disturbi alimentari

L’anoressia va battuta sul tempo

L'anoressia non è più una malattia esclusivamente adolescenziale. Oggi ci sono pazienti di 9 anni. Per sconfiggere i disturbi alimentari bisogna intervenire il più presto possibile

Arrivano in ospedale ormai in condizioni gravissime e non tutte ce la fanno.
 
Il 10 per cento delle ragazze tra i 12 e i 25 anni vive le sofferenze dei disturbi alimentari, anoressia e bulimia soprattutto, e continua a negare la malattia finché è troppo tardi.
 
Quando arrivano in ospedale per molte di loro è troppo tardi: una su 3 ricorre alle cure di un centro specializzato solo quando ormai è in bilico tra la vita e la marte e una su 4 ha aspettato tre anni dall’inizio della malattia per rendersi conto di aver bisogno di cure.

I dati sono forniti dal Centro per i disturbi del comportamento alimentare dell’ospedale Niguarda di Milano.

La causa di un ritardo così tragico nell’intervento sul disturbo alimentare non dipende solo dalle pazienti, che negano il problema anche sul letto di morte. Spesso i genitori faticano a riconoscere il problema e la maggior parte dei medici di base non può intervenire o perché è la malata stessa ad evitare di farsi visitare o perchè la malattia non è visibile, come nel caso della bulimia.

“Accecate dal disagio psicologico, loro dicono di star bene fino all’ultimo, sfuggono alle cure. Dovrebbero essere i genitori a imporsi, a farsi venire il dubbio e a chiedere aiuto al medico di famiglia. Spesso i camici bianchi e gli psicoterapeuti che entrano in contatto con queste ragazze non hanno la consapevolezza della necessità di intervenire al più presto con le terapie” sottolinea Maria Gabriella Gentile,  direttore del centro milanese.

Non solo SOS lanciati troppo tardi, ma anche malattie insorte troppo presto.
Le pazienti infatti sono sempre più giovani: se l’età media dell’anoressia è 15-16 anni, oggi è possibile incontrare pazienti addirittura di 9 anni.
“Un fenomeno pericoloso quello della baby-anoressia” spiega Gentile “Perché ha delle conseguenze negative sulla crescita”.
 

Smettere di mangiare in età da scuola elementare mette in gioco in primo luogo l’altezza futura: “Il rischio di restare basse si aggrava con l’attesa. Più si temporeggia prima di intervenire, più questa prospettiva diventa inevitabile” sottolinea Gentile, cha ricorda il caso di una coppia di gemelle di cui una anoressica sin da piccolissima: “A distanza di anni le abbiamo riviste. La sorella sana era cresciuta 20 centimetri più della gemella con un passato da anoressica”.
 
Per salvare queste ragazze è necessario intervenire il più presto possibile, ripete l’esperta: “La guarigione è tanto più efficace e veloce quanto prima si interviene. Dobbiamo evitare che si ripetano casi limite di ragazze che arrivano in ospedale dopo aver convissuto con il loro disturbo per ben 18 anni. La guarigione è tanto più rapida quanto diagnosi e cure sono precoci. Il problema grosso è che troppo spesso arrivano da noi quando la malattia è già in atto da tempo, una su quattro dopo oltre 3 anni dall’inizio della malattia. E questo deve cambiare, perché è come se uno aspettasse di curare la polmonite quando già non respira più”.

I genitori devono essere i primi a stare in allerta. Un dimagrimento troppo rapido, un cambiamento drastico nei confronti del cibo, reazioni caratteriali diverse dal “normale” sono campanelli di allarme.
 
Se qualcosa è cambiato nel comportamento delle proprie figlie, allora è meglio rivolgersi prima al medico di base e poi ad un centro specializzato.

 
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