Cosa detesta nei meccanismi del Festival?
«Che molti artisti nati con Sanremo, da Vasco Rossi a Zucchero, alla Pausini, approfittino di questa ribalta per diventare famosi in Italia e nel mondo. Poi, quando viene l’ora di rendere qualcosa, si tirano indietro. Bisognerebbe far firmare a ogni giovane che debutta sul palco dell’Ariston un contratto che lo obbliga a tornare, qualora si affermi».
Ha sempre l’ansia dell’audience o stavolta la prende con filosofia?
«Quella c’è per forza. Puoi fare lo spettacolo per te più bello del mondo e il giorno dopo avere qualche punto in meno d’ascolto, e questo incide sul giudizio generale».
Come si prepara mentalmente e fisicamente?
«A Sanremo mi scarico correndo ogni tanto per sei-sette chilometri lungo la meravigliosa pista ciclabile. Dal punto di vista psicologico mi ripeto: “La scorsa edizione è andata liscia, ora sei più esperto e sarai più sereno”. Ma la tensione alla fine rimane la stessa».