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Questa crisi è tutta un romanzo

Un genio della fisica prestato all’economia, un software sofisticato e pericoloso. L’ultimo thriller di Robert Harris è ambientato fra le zone d’ombra del mondo della finanza internazionale. E ci mette in guardia sui pericoli della Rete globale

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"L'indice della paura" di Robert Harris

“Panico in Borsa”. “Lo spread vola oltre i 500”. “A Wall Street la maglia nera dei mercati”. Li conosciamo e li leggiamo ogni giorno, sono i titoli dei giornali sulla crisi economica globale degli ultimi mesi. Ma potrebbero descrivere benissimo anche il clima che si respira in un libro appassionante: L’indice della paura (Mondadori) di Robert Harris, l’ultima bella prova del 54enne autore inglese che ha firmato capolavori come Il ghostwriter e Fatherland. La storia ha il ritmo di un giallo e la profondità di un romanzo: il protagonista, Alex Hoffman, è un genio della fisica prestato al mondo dell’alta finanza, che sogna di inventare una macchina di intelligenza artificiale in grado di prevedere e dominare la paura sui listini. Il risultato? Si troverà a dover combattere contro la sua stessa “creatura”: un potente algoritmo matematico che, pur di far soldi comprando e vendendo titoli a velocità supersonica, scardina tutte le regole del gioco. Con effetti devastanti.

Robert Harris

Quando si dice che la realtà supera la fantasia, Mr. Harris, spesso si esagera. Ma lei ha addirittura anticipato i fatti.
«Il mio romanzo è nato dalla crisi. Ho iniziato a pensarlo nel 2008, dopo il crollo di Lehman Brothers (banca di affari di New York, ndr). È stato lì che ho detto: eureka, questa è un’idea!».

Il libro è ambientato a Ginevra in un hedge fund, una società d’investimenti. A chi ha rubato i segreti e le parole dell’alta finanza?
«Tutto frutto di sei mesi di studio e ricerche sul campo. Ora ne so un po’ di più di “short” e “put out-of-the-money”».

Eh?
(Ride) «Sorry, non volevo spaventare le lettrici. Le tranquillizzi:  per apprezzare la trama non serve una laurea in Economia. Basta capirci  di matrimoni».

Dice?
«Certo, perché è anche una storia d’amore tra Alex e la moglie  Gabrielle. Ma soprattutto perché il tema centrale è il matrimonio tra  il mondo dei computer e quello della finanza».

Occupy Wall Street

Un matrimonio d’interesse?
«Temo proprio di sì. Ho l’impressione che nei mercati oggi sia tutto instabile, volatile e veloce. Troppo».

Questo le fa paura?
«Mi spaventa l’idea di un  global network che governa il destino di  ciascuno di noi. E non le  nascondo che ho costantemente la sensazione di  essere spiato e  sorvegliato. Siamo accerchiati dalle videocamere nei  negozi e in  metropolitana, intercettati sul telefonino o nel conto  corrente».

Nel libro le sorti del mondo  dipendono dal Vixal 4, un  algoritmo che impara pregi e difetti degli  umani. Un supercomputer ci  sostituirà?
«Nella fiction ci si può permettere di  esagerare. Ma io qui calco la  mano perché un dubbio ce l’ho: non è  che stiamo dando troppa  importanza alle agenzie di rating e ci fidiamo  solo di previsioni basate  sulle simulazioni dei calcolatori?  Intendiamoci, però, non credo che  le macchine potranno mai prendere il  nostro posto».

David Cameron ha detto no al patto salva-euro

A proposito di agenzie di rating, l’Italia è nella lista dei bocciati.
«Anche qui da noi a Londra tira una brutta aria».

Si riferisce alla decisione del vostro premier David Cameron di non firmare il patto per salvare l’euro?
«Il fatto è che in Europa siamo legati gli uni agli altri. E non solo:    la stessa situazione si avverte a New York e a Pechino. Speriamo che   non  ci sia un effetto domino».

Se la sentirebbe di tirar fuori una ricetta anti-crisi dal suo cappello a cilindro di scrittore?
«Ci    vorrebbe un mago. O un politico. È molto complicato e non sono un    tecnico. Ma una cosa, da cittadino, la vorrei: il ritorno a un’economia    reale, concreta, basata sul lavoro, sulla produzione, sui commerci. E    che non rimanga una questione di cifre astratte e percentuali. Dio ci    scampi dallo strapotere delle banche. Altrimenti, detto fra noi, si    salvi chi può».

Lehman Brothers: con il suo fallimento nel 2008 ha dato il via alla crisi globale

Scusi la domanda indiscreta, ma lei i suoi risparmi dove li tiene?
«Guardi, io non so giocare in Borsa, sto alla larga dai casinò,    detesto  il mondo delle scommesse. I soldi li tengo a casa, sotto il    materasso.  Investo ciò che guadagno in mobili, beni che posso vedere e    toccare. E  mi metto al riparo dal rischio catastrofi coltivando l’or    to e allevando  polli. Almeno, così, avrò di che mangiare con mia    moglie e i miei  figli».

Ci parli di loro.
«Le bocche da sfamare sono    cinque: Holly, 21 anni, Charlie, 19, Matilda,  14 e Sam, 10. Poi c’è    Gill, la donna con cui divido tutto. Passione  per la scrittura    compresa: ci siamo conosciuti quando eravamo colleghi,  giornalisti alla    Bbc. La sua energia mi ha conquistato.  Professionalmente da allora  è   cresciuta tantissimo e adesso lavora più  di me. Tanto che è alle    prese con il suo nuovo libro».

Le fa concorrenza sleale nel mercato editoriale?
«Oh     my God, no, non mi sento minacciato. Gill sta scrivendo un romanzo,    una  commedia sociale che parla di relazioni e rivalità tra donne».

Se dovesse vendere più copie di lei?
«Le chiederei la rivincita».

Ha già pronto un piano B?
«Sto lavorando al terzo volume della trilogia Dictator, mentre ho tra le mani la sceneggiatura de L’indice della paura per     il film che produrrà la 20th Century Fox, con la regia del mio  amico    Paul Greengrass. Si comincia a girare l’anno prossimo. E non  vedo  l’ora   di assistere al primo ciak».

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