Il gap year non è una chimera

Si scrive gap year ma si legge anno sabbatico. Un break professionale che in Italia è sempre stato penalizzante. Ora però, complice la crisi, è diventato un modo per arricchire il curriculum ma soprattutto per ricaricare le batterie. Sì, perché in fondo, le donne non sognano più il principe azzurro, un diamante all’anulare o una casa al mare: quello che vogliono è uno stacco netto dalla quotidianità, un momento (fatto però di 365 giorni) da dedicare a se stesse, alla cura del corpo e dell’anima, ai propri interessi, hobby o al lavoro che non si ha mai avuto il coraggio di fare. Un desiderio realizzabile, non una chimera, perché legalmente supportato dalla legge 53/2000. Certo, occorre fare i conti con il fattore economico (che non è poco) ma soprattutto con la mancanza di coraggio. Che il più delle volte è ciò che frena noi donne.

Leggete di seguito come fare e gli “ostacoli” da superare.

Perché prendersi un anno sabbatico

  • 10 12 2013

Il break professionale in Italia è sempre stato penalizzante. Ora però, complice la crisi, è diventato un modo per arricchire il curriculum e per ricaricare le batterie

Dalla scrivania al mondo

Intanto cerchiamo di capire legalmente come comportarci. Perché, passi la paura di abbandonare la scrivania, passi anche il timore di lasciare per un lungo periodo la famiglia e la scarsa fiducia nelle proprie risorse. Ma almeno dobbiamo stare psicologicamente tranquille sul fatto che il contratto di lavoro lo consente a “tutti i dipendenti pubblici e privati con almeno cinque anni di anzianità nella stessa azienda”. A dire il vero permette congedi per la formazione fino a 11 mesi. Purtroppo però senza stipendio e senza il computo dell’anzianità. Ma la penuria di fondi si può aggirare, perché la Legge Turco prevede anche di poter avere un anticipo sul trattamento di fine rapporto per sostenere le spese durante il periodi di stop.

Comunque vada, sarà un successo

Da qualsiasi punto di vista lo si guardi, il tanto agognato gap year è sempre un successo: per chi lo ha provato è una vera e propria avventura con se stesse e con il mondo; per gli psicologi un autentico vaccino contro l’idealizzazione del posto fisso; e per i responsabili delle risorse umane delle più note aziende internazionali un’opportunità per crescere professionalmente. Insomma, messo in questi termini, non ci si può non concedere l’anno sabbatico.
Ma cosa farne di tutto il tempo a disposizione?

Abbracciare molte realtà

Oggi, immerse nel caos cittadino, nel tran tran lavorativo e nella quotidianità famigliare, potrebbe sembrarci davvero difficile riuscire a staccare la spina. E farlo per così tanto tempo. In realtà sono davvero molte le realtà che si possono abbracciare. Si può decidere di dedicare il proprio tempo alla ristrutturazione della casa: progetto abbandonato più volte a causa degli elevati costi della manodopera. Con un po’ di impegno e buona volontà (e un minimo di manualità) si possono ridipingere pareti, aggiustare vecchi mobili, decorare armadi e scaffali, verniciare a nuovo tavoli e sedie e trasformare così il proprio nido in ciò che abbiamo sempre sognato. Avreste sempre voluto fare ordine nei vostri armadi e liberarvi di vecchi “stracci” e dei giochi che i vostri figli non utilizzano più da anni?
È arrivato il momento di farlo. E magari rivendendo quei vecchi pezzi ci potete pure guadagnare i soldi di una bella cena.

Buttarsi in cause umanitarie

Se invece il vostro desiderio recondito è da sempre quello di andare a dare una mano concreta alle popolazioni che vivono in Paesi del Terzo mondo e in luoghi disagiati, l’anno sabbatico è il momento ideale per poter dedicare se stessi a una causa umanitaria. Sono davvero moltissime le associazioni che organizzano permanenze che vanno dai tre mesi all’anno e che sviluppano progetti di ogni genere così che si possa facilmente trovare una propria collocazione: ci si può occupare dell’insegnamento, oppure della nursery dei più piccoli o ancora delle mense, delle vaccinazioni, della coltivazione dei campi e della realizzazione di scuole, ospedali e pozzi.

Speriamo non ci siano più dubbi su come trascorrere il vostro gap year.

E speriamo vogliate raccontarci la vostra esperienza (per chi l’ha provata) o i vostri sogni (per tutte coloro che sperano un giorno di trovare la forza di “mollare” tutto e partire).

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