Camilla e la moto, una storia d’amore

24 Ottobre 2018
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Le bambine di oggi sono incoraggiate a essere ribelli ma per Camilla Ferzacca, 21 anni, aquilana, il diritto di imbrattarsi di fango su uno sterrato con una moto da enduro è ancora una battaglia da combattere colpo su colpo.

Testo di Marina D’Incerti
Foto di Ignacio Maria Coccia
Video di Giacomo Traldi

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Sentirsi ripetere da una parte: “Sei femmina, ma dove vuoi andare” e continuare ad affermare dall’altra: “I mondiali me li sogno di notte. Io sono Camilla, la ragazza della moto” costa pianti, cadute, botte sulle nocche delle mani, litri di integratori e tante prove nei circuiti nei boschi abruzzesi perché l’enduro “non lo impari guardando i video di YouTube”.

Per chi non se ne intende, la gara di enduro consiste in un percorso su strada in cui non vince chi va più forte ma chi rispetta il codice e le medie velocistiche imposte dal regolamento. In più, ci sono le prove speciali su sterrato, dove bisogna compiere un numero prefissato di giri entro un certo limite di tempo. Contano la forza fisica, la tecnica di guida, l’agilità ma anche la capacità di cavarsela in caso di cadute e guasti meccanici.

Se domandi a questa ragazza – parlantina sciolta e lunga treccia bionda che spunta dal casco – come è entrata nel mondo dei motori, ti dice ridendo che da piccola uno zio le chiese: ”Come fa il gatto?”. Lei rispose: ”Miao”. E lui: “No, brum brum”. Rivelazione. «C’è una foto di me a 1 anno e mezzo sulla moto del nonno, un Falcone Guzzi 250. Seduta come una regina senza ombra di paura, giro l’acceleratore al contrario perché ho la mano troppo piccola» racconta.

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«C’è una foto di me a 1 anno e mezzo sulla moto del nonno, un Falcone Guzzi 250. Seduta come una regina senza ombra di paura, giro l’acceleratore al contrario perché ho la mano troppo piccola»
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Il fascino per le moto dei grandi di famiglia si sposa con l’indole scatenata. A 6 anni mette le bambole sulle macchinine. E comincia a fare domande moleste sul perché gira la catena. Costruisce le rampe per saltare con la bici e a 14 anni spasima per una moto tutta sua. «Quando l’ho incontrata per la prima volta, la mia 50, ho pianto. Piangevo e la accarezzavo. Mio padre mi guardava imbarazzato. Poi l’ho mostrata a mia madre. Ed è stata lei a tornare in concessionario a comprarmela perché ha capito che non era un capriccio. Però me la sono sudata. La condizione per averla era la promozione a scuola. Andavo alle interrogazioni con la foto della moto in tasca».

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«Quando l’ho incontrata per la prima volta, la mia 50, ho pianto. Piangevo e la accarezzavo. Mio padre mi guardava imbarazzato. Poi l’ho mostrata a mia madre. Ed è stata lei a tornare in concessionario a comprarmela perché ha capito che non era un capriccio»

Comincia così la carriera di Camilla la testarda, l’impulsiva, la generosa, una a cui piace vivere con il sorriso in faccia e la mano sull’acceleratore. La sua presenza nel mondo dell’enduro è davvero una rarità. Alla prima gara nazionale che disputa, le donne sono in otto. Quella frase “Sei femmina, che ci stai a fare” diventa un tormentone a cui fare il callo perché qualcuno che giudica c’è sempre.

La gara è uguale per maschi e femmine ma alle ragazze e ai giovanissimi vengono risparmiati i tratti più impegnativi dal punto di vista fisico. Per questo, soprattutto quando è l’unica donna in gara, la battuta sui favoritismi, sul mezzo punto levato, sulla gara che non è alla pari con gli uomini, non manca mai. E tocca mandare giù la delusione, la sensazione di essere sottovalutata, anche quando il Coni ti premia e i giornali parlano di te. «Nonostante tutto ci soffro» confessa Camilla. «Perché non capiscono che la gara è con me stessa e io mi sfido sempre. Comunque sia chiaro: io parto insieme ai maschi e gli tengo dietro».

È inutile negare che l’enduro oggi sia uno sport maschile, Camilla ne è consapevole e non ci tiene a farsi portabandiera di un cambiamento di regole che faccia spazio alle donne. Niente quote rosa, spiega, perché la motivazione delle ragazze in gara è identica e la voglia di sfida anche maggiore. Coltiva piuttosto una speranza: «Vorrei che la “contaminazione” facesse crescere questo sport e di conseguenza la partecipazione femminile. Per innescare una spirale positiva basterebbe dare spazio a prove che mettessero in risalto l’agilità piuttosto che la forza fisica”. Un esempio pratico? Camilla essendo leggera, è un asso sul fango. In condizioni di terreno scivoloso se la gioca alla pari con gli uomini, anzi, è in grado di batterli.

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Un terreno scivoloso su cui invece si muove con qualche difficoltà è l’aspetto economico. Problema comune a tutti gli sport in cui il professionismo è una faticosa conquista che va oltre il talento atletico. «Le moto sono mie. Il gommista che ti dà un treno gratis è oro che cola. Per adesso, i miei soldi o li metto negli aperitivi o nella benzina. E io scelgo la benzina» spiega. Il motoclub Lo Sherpa di Bussi sul Tirino (Pescara), la sua seconda famiglia da due anni, paga le gare. Basta? Non basta mai. Poi bisogna trovare sponsor e sovvenzioni.

Fare della moto un lavoro è un sogno concreto ma pieno di buche, salite e discese (di cui, per inciso, lei ha una certa fifa). Per questo Camilla guarda anche più in là. Consapevole di poter spingere al massimo fino ai 30 anni, ora, che ne ha appena 21, oltre a correre in moto presta tirocinio in ospedale per la laurea in infermieristica. Un piano B che non è affatto un ripiego: «I pazienti mi dicono che sono delicatissima. E che non hanno mai visto un’infermiera che a inizio turno al mattino si presenta con un sorriso così» dice soddisfatta.

«Le moto sono mie. Il gommista che ti dà un treno gratis è oro che cola. Per adesso, i miei soldi o li metto negli aperitivi o nella benzina. E io scelgo la benzina»
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In futuro le piacerebbe anche lavorare con la protezione civile, il soccorso alpino. Racconta con orgoglio il contributo dato dai motoclub della sua regione durante l’emergenza terremoto. Adesso però comincia la stagione dell’allenamento duro. Bisogna centrare l’obiettivo a breve concordato con la famiglia, i preparatori e concentrarsi sul campionato italiano (a quel punto, si spera, la Federazione darà una mano). Prima di salire sulla moto si intreccia i lunghi capelli per proteggerli dai rovi e dal fango, un po’ fatina e un po’ cinghiale, come lei stessa si vede, e dice: «Spero di ripagare con una coppa chi mi sta aiutando». Camilla la testarda, la generosa.

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