colon irritabile

Ci sono delle buone notizie per chi soffre di sindrome del colon irritabile, un disturbo conosciuto principalmente come colite. Ne parliamo con il dottore Dino Vaira, Professore associato di Gastroenterologia e Medicina Interna dell'Università di Bologna, il quale ci suggerisce tanti consigli utili che, oltre a curare i sintomi, aiutano a sgonfiarsi

Si tratta di un vero e proprio esercito: oltre un italiano su tre, con una netta prevalenza delle donne, accusa fastidi al colon che si manifestano mal di pancia (spasmi, crampi, dolori diffusi o in punti precisi alternati a destra o sinistra del ventre), costipazione, diarrea, stipsi e sensazione di non aver del tutto evacuato.
Un disturbo, quello del colon irritabile, che può complicare la vita di chi ne è affetto, ma che fortunatamente oggi si tiene sotto controllo. Volta pagina per leggere.

Sindrome del colon irritabile: buone notizie

Ne parliamo con il medico specialista in gastroenterologia in uno speciale dedicato alla colite. Tanti i consigli utili e preziosi da annotare: non solo alleviano i sintomi ma aiutano anche a sgonfiarsi

La cura oltre i farmaci

Chi soffre di colon irritabile passa da un farmaco all’altro nel tentativo di arginare i sintomi. Ma uno studio italiano condotto per tre anni ha rilevato che le medicine sono un passo successivo nella cura della sindrome. Prima di arrivare alla terapia farmacologica, c’è invece una strada più semplice per tenere sotto controllo la colite senza quindi ricorrere più di tanto ai farmaci.

“Si deve imparare a seguire delle regole alimentari – spiega Dino Vaira, Professore associato del dipartimento di Gastroenterologia e Medicina interna dell’Università di Bologna. – Sicuramente è più comodo assumere antidiarroici durante le crisi e continuare a seguire la propria abituale alimentazione; però si rischia di abusarne, perché l’intestino si abitua al farmaco e questo fa scattare un circolo vizioso, che tende a cronicizzare il disturbo.

In sostanza, con il tempo non si riesce più a trovare sollievo dalla dose abituale del farmaco, e si è costretti ad assumerne in quantità crescenti. Così si rischia di creare una vera e propria dipendenza dai farmaci, che porta a mal sopportare persino una crisi lieve.

Oltre alla corretta alimentazione che può essere sufficiente ad alleviare i disturbi (nelle prossime pagine vedremo i cibi più adatti), l’altra buona notizia riguarda una smentita, che fa tirare un grande sospiro di sollievo a chi soffre di sindrome del colon irritabile.
I ricercatori dell’Università del Michigan, negli Stati Uniti hanno dimostrato che questo disturbo non rappresenta un indicatore di rischio di tumore al colon, com’era stato ventilato fino a pochi anni fa. Per arrivare a queste conclusioni, gli studiosi hanno esaminato i dati relativi a un migliaio di pazienti, sottoposti a colonscopia. Hanno evidenziato che questo esame è utile per diagnosticare il tumore del colon retto solo nei casi in cui si verifichino sintomi precisi che possono essere correlati a questa forma tumorale cioè: anemia, emorragie del tratto gastrointestinale, oppure in presenza di familiarità o di celiachia.
Gli studi hanno evidenziato che la sindrome del colon irritabile, pur con tutto il suo corredo di disturbi noti, non è indice né precorritrice di patologia tumorale.

Perché si viene colpiti da colon irritabile?

A tutt’oggi non è ancora del tutto chiaro il meccanismo alla base di questo disturbo, “Si sa per esempio che c’è una componente genetica, per cui si nasce con la predisposizione ad avere un intestino più sensibile rispetto alla norma,” interviene il professor Vaira. “È recente poi la scoperta di un cervello addominale, per cui anche nell’intestino è presente una serie di neuroni, come nel cervello. In chi ha la sindrome del colon irritabile, ci sarebbe un’alterazione dell’interazione tra questi neuroni intestinali e il cervello.”

Non ci sono dubbi poi sul ruolo degli ormoni, e questo è confermato dal fatto che le donne siano più colpite. Anzi, secondo alcuni ricercatori, sono in particolare i cambiamenti ormonali a entrare in gioco e questo spiegherebbe anche come mai le donne ne soffrano soprattutto nella settimana precedente alle mestruazioni, quando con maggiore facilità possono verificarsi “turbolenze” ormonali anche lievi.

E se fosse colpa dello stress?

Non va sottovalutato inoltre il ruolo dello stress. “Si tratta però di un fattore scatenante in chi ha già la predisposizione a soffrire di sindrome del colon irritabile, ma non ne è la causa diretta” – puntualizza il professor Vaira. – “Gli eventi stressanti, in altre parole, aggravano un disturbo già esistente, oppure lo portano alla ribalta in chi non sapeva di soffrirne, dal momento che non ha mai avuto crisi precedenti.”

Tutte queste situazioni – dalle alterazioni ormonali allo stress – creano uno squilibrio nella motilità intestinale, che è la caratteristica principale della sindrome  dell’intestino irritabile. Si scatena così un’infiammazione della mucosa intestinale e in seguito un’alterazione della flora batterica, che fanno innescare una spirale senza fine.

I sintomi?  Moltissimi. Il principale è l’alternanza di periodi di stipsi ad altri  di diarrea. Sono presenti anche i dolori addominali, che durante le  crisi di diarrea possono essere anche molto intensi. In genere inoltre  la pancia è sempre dolente, tanto che a volte anche sfiorarla diventa  una sofferenza e l’addome è sempre molto teso ed è gonfio per la presenza anche di gas addominali.

Per arrivare a capire se si soffre di sindrome del colon irritabile non esiste un esame vero e proprio. Alla base, c’è invece prima di tutto un lungo colloquio con lo specialista, perché è proprio grazie a una serie di domande che il medico iesce già a orientarsi sulla diagnosi. “La chiacchierata tra il medico e il paziente è basilare, “chiarisce il professor Vaira. “Ci sono molte malattie intestinali infatti che possono essere facilmente confuse con la sindrome del colon irritabile. Una spiegazione dei sintomi il più possibile dettagliata, invece, mette quasi sempre sulla strada giusta. In caso di dubbio, in genere, è sufficiente un’ecografia addominale che permette di valutare nel dettaglio l’apparato intestinale.”

Per aiutare ancora di più lo specialista, un comitato multinazionale di esperti ha messo a punto un test diagnostico, che si basa sulla presenza nei 12 mesi successivi, per almeno 12 settimane (non necessariamente consecutive) di dolore o fastidio addominale. È sindrome del colon irritabile se sono presenti almeno due delle seguenti caratteristiche: il dolore o fastidio regredisce con l’evacuazione.

La dieta per contrastare la sindrome del colon irritabile non è per niente punitiva. Anzi, oltre a far stare bene, aiuta a sgonfiarsi e a perdere addirittura una taglia. “È necessario però un grande sforzo da parte del paziente, perché solo con la sua collaborazione il medico può preparare uno schema alimentare “su misura”,” aggiunge il professor Vaira. “Ci sono infatti alimenti che fanno male a tutti e altri invece che vanno bene per tutti. Ma ce ne sono altri che ad alcuni danno problemi e ad altri no. Sono questi che il medico deve focalizzare.” La regola sempre valida è di segnare su un’agenda per quindici giorni tutto quello che si mangia e quando vengono le crisi. “Con il diario il medico riesce ad avere un’idea degli alimenti che scatenano le crisi, oppure che peggiorano i sintomi,” dice il professor Vaira. “Perché a volte è semplice capirlo già con il colloquio, come nel caso in cui i problemi iniziano dopo aver bevuto il latte o aver consumato alimenti che contengono il latte. Altre volte invece la strada per definire i cibi “pericolosi” è più tortuosa e il diario diventa insostituibile.”

Per dare un’idea, rappresentano una minaccia i cibi che contengono il lievito, come il pane, le brioche, le merendine e i biscotti. Vanno  evitate anche tutte quelle sostanze che hanno un’azione eccitante  sull’intestino. Vale a dire, caffè, tè, bevande a base di cola,  cioccolato. Vanno esclusi anche le carni molto grasse, i formaggi  stagionati, gli insaccati, i frutti di mare e le spezie.”  Attenzione  anche agli alimenti che possono aggravare i sintomi. I principali sono i  fagioli per quanto riguarda i legumi e i cibi che producono gas. In  particolare, è bene limitare il più possibile patate e melanzane, perché  queste verdure possono aumentare i problemi di meteorismo e, per la  stessa ragione, le castagne.

Altre verdure che possono scatenare problemi sono le cipolle, il  sedano, le carote, i cavoli e i cavoletti di Bruxelles,  gli spinaci e i  carciofi. Nell’elenco dei cibi da usare con moderazione, se non se ne  può fare a meno, oppure da escludere del tutto, ci sono anche alcune  varietà di frutta. In particolare, sono le albicocche, le banane, le  prugne, le pere e le pesche.

Al contrario di quanto pensano in molti, le fibre non irritano l’intestino, ma sono invece un toccasana per chi soffre di sindrome del colon irritabile. È necessario allora aggiungere all’alimentazione giornaliera 25 grammi di fibra, che potenziano la capacità di resistenza dell’intestino. In termini pratici, è sufficiente aggiungere alla prima colazione 50 grammi di corn flave e consumare tra pranzo e cena 3 etti di insalata come la lattuga con due cetrioli, e per quanto riguarda la frutta, due mele, o tre arance. L’altra strategia, soprattutto se tra questi alimenti ce n’è qualcuno che dà “fastidio”, oppure non piace, è la fibra di gomma di guar. Questa fibra ha un effetto positivo sull’intestino. Uno studio italiano ha dimostrato che il 90% di chi assume tutti i giorni questa sostanza, ha in tre mesi una risoluzione dei sintomi, compreso lo stato di ansia.  La fibra di polvere di guar esiste in due versioni: liquida da sorseggiare alla mattina a colazione, oppure in polvere insapore da aggiungere agli alimenti. Sono tutte e due ugualmente efficaci. “Ma attenzione a non cadere in un errore,” dice il professor Vaira. “Non deve essere la scusa per “lasciarsi andare” con l’alimentazione.”

Rappresentano un rimedio anche i probiotici, che  possono alleviare i sintomi della sindrome del colon irritabile e  favorire i giusti equilibri intestinali. Aiutano, infatti, a prevenire  gonfiori intestinali, stitichezza.  In particolare alcuni probiotici,  come il Lactobacillus casei Shirota, permettono di mantenere  bilanciata la microflora intestinale e favoriscono le funzioni di difesa  dell’intestino. Il momento migliore per assumere i probiotici è la  mattina a colazione. Non esiste inoltre il rischio di assuefazione,  tanto che si possono assumere anche per lunghi cicli di mesi senza  interruzioni.

Non esiste ancora un farmaco che curi definitivamente la sindrome del colon irritabile. Al momento quindi i principi attivi servono solamente a risolvere i sintomi quando si presentano. Anche se si tratta di medicinali soprattutto in fascia C e che quindi si possono acquistare senza ricetta medica, è sempre opportuno sentire il parere del proprio medico, dal momento che se vengono usati “malamente” possono causare effetti collaterali. Per esempio, la Loperamide, un principio attivo utilizzato per spegnere un attacco di diarrea, se preso per più di tre, quattro giorni di seguito può provocare l’effetto contrario, cioè un’improvvisa e grave forma di stipsi.

Per risolvere il dolore addominale i più indicati sono i farmaci anticolinergici.  Hanno un’azione antispastica: in pratica, rilassano la muscolatura  dell’intestino che in chi ha un attacco di colite è contratta. Se ne può  assumere una capsula due volte al giorno, per due, tre giorni. Non di  più, altrimenti il corpo si abitua. I principi attivi più adatti sono  trimebutina maleato e mebeverina cloridrato.

Nel caso di una crisi  di diarrea il farmaco più adatto è a base di loperamide cloridrato. E’  una sostanza molto potente, che permette di risolvere il disturbo  nell’arco di poche ore. Causa però secchezza in bocca e sonnolenza: è  necessario quindi bere molto e non eseguire attività che potrebbero  diventare pericolose in  caso di un attacco di sonno. Inoltre questi farmaci potenziano l’azione  di altri principi attivi come gli antistaminici e gli antidepressivi  tricicli: è un aspetto da tenere presente se si stanno seguendo cure per  altri problemi di salute, che comprendono questi principi attivi.

Quando invece si manifesta un attacco di stipsi, la soluzione è un prodotto osmotico. Ce ne sono di vari tipi: lassativi  salini come solfato di magnesio, fosfato e solfato  di sodio, e  zuccherini come mannite, sorbitolo, lattulosio. La loro azione è  semplice. Attirano acqua nell’intestino e la bloccano in modo da rendere  le feci più morbide. Devono essere considerati però un rimedio “di  pronto intervento” e non la regola, perché possono causare crampi e  gonfiori addominali e meteorismo.

Infine, nel caso di meteorismo il principio attivo più adatto è il Simeticone, perché fa “esplodere” le  bolle di gas presenti nella pancia trasformandole in gas libero,  facilmente eliminabile. La compressa va presa subito dopo il pasto. –  conclude il professor Vaira.

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