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Dominique Lapierre: India mon amour

Dopo un lungo viaggio sulle orme di Gandhi, l’autore de La città della gioia non ha più abbandonato “il Paese dalle cento vite che muore ogni giorno”. Lo abbiamo incontrato a Milano, dove ha presentato l’ultimo libro India mon amour

Dominique Lapierre

Sempre uguale Dominique Lapierre, questo passionario della letteratura che non dimentica mai la pietà. Come se la luce di quell’India che gli ha acceso il cuore impedisse ai suoi 80 anni di rubargli la felicità di fare di ogni libro un tesoro per i poveri. Dapprima valoroso reporter di Paris Match, Dominique decide negli anni Settanta di dedicare un lungo viaggio all’India sulle orme di Gandhi, «quell’ometto seminudo che ha messo in ginocchio l’invincibile Inghilterra». È un viaggio che dura tutta la vita. Sulla terra indiana Lapierre scriverà molti libri: il più famoso, La città della gioia, ha seminato 9 milioni di copie, poi sono venuti Mille soli e Mezzanotte e cinque a Bhopal. «Ma non mi bastava» mi dice facendo volteggiare la sua famosa paglietta bianca. «L’India non smetterà di ammaliarmi e di costringermi a parlare di lei». Forse per questo oggi lo scrittore ci regala ancora India mon amour (Il Saggiatore), un libro che raccoglie i ricordi e i segreti di questo Paese «che avendo cento vite non finirei di raccontare». «Ma lo sa che sto per compiere 80 anni?» mi dice vanitoso sfiorando lo sguardo della moglie Dominique, sposata trent’anni fa, complice di viaggi e d’amore. Così quest’incontro con Lapierre diventa l’occasione per volare sulla sua esistenza e per capire meglio la nostra.

Dominique Lapierre e il suo nuovo libro, India mon amour

Il frutto di India mon amour andrà tutto ai poveri indiani?
«Sì, mai come oggi chiediamo aiuto. Un terribile ciclone ha travolto i villaggi e le scuole che avevamo costruito sul delta del Gange. Così abbiamo messo in acqua quattro barche-ospedali che portano medicine e cibo ai derelitti. Non basta. La crisi ha dimezzato le donazioni. Siamo disorientati, ma non ci fermeremo. Tempo fa ero a mangiare un po’ triste dal mio vecchio amico Givenchy. “Aspetta un attimo” mi dice. Va e torna fiero, tenendo fra le mani una nuvola di stoffa nera come una reliquia. “È il cappotto di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, portalo da Christie’s”. Quell’asta ha raccolto 1 milione di dollari. Non è sufficiente. L’India muore ogni giorno. Lei non sa quanto male fa spiegare a un bambino che la sua scuola non può più insegnargli nulla perché dovrà chiudere».

Gandhi e il viceré inglese Lord Mountbatten

Ma il guerriero Lapierre ce la farà. Si dice che la sua forza ricordi quella di quell’ometto nudo…
«Non la lascio finire! Il paragone con Gandhi non si può azzardare. Io l’India l’ho attraversata la prima volta con una vecchia Rolls-Royce Silver Cloud, le folle si aprivano davanti a me come il mar Rosso davanti a Mosè. La gente era sbigottita, incantata: seminavo incidenti e scontri! Gandhi, invece, ha consumato migliaia di chilometri a piedi. Quando, stremato, doveva salire sul treno, lo pretendeva sempre di terza classe. Pieno di poveri e di malati. Tanto che lo Stato, per proteggerlo, era obbligato a travestire da derelitti e da lebbrosi decine di ispettori di sicurezza».

 

Lei è uno dei rarissimi stranieri che hanno potuto incontrare Sonia Gandhi.
«Donna incantevole. Il suo desiderio di essere profondamente indiana fa sì che pare abitata da uno spirito hindi. Parla, si muove, guarda, accarezza i suoi sari come una donna di quella terra. Quando hanno ucciso il marito sua madre le ha detto: “Scappa e torna a casa”. Lei si è sdegnata: “ Come osi? Io sono una Gandhi: è l’India la mia casa!”».

Dominique Lapierre e Madre Teresa di Calcutta

Si dice che Madre Teresa di Calcutta fosse dura, quasi cattiva. È vero?
«Tutti i santi sono terribili alla fine. Lei non concedeva debolezze agli altri, ma soprattutto a se stessa. Quando l’ho incontrata la prima volta, imboccava un bambino moribondo che era già un’ombra. “Nutrilo, amalo e non osare staccarti da lui” mi ha intimato brandendo il cucchiaio come un kalashnikov. Ho ubbidito. Non mi sono mosso per un giorno e una notte. Dopo le ho detto timidamente che avevo raccolto fondi. Mi ha guardato con un sorriso indimenticabile: “Allora ti accompagno da James Stevens”. James era un raffinatissimo venditore di cravatte. Poi ha visto il dolore di Calcutta e i suoi 100 mila lebbrosi. Non è più ripartito. Ha raccolto i figli di quei poveri. Ma era pieno di debiti e rischiava di chiudere il suo ospedale. L’ho rassicurato e, tornato a Parigi, ho scritto un articolo sulla sua storia. Tre giorni dopo arriva il portiere livido. C’erano tre tonnellate di posta per me. E tutte contenevano un assegno per James. “Ho smesso di fumare. Ecco i soldi che avrei speso in sigarette” mi ha scritto perfino un fumatore. Se prendi a testimone l’amore si può cambiare un pezzo di mondo».

Lapierre in India con un piccolo poliomielitico

Ha detto che il nostro Paese ha un posto nel suo cuore. Che cosa pensa dell’Italia così travolta?
«Che si ritroverà. L’Europa intera è ammalata di gossip erotico. Guardi la Francia o la Spagna. È più importante indagare sulla biancheria intima della moglie del principe Filippo che sulla crisi economica. Voi, in particolare, avete un peccato capitale: mettere in vetrina solo disgrazie e miserie politiche. L’Italia trabocca di persone meravigliose che inondano con la generosità le strade del mondo. Raccontate di loro invece che perdervi sulle signorine da passeggio».

Lapierre con la moglie tra i bimbi indiani

E Israele, l’Egitto, la Tunisia, l’Albania troveranno pace?
«Ricordo con emozione immensa quando Sadat è sceso dall’aereo e Golda Meir lo ha accolto stringendolo forte. Poi lui è stato assassinato da un fondamentalista. Quando Dio entra nella politica di una terra, la pace scompare. Come in questi Stati».

 

Il giornalista Ryszard Kapuscinski sosteneva che la scrittura non verrà mai uccisa da Internet.Cosa ne pensa?
«Internet è un killer sofisticato di intensità e fantasie. Ma i grandi libri e i giornali sono immortali».

Una scuola creata da Dominique Lapierre in India

Ha paura di morire?
«No. Ho così tanto pensato alla morte che, quando arriverà, l’avrò vinta. Voglio riposare accanto a mia moglie. Una piccola lapide. Il giorno della nascita e quello della morte e accanto solo una scritta: Dominique Lapierre, cittadino onorario di Calcutta».

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