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Maternity Blues, quando una madre uccide

Arriva al cinema il film sulla depressione post partum che induce all'infanticidio. Parallelamente, dal nord al sud, una serie di incontri per spezzare la gabbia di solitudine delle donne

Maternity Blues, il film sulla depressione post partum

Dal 27 aprile arriva al cinema un film che non può non interessare e far riflettere noi donne: Maternity Blues.
Sotto a questo titolo dal nome dolce di una musica lontana si nasconde una sindrome assassina, una depressione post partum che porta una madre a uccidere il proprio figlio.
Il regista Fabrizio Cattani fotografa senza giudizio la vita di quattro donne diverse tra loro, ma legate da una colpa comune: l’infanticidio.
In occasione del lancio della pellicola, presentata al Festival di Venezia e in anteprima lo scorso novembre durante la rassegna cinematografica di Intervita Onlus “Siamo Pari. La Parola alle Donne”, è stata organizzata una serie di incontri itineranti dal titolo “Quando una madre uccide”. Che vi presentiamo in questa gallery.

"Quando una madre uccide", contro la solitudine delle donne

Parallelamente all’uscita del film Maternity Blues si svolge il ciclo di incontri dal titolo “Quando una madre uccide” che da nord a sud punteranno i riflettori su un tema scomodo e troppo spesso taciuto: la depressione post partum.

Obiettivo del progetto è spezzare la gabbia di solitudine che intrappola tante, troppe, neo-mamme dopo il parto. Il progetto “Quando una madre uccide” ideato dal cineasta Fabrizio Cattani con l’appoggio di Intervita Onlus, è partito sabato 21 aprile da Genova e si concluderà il 7 maggio a Palermo.

Relatori prestigiosi si passeranno simbolicamente il microfono in questo viaggio da nord a sud, tra di loro sarà presente, anche il Dott. Antonino Calogero, direttore dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Castiglione delle Stiviere, che segue diversi casi di madri che hanno commesso infanticidio e che ha dato la propria consulenza per la realizzazione del film. Insieme a lui Fabrizio Cattani, regista di Maternity Blues e ideatore del progetto, Grazia Verasani, autrice del libro From Medea da cui è tratto il film e Daniela Bernacchi, direttore generale di Intervita Onlus, associazione che opera nel Sud del Mondo e da anni è al fianco delle donne e dei loro diritti anche grazie alla campagna di sensibilizzazione “Siamo Pari!”.

(Immagine del film Maternity Blues)

Quando una madre uccide, il calendario

Ecco il calendario degli incontri “Quando una madre uccide” ancora in programma:

Lunedì 23 aprile: Roma, Palazzo della Provincia di Roma (via IV Novembre 119), ore 17.

Martedì 24 aprile: Milano, Mediateca Santa Teresa (Via della Moscova 28), ore 16.30.

Giovedì 26 aprile: Firenze, Cinema Odeon (Piazza Strozzi), ore 16.

Sabato 28 aprile: Bologna, Teatro del Navile (Via Marescalchi 2/b), ore 16.

Lunedì 30 aprile: Napoli, Università degli Studi di Napoli Federico II – Aula 6 Scienze biotecnologiche, ore 17.

Giovedì 3 maggio: Catania, King Cinema (Via A. De Curtis 14), ore 20.

Lunedì 7 maggio: Palermo, Sala Magna di Palazzo Steri (Piazza Marina 61), ore 15.30.

Una selezione degli scatti della mostra fotografica Baby Blues di Guia Besana accompagnerà il viaggio alla ricerca della comprensione attraverso le città italiane. Qui il programma completo (in pdf)

(Immagine del film Maternity Blues)

Maternity Blues, madri nella gabbia della solitudine

Il 70% delle donne, nei giorni immediatamente successivi al parto, manifesta sintomi leggeri di depressione, un mix di malinconia e ansia definiti in inglese Blues Sindrome (anche conosciuta come Maternity Blues).

Alcune ricerche imputano l’apparizione della “depressione post-partum” a cambiamenti ormonali nella donna, in particolare alla riduzione del livello degli estrogeni e del progesterone. In realtà ci sono molti altri fattori che concorrono alla comparsa di questo disturbo: si tratta di aspetti psicologici, come il cambiamento di ruolo della donna in ambito sociale, il timore per le sue imminenti responsabilità e per il proprio aspetto fisico.

La sintomatologia della depressione post- partum si può manifestare in forma lieve e scomparire nel giro di pochi giorni, ma il disturbo può diventare progressivamente più grave fino alla psicosi puerperale con sintomi anche duraturi e conseguenze, nei casi più gravi, davvero drammatiche: l’infanticidio. Ciò che sembra accomunare le donne che uccidono i propri figli è il contesto di solitudine in cui vivono, che può derivare dal degrado sociale, da violenze subite durante l’infanzia, dal fatto che il loro malessere psichico non venga adeguatamente accolto o dall’affrontare una gravidanza in totale solitudine.

(Immagine del film Maternity Blues)

Maternity Blues, donne colpevoli innocenti

Il film Maternity Blues tratta con delicatezza e senza morbosità il tema della depressione post partum, raccontando le vicende di quattro donne diverse tra loro (interpretate da Andrea Osvart, Monica Birladeanu, Chiara Martegiani, Marina Pennafina), legate dalla colpa di aver ucciso i loro figli.

All’interno di un ospedale psichiatrico giudiziario, trascorrono il loro tempo espiando una condanna che è soprattutto interiore: il senso di colpa per un gesto che ha vanificato le loro esistenze. Dalla convivenza forzata, che a sua volta genera la sofferenza di leggere la propria colpa in quella dell’altra, germogliano amicizie, spezzate confessioni, un conforto mai pienamente consolatorio ma che fa apparire queste donne come colpevoli innocenti.

Maternity Blues, in Italia un infanticidio ogni 20 giorni

Secondo il Rapporto Eurispes Italia 2011, nel 2010 è stato compiuto un infanticidio ogni 20 giorni. Un anno prima la cadenza era di uno ogni 33 giorni e, nel 2008, di uno ogni 91. In numeri assoluti, i casi sono stati 4 nel 2008, 11 nel 2009 e 20 nel 2010.

Nelle note del film Maternity Blues gli autori della sceneggiatura Fabrizio Cattani e Grazia Verasani scrivono: “La nostra società si ritrova incapace di accettare una verità che la psicologia e l’antropologia moderna hanno da tempo verificato: il cosiddetto istinto materno non esiste. L’idea per la quale esista una sorta di vincolo naturale fra madre e figli che trae origine dal parto, vincolo che alcuni finiscono per estendere a tutte le donne e a tutti i bambini indipendentemente dal legame di sangue, vincolo che al contrario molti negano sussista anche nel genere maschile persino tra padri e figli, è a tutti gli effetti un mito”.

“Spesso conoscere la storia pregressa delle infanticide, aiuta a capire come l’istinto materno non sia affatto un istinto innato, come la maternità sia qualcosa di estremamente complesso e come la depressione maggiore o post partum, se non compresa, possa sfociare anche nell’assassinio del proprio figlio, che, poi, altro non è che un suicidio“.

“I sintomi della depressione post‐partum sono spesso tenuti nascosti sia dalla stessa madre, per motivi di disistima, ma anche dai famigliari che la circondano, per motivi di imbarazzante vergogna. La solitudine è la prima barriera che una madre dovrebbe infrangere”.

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