vita di medico, oncologo che cura in particolare il cancro al seno, ho incontrato molte donne – racconta il professore Sacchini, nel suo libro Dai sempre speranza. I pazienti che hanno cambiato la mia vita, edito da Mondadori – E ho sempre trovato in loro una grande forza, soprattutto nelle decisioni (…)” .

Esponendo il caso di Rebecca, analogo a quello della Jolie, scrive: “Cresciuto nella scuola della conservazione del seno, intervenire come profilassi preventiva era qualcosa che avrei preferito non prendere in considerazione”.

Ma la scelta coraggiosa della donna, combattuta tra la paura del tumore e quella di non accettarsi dopo l’intervento, lo ha incoraggiato ad asportare preventivamente il seno in seguito all’esito positivo al test sul gene mutato.

Scarica il capitolo Rebecca, la spada di Damocle del libro del Prof. Virgilio Sacchini.

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